Etna, datate per la prima volta le colate laviche preistoriche nell’area di Catania

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Analisi paleomagnetiche hanno permesso di datare in maniera assoluta le colate laviche che investirono Catania in epoca Olocenica, evidenziando la relazione esistente tra l’attività eruttiva dell’Etna e gli insediamenti umani preistorici

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Una nuova ricerca ha consentito di datare per la prima volta in maniera assoluta le colate laviche di epoca preistorica dell’area urbana di Catania, chiarendo le relazioni esistenti tra le eruzioni dell’Etna di epoca Olocenica e la storia degli insediamenti umani nell’area alle pendici del vulcano.

Gli studi sono stati effettuati sulle colate laviche di Barriera del Bosco, Larmisi e San Giovanni Galermo, situate nel distretto urbano di Catania, utilizzando tecniche di datazione paleomagnetica. La ricerca  “Paleomagnetic dating of pre-historic lava flows from the urban district of Catania (Etna volcano, Italy)” è stata condotta da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre, e appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Geological Society of American Bulletin’.

In particolare, questo studio è frutto della collaborazione fra i ricercatori dell’INGV delle Sezioni di Catania e Roma2 che dal 2004 sono impegnati nelle datazioni delle colate laviche storiche per la carta geologica dell’Etna, pubblicata nel 2011. Attraverso questi studi, si è proseguito poi per approfondire le conoscenze dell’attività eruttiva dell’Etna in epoca preistorica, sviluppando le analisi nel Laboratorio di Paleomagnetismo dell’INGV di Roma, che costituisce il principale laboratorio paleomagnetico italiano ed uno dei più rinomati a livello internazionale.

“Confrontando le direzioni paleomagnetiche registrate dai flussi di lava con i modelli geomagnetici di riferimento aggiornati per l’Olocene, abbiamo potuto datare la colata di Barriera del Bosco come la più antica delle tre analizzate”, spiega Stefano Branca, Direttore dell’Osservatorio Etneo dell’INGV e co-autore dello studio. “Grazie ai risultati ottenuti abbiamo quindi potuto datare paleomagneticamente negli intervalli di tempo compresi tra 11.234 e 10.941 e tra 8.395 e 8.236 anni fa il più antico evento eruttivo di epoca Olocenica dell’Etna che abbia raggiunto l’attuale distretto urbano di Catania”.

Questa ricerca risulta di particolare importanza dal punto di vista della ricostruzione geologica del passato della città di Catania in quanto, per i vulcani attivi le cui pendici sono abitate fin dalla preistoria, la determinazione dell’età delle eruzioni storiche rappresenta un elemento chiave per indagare le relazioni tra fenomeni eruttivi e insediamenti umani.

“Durante i suoi quasi tre millenni di storia, Catania, la più grande città situata ai piedi dell’Etna, fu raggiunta solo una volta – nel 1669 – da una grande colata di lava prodotta da un’eruzione nel fianco sud-orientale del vulcano: la più grande eruzione laterale etnea documentata in epoca storica”, prosegue Branca. “Tuttavia, come abbiamo definito nella carta geologica dell’Etna, altre colate laviche avevano già raggiunto l’area dell’odierno distretto urbano durante la Preistoria, prima della fondazione della città avvenuta in epoca greca, tra il 729 e il 728 a.C.”.

Le indagini paleomagnetiche hanno interessato ben 12 siti distribuiti nell’hinterland della città siciliana.

“Le direzioni paleomagnetiche misurate negli altri due flussi di lava analizzati, quelli di Larmisi e San Giovanni Galermo, risultano coincidenti, implicando che l’età di messa in posto è in realtà la stessa, con un margine di errore statistico non superiore ai 100-200 anni. Questo dato, insieme alle evidenze geologiche, geochimiche e petrologiche, implica che le due colate laviche possano essere considerate parti di un unico grande campo lavico eruttato in una finestra temporale compresa tra 5.494 e 5.387 anni fa. Questo vasto campo lavico potrebbe quindi aver sepolto diversi insediamenti neolitici, spiegando così la scarsa presenza di siti archeologici di quell’epoca rinvenuti nella città di Catania”, conclude Stefano Branca.

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