Scienza, un vaccino per COVID-19 può davvero causare una trombosi?

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Il rarissimo verificarsi di un misterioso disturbo della coagulazione del sangue tra alcuni destinatari del vaccino COVID-19 di Oxford-AstraZeneca sta spingendo molti ricercatori a tentare di capire se l’inoculazione può scatenare una reazione così insolita e, nel caso, in che modo.

Dopo settimane di indagini, il 7 aprile l’EMA, l’agenzia europea del farmaco, ha annunciato che esiste un possibile legame tra i trombi e il vaccino. Anche in questo caso però, ha spiegato ai giornalisti il direttore esecutivo dell’EMA Emer Cooke, il disturbo della coagulazione – descritto in due articoli apparsi sul “New England Journal of Medicine” (studio 1, studio 2) – è così poco comune che i benefici del vaccino superano ancora i suoi rischi. “Questi sono effetti collaterali molto rari”, ha dichiarato. “Il rischio di mortalità da COVID è di gran lunga maggiore del rischio di mortalità per questi effetti collaterali.”

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Ma la scoperta lascia i ricercatori alle prese con un mistero clinico: perché un vaccino dovrebbe innescare una condizione così insolita? “Naturalmente, ci sono alcune ipotesi: forse ha a che fare con il vettore, forse è un additivo nel vaccino, forse è qualcosa nel processo di produzione… Non lo so”, dice Sabine Eichinger, ematologa dell’Università di Vienna. “Potrebbe essere una qualsiasi di queste cose”.

Una strana combinazione

Eichinger è stata tra i primi a notare il disturbo della coagulazione, una strana combinazione di coaguli di sangue – che possono essere pericolosi, e potenzialmente fatali, se bloccano il flusso di sangue al cervello o ai polmoni – e una paradossale carenza di piastrine, i frammenti cellulari che promuovono la coagulazione. I coaguli sono apparsi anche in parti del corpo insolite, come il cervello e l’addome, anziché nelle gambe, dove si forma la maggior parte dei trombi delle vene profonde.

Questo ha fatto suonare un campanello d’allarme per Eichinger, che aveva già riscontrato un fenomeno simile in alcune persone trattate con l’eparina, un farmaco anticoagulante. L’eparina è normalmente usata per prevenire la coagulazione, ma in casi molto rari può scatenare una sindrome chiamata trombocitopenia indotta dall’eparina (HIT), che causa trombi insieme a bassi livelli di piastrine.

Al 22 marzo, l’EMA aveva raccolto 86 segnalazioni di persone che avevano manifestato trombosi cerebrali o addominali entro due settimane dalla somministrazione di una dose del vaccino Oxford-AstraZeneca. È stato confermato che alcuni di questi casi avevano le caratteristiche della HIT, benché quelle persone non avessero assunto eparina.

Fattori di rischio

 

L’EMA ha chiesto ad AstraZeneca di condurre una serie di indagini, tra cui studi di laboratorio per determinare l’effetto del vaccino sulla coagulazione del sangue e valutazioni dei dati provenienti da studi clinici, per cercare di ricavare ulteriori informazioni sui fattori di rischio. Anche se ci sono segnalazioni che la sindrome è più frequente nelle donne che negli uomini, in particolare quelle di età inferiore ai 60 anni, l’EMA non è stata in grado di concludere che le donne sono a rischio più alto. Molti paesi, infatti, hanno dato la priorità agli operatori sanitari nella distribuzione delle vaccinazioni, e le donne sono una percentuale importante di questa forza lavoro.

L’EMA sta anche sostenendo gli studi di due consorzi accademici nei Paesi Bassi, uno guidato dall’Erasmus University Medical Center di Rotterdam e l’altro dai ricercatori dell’Università di Utrecht e dello University Medical Center Utrecht.

La loro lista di progetti è ambiziosa. Uno dei consorzi, co-presieduto dal virologo Eric C. M. van Gorp all’Erasmus, è composto da 22 ospedali che collaborano per studiare gli effetti del coronavirus sulla coagulazione del sangue. Il team cercherà casi probabili di HIT tra i casi di trombosi dopo la vaccinazione con il vaccino Oxford-AstraZeneca e altri vaccini COVID-19. Condurrà anche studi di laboratorio per cercare indicazioni che il rischio, già basso, possa essere ridotto ulteriormente limitando la quantità di vaccino somministrato con ogni dose.

