Buona sera e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu Veni Si Cunta“, in questa puntata mi occuperò di Reddito di cittadinanza, un provvedimento che da qualche giorno campeggia sulle pagine dei giornali e vede schierati su fronti contrapposti sia la politica sia le forze sociali.
5/ Stelle, PD, articolo 1 sono per non abrogarlo e per tenerlo in vita, ma riveduto e corretto; sulla stessa scia, pur tra qualche distinguo si muovono i sindacati. Perché sostengono che questa misura ha tenuto a galla migliaia di famiglie che dopo l’inizio della pandemia sono state travolte dalla crisi economica e che senza questo salvagente sarebbero annegate nella povertà più assoluta.
Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Italia Viva (il partitino di Renzi), Confindustria con il suo leader Bonomi e qualche altra associazione imprenditoriale sono, invece, per cancellarlo e dirottare i soldi che attualmente sono destinati al reddito di cittadinanza alle imprese. Perché – sostengono costoro – “non si può sostenere chi vuole consumare senza lavorare, senza produrre”.
Nello specifico i detrattori di questa misura vorrebbero abolirla perché dicono:
● ci sono troppe truffe (che ci siano state delle truffe è vero tant’è che nel 2020 6 mila persone hanno percepito il reddito senza averne diritto, per un importo pari a 50 milioni di euro e ad incassarlo qualche volta sono stati anche intestatari di ville e auto di lusso e mafiosi con condanne definitive ;
● dicono anche che occorre cancellare il reddito di cittadinanza perché i PUC (i progetti utili per la collettività) finalizzati a utilizzare i percettori del reddito per sistemare il verde urbano e per sorvegliare i luoghi di interesse culturale non hanno funzionato. Cosa questa vera solo in parte visto che comuni come Milano, Reggio Emilia, Roma, ecc… li hanno attivati;
● aggiungono ancora i sostenitori dell’abolizione di questa misura che i 3 mila navigator che avrebbero dovuto favorire l’inserimento lavorativo dei beneficiari del reddito si sono rivelati un fallimento (un’affermazione, occorre ammettere per onestà intellettuale che non è campata in aria). Al riguardo non si dice, però, che per potere favorire l’inserimento nel mercato del lavoro di 1 milione di persone – perché di questo si tratta – occorrerebbero almeno altri 10 mila esperti navigator);
● ultimo argomento a sostegno della proposta di abolizione è il ritiro dal mercato del lavoro dei percettori dell’assegno.
Quest’ultimo motivo è la critica più frequente che si sente fare dagli imprenditori che da tempo denunciano la difficoltà a trovare personale: camerieri, bagnini, cuochi, commessi, operai, informatici, autisti, meccanici, a causa – appunto – del reddito di cittadinanza.
Rispetto al problema della mancanza di mano d’opera ritengo sia vero che una qualche responsabilità sia riconducibile al modo come è congegnato il reddito di cittadinanza, ma dare tutta la colpa a questa misura mi sembra un modo come “ammucciare u suli cco crivu”.
Dico questo perché se riflettiamo su com’era l’Italia prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza e subito prima del Covid scopriamo due cose: la prima, l’Italia insieme alla Grecia deteneva il record per numero di addetti inoccupati e per numero di NET (vale a dire di giovani che non lavorano, non studiano e non stanno seguendo un training, un corso di formazione). Già in quel periodo si leggeva sui giornali di imprenditori che denunciavano carenza di mano d’opera specializzata e di tecnici; la seconda che anche allora c’erano un numero notevole di giovani e meno giovani che si potevano permettere il lusso di consumare senza lavorare.
Dunque il problema c’è, ma occorre dire: il fatto che non si trova personale non riguarda solo l’Italia, basti pensare che le ferrovie tedesche, gli alberghi, i ristoranti, i cantieri edili sono a corto di personale e che a giugno di quest’anno in Germania erano segnalati 693 mila posti vacanti e negli Stati Uniti nello stesso periodo si sono registrati 9,3 milioni di posti di lavoro non coperti.
Posti che in Italia non si riescono a coprire, sicuramente per come è congegnato ancora oggi il reddito di cittadinanza, ma soprattutto perché oggi i salari sono bassi, la qualità del lavoro e la sicurezza sono scadenti e perché si fa troppo poco per motivare e fidelizzare i dipendenti, e perchè i dipendenti vorrebbero più tempo libero.
Sulla proposta di dirottare i soldi del reddito di cittadinanza alle imprese voglio ricordare che in due anni i governi Conte bis e Draghi hanno stanziato per le imprese 115miliardi di euro tra aiuti diretti, sgravi fiscali e misure di settore; altri 32 miliardi di euro sono stati destinati agli ammortizzatori sociali.
Inoltre le imprese hanno beneficiato di 216miliardi di crediti erogati dalle banche grazie alla garanzia dello Stato.
Che bisogna dare più soldi alle imprese – soprattutto ad artigiani, commercianti, agricoltori, vale a dire a chi ha sofferto maggiormente gli effetti della crisi – è certamente giusto, non è assolutamente giusto, però, che si debbano togliere i soldi alla povera gente. Perchè sarebbe come “vestiri a Cristu e spugghiari a Maria”.
Quindi, considerato che nessuno chiede di lasciare il reddito di cittadinanza così com’è, sarebbe auspicabile, piuttosto che continuare a dividersi, correggere subito le storture:
separando l’assistenza dalle politiche attive del lavoro, aiutando i comuni ad attivare i PUC, introducendo paletti seri e rigorosi per chi rifiuta il lavoro, predisponendo un sistema di controlli degno di questo nome.
Di tutto questo, e di tanto altro parlerò questa sera alle ore 20.00 nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu veni si cunta”. Non mancate!
Salvatore Bonura