Oltre alle attività di ricerca e di restauro nelle aree di Festòs e Prinias, sono state implementate le attività di cooperazione internazionale in campo archeologico
L’Università di Catania conferma ancora una volta il ruolo di primo piano nel campo dell’archeologia. Dopo la pausa imposta dall’emergenza sanitaria, infatti, sono riprese le ricerche archeologiche a Creta, fiore all’occhiello delle campagne dell’ateneo catanese.
I ricercatori etnei hanno portato a termine nei giorni scorsi due missioni: una a Festòs, diretta dal prof. Pietro Maria Militello, ordinario di Archeologia Egea del Dipartimento di Scienze umanistiche, e la seconda a Prinias, diretta dalla dott.ssa Antonella Pautasso del Cnr-SPC e coordinata per l’Università di Catania dalla prof.ssa Eleonora Pappalardo, docente di Archeologia classica del Dipartimento di Scienze della Formazione.
Missioni che l’ateneo catanese ha svolto nell’ambito della convenzione stipulata tra il centro di Archeologia Cretese e la Scuola Archeologica Italiana di Atene, l’ente diretto Emanuele Papi che coordina tutte le attività italiane in Grecia.
La presenza dell’Università di Catania a Creta, infatti, si inserisce in un panorama di ricerca internazionale di ampio respiro.
Le missioni hanno interessato due siti archeologici di particolare rilevanza per lo studio dell’età del Bronzo (Festòs) e dell’età del Ferro (Prinias) sin dai tempi della loro scoperta. Studi che nel tempo hanno collocato la ricerca dell’Università di Catania in una posizione di tutto rispetto nel campo dell’archeologia per il prestigio delle aree indagate e, soprattutto, per i risultati ottenuti in questi anni, grazie anche al rinnovato impegno economico dell’ateneo di Catania con la istituzione del fondo per missioni archeologiche all’estero.
A Festòs, dove l’ateneo di Catania coordina 6 missioni di università ed enti di ricerca italiani, le due unità di ricerca coordinate dai docenti Pietro Militello e Simona Todaro (docente di Preistoria e protostoria al Disum), hanno portato avanti cinque progetti, grazie anche a finanziamenti dell’Institute for Aegean Prehistory e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale.
«Oltre al completamento della documentazione ed a attività di restauro condotte a Festòs e a Haghia Triada -– spiega il prof. Pietro Militello – si è proceduto, in previsione dell’avvio del nuovo ciclo di scavi, a prospezioni georadar e alla creazione di un data base delle tecniche murarie (queste ultime due attività in collaborazione con il CNR-ISPC e i dott. Giovanni Leucci e Francesca Buscemi). Sono state, inoltre, implementate le attività di cooperazione internazionale. In particolare, in vista della promozione di Festòs a sito Unesco si è messa in atto un’azione sinergica con la locale soprintendenza ed il Ministero Ellenico della Cultura».
Contestualmente sono state portate avanti dalla prof.ssa Todaro attività interdisciplinari con l’Institute of Nanoscience and Nanotechnology “Demokritos” di Atene per la creazione di una seriazione di datazioni al carbonio-14 da Festòs tra il III e II millennio a.C..
La docente, inoltre, è stata impegnata nel completamento dello studio della ceramica Neolitica di Knossos (scavi Karetsou-Efstratiou), nella sede della British School.
Alle attività hanno preso parte anche studenti del corso di laurea triennale in Beni culturali, i dottorandi del Dipartimento di Scienze umanistiche Marco Prete, Serena D’Amico e la specializzanda Flavia Toscano.
A Prinias, dove la ricerca archeologica si svolge in sinergia col CNR, il gruppo di ricerca dell’Università di Catania, coordinato dalla prof.ssa Eleonora Pappalardo, è stato impegnato in attività di scavo archeologico nell’area dell’abitato proto-arcaico.
«La ripresa degli scavi sulla Patèla di Prinias, quest’anno, era di fondamentale importanza per il completamento dell’indagine di un edificio monumentale, indagato già a partire dal 2000 sotto la direzione del prof. Dario Palermo, e per il chiarimento di alcuni dubbi sulla planimetria di uno dei più noti edifici del sito, il cosiddetto tempio B, scoperto da Luigi Pernier all’inizio del secolo scorso» ha spiegato la docente Eleonora Pappalardo.
Oltre che dello scavo, i ricercatori dell’ateneo, tra cui il dottorando del Dipartimento di Scienze della Formazione, Dario Alessandro Calderone, si sono occupati dello studio e della classificazione del materiale.
«È stato possibile, inoltre, grazie alle risorse messe a disposizione della ricerca da parte dell’Ateneo, implementare i rapporti internazionali. In particolare, si è lavorato con l’Institute of Aegean Prehistory di Philadelphia ad una consistente campionatura di ceramica da strato, finalizzata alla realizzazione di un database, e, sullo scavo, si è lavorato in sinergia col collega greco dott. Nikos Vasilakis» ha aggiunto la prof.ssa Pappalardo.
I dottorandi del Dipartimento di Scienze umanistiche, Valeria Guarnera e Livio Idà, e il dott. Flavio Ferlito, hanno collaborato con la dott.ssa Antonella Pautasso del Cnr allo studio dei materiali provenienti da diversi lotti, finalizzato alla pubblicazione definitiva.