Il Costo del lavoro in Italia è superiore del 15,6% rispetto alla media dell’Eurozona. Nel nostro Paese, rispetto a una retribuzione netta di 100 euro, sulle aziende pesano, complessivamente, 207 euro, cifra più alta di 38 euro rispetto alla media dell’area euro, che si ferma a 179 euro.
È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa «Il cuneo fiscale eccessivamente oneroso nel nostro Paese è penalizzante e non favorisce, specie mentre siamo alle prese con gli effetti del Covid, la creazione di nuova occupazione» ha recentemente dichiarato vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, «in Italia per ogni 100 euro netti di retribuzione, se ne pagano 32 di tasse e 75 di contributi previdenziali, dei quali 61 a carico del datore di lavoro e 14 a carico del lavoratore, per un totale di 207 euro. la media dell’eurozona è pari a 179 euro: per ogni 100 euro netti di retribuzione, se ne pagano 24 di tasse e 55 di contributi previdenziali, dei quali 38 a carico del datore di lavoro e 17 a carico del lavoratore. La Spagna si ferma a quota 160 euro complessivi: per ogni 100 euro netti di retribuzione, se ne pagano 19 di tasse e 41 di contributi previdenziali, dei quali 33 a carico del datore di lavoro e 8 a carico del lavoratore. Uno spread, quello relativo al cuneo fiscale, che rende l’Italia una delle economie più fragili. Pesa l’altissimo debito pubblico e quella italiana è l’economia che, nell’ultimo decennio, è cresciuta pochissimo nel confronto internazionale: nel 2000 il nostro Pil valeva quasi il 19% del totale area euro, oggi siamo scesi sotto il 15%.
Spadafora ha spiegato che la bozza di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) presentata dal governo «è una buona base, ma mancano alcune informazioni. Occorrono, in particolare, informazioni dettagliate sugli investimenti e sulle riforme da implementare spiegando: chi sono i soggetti responsabili dei vari ambiti e poi quali sono le modalità di implementazione delle riforme, i tempi e i costi. Ed è necessario dimostrare gli effetti delle misure inserite nel Piano soprattutto per quanto riguarda i benefici attesi sull’intero sistema economico. L’Unione europea ci ha chiesto interventi e riforme rigorose sia nel campo della giustizia civile sia per la previdenza: sarebbe importante capire dettagliatamente quali sono le intenzioni del governo. Per quanto ci riguarda, nell’ambito del Pnrr il pilastro decisivo è quello degli investimenti in infrastrutture: ambito nel quale, forse, si può e si deve fare di più. Occorre intervenire nella costruzione delle grandi opere pubbliche e migliorare anche le infrastrutture tecnologiche può generare effetti positivi per l’intero ciclo economico e innescare un percorso di crescita con una prospettiva di lungo periodo. Fuori del Pnrr, invece, occorre agire tempestivamente sul versante fiscale ed è arrivato il momento di avviare un serio piano volto all’abbattimento del carico tributario e mettere in atto un riassetto normativo che semplifichi significativamente il rapporto tra il contribuente e all’amministrazione finanziaria.
Le altre priorità di Unimpresa, illustrate dal vicepresidente Spadafora, sono: il turismo, settore letteralmente massacrato dalla pandemia; il Mezzogiorno, che finora ha ricevuto sussidi, ma ha invece bisogno di un approccio lungimirante; i giovani e l’educazione scolastica; il sostegno alle pmi e al made in Italy; lo snellimento della burocrazia. «Se il governo intende seriamente far rinascere il Paese con queste misure avrà il pieno sostegno e contributo fattivo di Unimpresa» ha detto Spadafora, secondo il quale «È essenziale un governo nel pieno dei suoi poteri per poter gestire questa fase sia per quanto riguarda la pandemia e i relativi provvedimenti in campo sanitario sia per quanto riguarda gli aspetti economici. Dobbiamo sempre considerare che dall’Unione europea sono in arrivo, potenzialmente, fino a 300 miliardi di euro». Secondo il vicepresidente di Unimpresa «l’auspicio è che si riesca rapidamente a risolvere la crisi in atto e che la maggioranza possa allargarsi per assicurare stabilità. L’Italia è il maggior beneficiario dei finanziamenti che arriveranno dall’Unione europea ed il Paese più sostenuto dagli interventi della Bce. Ciò spiega il fatto che dall’estero guardano con grande attenzione a quello che accade nei nostri confini. Tutto questo non deve rappresentare un motivo di frizione, ma deve stimolare tutti gli attori in campo a compiere le scelte migliori, nell’interesse delle famiglie e delle imprese. Il futuro del Paese dipende dalle istituzioni e anche da chi contribuisce, come noi e le altre organizzazioni, a trovare le soluzioni migliori. Dobbiamo puntare, insieme, a invertire due pericolose tendenze italiane: la sostanziale immobilità generazionale e la bassissima remunerazione dello studio. Il nostro non è un Paese per giovani: solo poco più di un quinto della ricchezza in Italia è detenuta da cittadini con meno di 40 anni».