SICILIA –
Le difficoltà crescenti dei comuni, ed in generale degli enti locali, a far fronte alla richiesta di servizi socioassistenziali di fasce sempre più significative delle nostre comunità, hanno generato una drammatica condizione di insostenibilità il cui prezzo finale è posto oggi a carico del sistema: utenti, cooperative e loro lavoratori.
Cozzano tra loro, infatti, le normative di trenta o quaranta anni fa (ad esempio l’ottimo impianto della legge regionale n. 22 del 1986), che impongono adeguati livelli di assistenza da erogare ai cittadini in difficoltà e la triste realtà dei comuni, cronicamente senza risorse, neanche per pagare gli stipendi dei propri dipendenti, che rende sempre più rischioso per le cooperative assumere l’affidamento di servizi socioassistenziali da parte degli enti locali.
Quando poi le cooperative sociali gestiscono assistenza di tipo residenziale, come le comunità alloggio per utenti con disabilità psichica, diventano ostaggio dei bilanci dei comuni con cui intrattengono rapporti. E li succede di tutto. L’ambiente diventa mefitico per le imprese sane e richiama altri “soggetti”. Lo sanno tutti ma il problema rimane li, drammaticamente irrisolto.
Sono almeno vent’anni che le cooperative sociali, che gestiscono comunità alloggio per disagio psichico, vivono in una condizione di estrema e quotidiana precarietà che le espone ad ogni tipo di rischio.
Negli ultimi dieci anni, ma con più forza nel 2017, aveva avuto inizio un percorso normativo teso a far transitare il mondo del disagio psichico dalla potestà esclusiva dell’assessorato regionale alla famiglia a quello alla salute. Tuttavia, mancano tutt’oggi diversi e fondamentali “tasselli” per fare in modo che il nuovo sistema possa funzionare.
A gennaio 2021, avevamo posto grande speranza nel tavolo istituzionale di confronto tra pubblico e privato sulla grave condizione di crisi delle comunità alloggio e i loro lavoratori istituito presso lo stesso Assessorato Regionalealla Famiglia. Era infatti lo strumento giusto per discutere del presente, del futuro ma anche di una transizione che salvaguardasse il più possibile i servizi. Purtroppo, i lavori di quel tavolo si sono fermati e tutto è ripiombato in un presente drammatico, senza neanche passi in avanti sul piano dell’integrazione sociosanitaria.
Inoltre, proprio in questi giorni si sta creando una situazione paradossale, dove qualche Comune, non applicando gli standard previsti dal DPRS 29/06/1988, ai quali le Cooperative Sociali si devono adeguare per gestire le Comunità di cui sopra, e secondo il quale ogni anno sono sottoposti a controllo e mantenimento da parte della Regione Sicilia- Assessorato alla Famiglia e dei Comuni, chiedono agli Enti gestori di applicare quanto scritto nel DPRS 158/96 “schemi di Convenzione Tipo”, che risalgono appunto al 1996, ormai normativamente superati e che essendo degli schemi tipo, comunque richiamano in premessa la L. 22/86 e il DPRS 29/06/1988 ( alle quali gli Enti gestori sono obbligati ad adeguarsi), pena la cancellazione dall’Albo.
Il punto in questione riguarda un’interpretazione del DPRS 158/96 che obbligherebbe tutti gli enti ad assumere 7 figure tutte a tempo pieno compreso gli infermieri. Ma gli standard, per la figura degli infermieri prevede “un infermiere professionale (pur utilizzato ad ore e/o in convenzione), con reperibilità notturna e non due infermieri assunti. Questa interpretazione, con l’applicazione delle rette attuali previste, causerebbe la chiusura delle Comunità alloggio per disabili psichici.
Si chiede pertanto, ancora una volta, nelle more di una reale applicazione dell’integrazione sociosanitaria, di far rispettare l’applicazione degli Standard a tutti i Comuni e di non lasciare spazio a libere interpretazioni della norma.
In tutto questo c’è anche chi, proprio in questi giorni, genera confusione – che certamente non serve – tirando in ballo i budget di salute, che nulla hanno a che vedere con questo scenario, ma che sono invece rivolti agli utenti che non necessitano di interventi di residenzialità (se non di un supporto leggero all’abitare autonomo) o che hanno concluso i percorsi all’interno di CTA o Comunità Alloggio.
Infatti, i “Progetti Terapeutici di presa in carico comunitaria sostenuti da budget di salute” sono interventi fondamentali per evitare processi di cronicizzazione delle persone con disagio psichico. Essi vanno implementati territorialmente o al domicilio del paziente anche in supporto alla famiglia, proprio per evitare gli interventi pesanti e costosi della residenzialità sia sanitaria che assistenziale, che se protratti oltre il tempo necessario si rivelano inefficaci e dannosi per la salute delle persone con disagio psichico.
Il recente decreto dell’Assessore alla Salute che ha emanato le linee guida per tale metodologia di lavoro completa un percorso avviato dalle nostre Organizzazioni a gennaio 2020 con il Convegno “Budget di Salute e Presa in Carico Comunitaria Orientamenti scientifici e buone prassi per l’inclusione sociale delle persone con disagio psichico” cui prese parte lo stesso Assessore Razza, Il Vice-Ministro della Salute Pierpaolo Sileri e il Dott. Fabrizio Starace, componente del Consiglio Superiore di Sanità e Presidente della Società di Epidemiologia Psichiatrica.
Le linee guida che lì furono concepite regolamentano l’intervento relativo alla quota sanitaria di tali percorsi, obbligando le ASP a riservare lo 0,2% dei propri bilanci per mettere in campo azioni co-gestite con la Cooperazione sociale e il Terzo settore per l’inserimento sociale delle persone con disagio psichico sugli assi dell’abitare (nei termini sopra richiamati), della formazione-lavoro e della socialità.
Le scriventi Organizzazioni esprimono quindi soddisfazione per l’impegno onorato dall’Assessore alla Salute Razza. Questo documento, promesso in occasione del Convegno soprarichiamato, dovrà infatti ora vedere la sua applicazione con gli atti consequenziali che dovranno essere assunti delle ASP della Regione.
Ma a fronte di questo positivo risultato, riteniamo a maggior ragione non più procrastinabileun confronto ordinato, costruttivo e leale, con i due assessorati regionali: famiglia e sanità, che prenda atto dell’insolvibilità dei tanti comuni siciliani, che affronti con decisione il problemae guardi ad una integrazione sanitaria sostenibile per riformare un sistema che ha permesso alla Sicilia, dal 1986, di erogare servizi a favore di migliaia di utenti e che alla luce dei cambiamenti attesi (riforme e nuove imponenti risorse disponibili), potrebbe, se progettato per tempo, rilanciare l’erogazione di adeguati livelli di assistenza per i tutti i cittadini siciliani meno fortunati.
Per queste ragioni chiediamo una convocazione urgente per un confronto con i due rami dell’amministrazione regionale.