Dopo un negoziato durato alcune settimane, contrassegnato da momenti di forti tensioni tra i partiti della maggioranza di governo, ha visto la luce il condono di tasse e multe.
Una soluzione definita dal presidente Draghi – senza tanti giri di parole – condono, alla quale si è pervenuti perché, a 15 anni dalla riforma che ha trasferito la partita dalla mano privata a quella pubblica, la riscossione delle tasse resta un fallimento.
“È chiaro che sulle cartelle esattoriali lo Stato non ha funzionato, uno Stato che ha permesso l’accumulo di milioni e milioni di cartelle che non si possono esigere impone la necessità di cambiare qualcosa“ ha dichiarato il capo del governo.
Per quando riguarda il merito del provvedimento, c’è da dire che per limitare l’operazione si è trovato una sorta di compromesso su due fronti all’interno dell’esecutivo.
Primo: si potrà ottenere la cancellazione del debito sotto i 5 mila euro di valore del ruolo (a condizione di avere un reddito inferiore a 30 mila euro per beneficiarne). Secondo: ci sarà una finestra temporale ridotta, dal 2000 al 2010, anziché sino al 2015 come chiedevano alcune forze politiche della stessa maggioranza.
Una operazione, quella del condono, bisogna dirlo che non partirà prima del mese di giugno perché: se è vero che il Decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri sospende, a partire dalla sua entrata in vigore, la riscossione delle cartelle aventi le caratteristiche anzidette (e i relativi termini di prescrizione); è anche vero che il Decreto rinvia per la definizione delle modalità e dei tempi di annullamento dei crediti, ad un provvedimento attuativo del ministero dell’ Economia, che deve essere emanato entro 30 giorni dalla data di conversione del decreto medesimo, prevedibilmente quindi tutto slitta tra due mesi.
Pertanto è molto probabile che le indicazioni vengano date da norme diverse da quelle sancite nel decreto Sostegni. Ciò perché Forza Italia- Lega, oltre a Fratelli d’Italia, e qualche altra frangia della maggioranza; spingono per allargare la sanatoria alzando la soglia dei 5 mila euro, estendendo il tempo della misura (per comprendere gli anni successivi al 2010), elevando il tetto di reddito, al momento fissato a 30 mila euro di imponibile, sia per le persone fisiche che per le imprese.
Un disegno questo, osteggiato dal Partito Democratico, da Leu, dai 5 Stelle e da una parte consistente dell’opinione pubblica che non accetta di premiare chi si è sottratto ai propri doveri nei confronti dello Stato.
Comunque con la nuova cancellazione dei debiti fiscali, che segue quella delle mini cartelle sotto i 1.000 euro del 2019, saranno automaticamente annullati i debiti di importo residuo fino a 5 mila euro comprensivo di capitale, interessi e sanzioni, comprese le cartelle ancora oggetto della rottamazione.
Occorre precisare, però, che non tutte le imposte saranno stralciabili. Potranno essere cancellate Irpef, Iva, Irap e multe auto; il Governo ha escluso alcune poste come i crediti collegati al recupero degli aiuti di Stato, ammende e sanzioni dovute in caso di sentenze penali di condanna, i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei Conti, l’Iva europea e i debiti per i quali sono stati avviate le procedure esecutive, concorsuali o procedimenti di ristrutturazione del debito.
Le somme eventualmente pagate dai contribuenti prima dell’effettivo annullamento resteranno acquisite all’erario e quindi non saranno restituite. Infine per quando concerne il limite di reddito posto a 30 mila euro (relativamente all’imponibile sul reddito e non all’ISEE), c’è da dire che questo esclude solo una piccola parte dei beneficiari.
In base ad alcune simulazioni si calcola che, ad usufruire del provvedimento sarà l’83 per cento dei codici fiscali, rispetto alla platea di quelli che hanno debiti fiscali fino a 5 mila euro nel periodo stabilito potrà comunque beneficiare della sanatoria.
In conclusione, a prescindere, di quello che si pensa sui condoni, ritengo che il Governo debba agire con sollecitudine (così come si è già impegnato a fare una riforma che liberi il cosiddetto magazzino dell’ex Equitalia) – che ammonta a 987 miliardi di euro annegati in milioni di cartelle che per il 99 per cento, di fatto, non sono più esigibili (o perché le persone sono morte, o perché le ditte sono fallite, o perché i tentativi fatti per riscuotere non hanno sortito nessun risultato) – secondo il criterio del “buon padre di famiglia”.
Quindi, a mio giudizio, oltre ad evitare che si crei una nuova montagna di somme di fatto inesigibili, occorre concentrarsi sui crediti fiscali più sostanziosi ed evitare di percorrere le strade che costano troppo allo Stato rispetto ai risultati economici che può ottenere.
Salvatore Bonura