Uno studio del Cnr in collaborazione con Università di Genova, Politecnico di Milano e Università di Milano aggiunge un tassello alla comprensione dei processi alla base della produzione di energia con luce solare, con l’obiettivo di celle più efficaci. I risultati sono pubblicati sulla rivista “Small”
Costruire celle solari più efficaci grazie a materiali innovativi con l’impiego delle nanotecnologie, è l’obiettivo a lungo termine della ricerca condotta da quattro istituti del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi (Cnr-Spin), Istituto officina dei materiali (Cnr-Iom), Istituto nanoscienze (Cnr-Nano), Istituto di struttura della materia (Cnr-Ism) – assieme a Università di Genova, Politecnico di Milano e Università di Milano. Lo studio, pubblicato sulla rivista Small, riguarda fenomeni di fisica di base, processi quantistici su scale di tempi e di dimensioni ridottissime, con possibili ripercussioni nell’ambito delle energie rinnovabili. Per rendere più efficienti la fotocatalisi e la conversione dell’energia solare, è cruciale comprendere a fondo il principale meccanismo che sta alla loro base, ovvero l’eccitazione degli elettroni di un materiale da parte della luce. Lo studio ha riguardato nello specifico l’interazione di luce laser con nanoparticelle, che rispetto a un materiale solido hanno una maggiore efficienza nell’assorbimento della luce.
“Abbiamo osservato il comportamento delle nanoparticelle d’oro, oggetti delle dimensioni di qualche decina di nanometri (un nanometro = un miliardesimo di metro) che, quando sono colpite dalla radiazione, producono un effetto chiamato plasmone di superficie. Questo fenomeno implica una maggiore efficienza di assorbimento della radiazione elettromagnetica”, spiega Gian Marco Pierantozzi ricercatore di Cnr-Iom. “Abbiamo studiato come gli elettroni eccitati dalla luce laser trasmettono energia agli altri elettroni nel materiale, prima che questa energia venga dissipata nel reticolo cristallino del materiale”.
I ricercatori hanno indagato tali processi su una scala temporale ultra-breve, quella delle centinaia di femtosecondi (un femtosecondo = un milionesimo di miliardesimo di secondo). Per far questo hanno impiegato la tecnica nota come fotoemissione “pump and probe”, accessibile grazie alla strumentazione Sprint ospitata dal NFFA Trieste, l’infrastruttura open access coordinata dal Cnr-Iom che mette a disposizione strumentazione avanzata per esperimenti di nanoscienza.
“Tutti i processi che coinvolgono interazione tra luce e materia, anche quelli nella vita di ogni giorno, avvengono su scale temporali dei femtosecondi, ma le tecniche di indagine convenzionali ci permettono di osservare solo gli effetti finali dei processi, e non il loro svolgersi in tempo reale”, spiega Francesco Bisio, ricercatore di Cnr-Spin. “È come se guardando una partita di calcio non potessimo seguire le azioni di gioco, ma solo conoscere il risultato finale. Grazie a Sprint abbiamo potuto acquisire ‘fotogrammi’ di ogni istante del processo, osservando proprio il comportamento degli elettroni eccitati, veri protagonisti di questi meccanismi”.
Lo studio costituisce una prova di principio. “Abbiamo dimostrato che è possibile studiare la dinamica ultraveloce con una tecnica come la fotoemissione, in grado di determinare direttamente l’energia degli elettroni. Esperimenti come questo sono ancora tecnicamente impegnativi, ma aprono la strada a futuri studi quantitativamente sempre più accurati delle proprietà elettroniche di nanoparticelle metalliche a tempi ultraveloci”, conclude Stefania Benedetti di Cnr-Nano.