L’EMA si aspetta di ottenere alcuni risultati dai progetti entro i prossimi due mesi, ha detto Peter Arlett, capo della task force Data Analytics and Methods dell’agenzia. Il gruppo cercherà anche di capire se questo problema è limitato a certe popolazioni. “Quello che troviamo in Europa occidentale non sarà automaticamente vero in Sud America o in altre popolazioni”, sottolinea van Gorp. “Questo è un problema mondiale; tutti sono preoccupati.”

Una verifica complessa

E – cosa fondamentale – van Gorp e i suoi colleghi cercheranno di valutare ulteriormente se la “probabile” associazione tra il vaccino e la sindrome è vera.

È notoriamente difficile confermare se un sospetto effetto raro di un vaccino è veramente legato a esso – in particolare quando si tratta di un vaccino che è stato utilizzato in decine di milioni di persone. “Una persona che assume il vaccino potrebbe avere un ictus o un attacco di cuore una settimana dopo perché stava già per avere un ictus o un attacco di cuore”, dice il cardiologo Behnood Bikdeli del Brigham and Women’s Hospital di Boston, in Massachusetts. “È bene vigilare su queste cose mentre andiamo avanti e raccogliamo i dati, ma il numero assoluto di eventi e il tasso di eventi sono incredibilmente bassi.”

Bikdeli vorrebbe anche vedere i ricercatori raccogliere – e condividere – più dati sull’incidenza di questo disturbo della coagulazione nelle persone non vaccinate. Una accresciuta attenzione al possibile legame tra la vaccinazione e la sindrome potrebbe portare a un aumento dei tassi di segnalazione tra chi è vaccinato rispetto a chi non lo è, gonfiando artificialmente la percezione del tasso con cui avviene la sindrome, spiega Bikdeli. E quei timori potrebbero estendersi ad altri vaccini contro il coronavirus.

Altri ricercatori stanno cercando di capire che cosa scatena la sindrome. Si pensa che la HIT sia il risultato di una reazione immunitaria ai complessi che si formano quando le molecole di eparina, che hanno carica elettrica negativa, si legano a una proteina carica positivamente chiamata fattore piastrinico 4, importante per la coagulazione. Il risultato è l’attivazione delle piastrine, che dà il via a una reazione a catena. “Una volta attivate le piastrine, è come mettere un fiammifero su un braciere”, dice John Kelton, ematologo della McMaster University di Hamilton, Canada, che ha studiato la HIT per 40 anni. “Vengono reclutate sempre più piastrine, e quando sono attivate, esplodono e producono materiale coagulante. La HIT è come un incendio nella foresta; si auto-perpetua.”

Anche se estremamente rari, casi di HIT “spontanea” in assenza di trattamento con eparina sono stati segnalati in passato, con sospetti fattori scatenanti tra cui infezioni, interventi chirurgici di protesi al ginocchio e terapie con farmaci che – come l’eparina – sono carichi negativamente. Kelton ricorda un caso su cui ha lavorato anni fa di una donna sulla quarantina che aveva avuto un ictus catastrofico e che non era stata trattata con eparina. “Abbiamo analizzato il suo sangue e abbiamo scoperto reazioni esattamente uguali a quelle riportate per le reazioni di AstraZeneca”, spiega.

Il laboratorio di Kelton ora sta lavorando a tempo pieno per cercare di determinare cosa potrebbe causare sintomi simili alla HIT nei destinatari del vaccino, ed è sicuro che altri laboratori faranno lo stesso. Si tratta di un fenomeno difficile da studiare: la sua rarità rende i campioni dei pazienti difficili da trovare, e non ci sono buoni modelli animali, dice Kelton.

Un risultato di tutta questa attività sarà una maggiore attenzione alla relazione tra il sistema immunitario e la coagulazione del sangue, sottolinea van Gorp, e i risultati potrebbero orientare lo sviluppo di ulteriori vaccini. “Avremo nuove varianti di coronavirus e svilupperemo nuovi vaccini”, spiega. “Abbiamo bisogno di risposte per il futuro.”

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