Recensione di "Forrest Gump" in occasione del 26°anniversario dall’uscita del film in USA

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Coloro che hanno delle difficoltà possono raggiungere dei risultati a dir poco sbalorditivi, diventando un simbolo, in un paese di sognatori.

Forrest Gump è un film superlativo, non solo per gli effetti speciali utilizzati con il bluescreen, permettendo di isolare il protagonista (interpretato dal intramontabile Tom Hanks) nelle sue movenze, per poi inserirlo nelle immagini di repertorio che lo vedono interagire con grandi personaggi che hanno caratterizzato la storia americana, ma anche perché una persona comune riesce, nella sua semplicità e nonostante il suo sviluppo cognitivo limitato, ad avere tante soddisfazioni nella vita, che per molti sono inimmaginabili. Molto amato dalla madre (interpretata dall’attrice Sally Field), che voleva per il figlio, deriso dalla società che lo attorniava, le stesse opportunità degli altri. Forrest Gump usa inconsapevoli punti di forza per stupire i suoi detrattori, tanto che in questa scatola di cioccolatini trova tanti momenti gratificanti, diventando un giocatore di football americano del suo college, permettendogli così di laurearsi; diviene fonte d’ispirazione per i passi di danza di Elvis Presley, richiede con nonchalance di possibilità di fare la pipì mentre stringe la mano a Kennedy, attira l’attenzione di Nixon, mostrando senza vergogna il suo fondoschiena a Lyndon Johnson, è di ispirazione a John Lennon nella stesura di Imagine, non dimenticando che il nome Forrest gli viene attribuito dalla madre ispirandosi a quello di Nathan Bedford Forrest, eroe durante la guerra di secessione e fondatore del Ku Klux Klan, divenne poi un eroe di guerra in Vietnam con tanto di medaglia d’onore per aver salvato il Tenente Dan Taylor (interpretato da Gary Sinise), un olimpionico della squadra americana di ping pong, ospite di talk show famosi negli U.S.A, imprenditore di successo grazie alla Bubba Gump Gamberi, impresa ispirata dall’amico Benjamin Buford “Bubba” Blue (interpretato da Mykelti Williamson), conosciuto proprio durante il periodo bellico in Vietnam ed infine un’icona americana, grazie ad una sofferenza d’amore. Infatti, è l’amore non ricambiato dalla sua amica d’infanzia e del cuore Jenny Curran (interpretata da Robin Wright) a sottoporlo alle maggiori sofferenze. La donna dopo un’infanzia travagliata per le violenze subite dal padre, tanto da voler diventare un uccello per poter volare lontano da lui attraverso questa voglia di evasione che la condurrà verso esperienze spesso e volentieri scriteriate, relazionandosi con uomini poco raccomandabili, che hanno determinato nella sua vita bilanci fallimentari conducendola ad auspicare a soluzioni disastrose, come l’intenzione di farla finita perfino meditando di buttarsi da un ponte o dai piani alti di un palazzo. Sapeva che con Forrest Gump sarebbe stata al sicuro, l’unico uomo che l’aveva veramente amata, ma nonostante tutto non rappresentava l’uomo dei suoi sogni, in quanto non era una figura dominante, che in fondo lei cercava. Forrest Gump colpito dall’ennesima delusione da parte di Jenny, inizia ad avere il desiderio di correre così forte che interruppe solo dopo più di 3 anni, porgendo alle persone che incontrava lungo il suo cammino quel senso di speranza. Solo una sorta di virus (HIV), ed un bambino da lasciare a Forrest nato dal loro unico rapporto, permetterà di vederli sposati, dopo tanto rifiuto, avendo provato in lui sempre e solo un grande sentimento d’amicizia, che ora, viene tramutato in amore e ne custodisce l’immagine, restituendo al figlio il nome del padre. Quindi oltre al racconto di una storia tutta americana, dove Forrest Gump diventa involontariamente il primo testimone di quegli avvenimenti accaduti, vuole mettere in evidenza come venivano vissuti i rapporti sociali, dove la diversità grazie ad esso può diventare un valore per riuscire ad affermarsi nella vita.

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Recensione a cura di Gioia Lomasti ed Alessandro Spina

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