Un nuovo studio basato su osservazioni effettuate con il radiotelescopio MeerKAT ha rivelato ben due radiogalassie giganti, tra gli oggetti singoli più grandi dell’intero universo, in una porzione relativamente piccola del cielo. La scoperta, a cui hanno partecipato ricercatrici e ricercatori dell’INAF, suggerisce che queste galassie siano più comuni del previsto, e apre nuove prospettive per lo studio della formazione ed evoluzione delle galassie nel corso della storia del cosmo.
Solo una piccola frazione di galassie nel cosmo è “attiva”, ovvero ospita un buco nero supermassiccio che non è “a riposo” ma divora il gas interstellare a ritmi sostenuti e rilascia immense quantità di energia. Ancor più rare, tra le galassie attive, sono le radiogalassie, nelle quali si formano anche potenti getti di particelle che schizzano via dal buco nero a velocità prossime a quella della luce, coprendo enormi distanze negli spazi interstellari ed emettendo onde radio in gran quantità. E tra queste, rarissime sono le radiogalassie giganti, i cui getti radio possono raggiungere un’estensione superiore ai due milioni di anni luce.
Eppure, nonostante la presunta scarsità, un nuovo studio guidato da Jacinta Delhaize dell’Università di Cape Town ha trovato ben due radiogalassie giganti in una porzione di cielo pari a solo quattro volte l’area apparente della luna piena.
“Sulla base delle nostre conoscenze attuali sulla densità delle radiogalassie giganti nel cielo, la probabilità di trovarne due in questa regione è estremamente piccola”, spiega Delhaize, prima autrice dell’articolo che illustra la scoperta, pubblicato oggi sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. “Questo significa che le radiogalassie giganti sono probabilmente molto più comuni di quanto pensassimo!”
La scoperta è stata effettuata da un team internazionale a cui hanno partecipato anche ricercatori e ricercatrici dell’INAF nell’ambito del progetto MIGHTEE (MeerKAT International Gigahertz Tiered Extragalactic Exploration), che utilizza il radiotelescopio MeerKAT, una batteria di 64 antenne nel deserto del Karoo, in Sud Africa.
Si tratta di galassie molto speciali, con getti che raggiungono 6,5 milioni di anni luce – circa 62 volte il diametro della nostra galassia, la Via Lattea – e dunque molto più estese della maggior parte delle radiogalassie note. Si pensa che radiogalassie così grandi debbano essere molto antiche. I nuovi dati indicano che devono esistere molte altre radiogalassie giganti simili a queste due, il che è peraltro previsto da alcuni modelli teorici che descrivono la crescita ed evoluzione delle galassie nel tempo.
“Questo scenario è anche supportato dalle proprietà di queste galassie osservate a diverse frequenze”, spiega Ivan Delvecchio, ricercatore presso l’INAF di Milano e co-autore dell’articolo, “informazioni che ad oggi rivelano una scarsa attività di formazione stellare della galassia e del suo buco nero supermassiccio centrale, segno che entrambi questi fenomeni devono essersi affievoliti nel corso del tempo”.
“La radiazione “fossile” tracciata dagli enormi getti radio potrebbe nascondere indizi preziosi per comprendere meglio e ricostruire le varie fasi della lunga vita di queste due galassie”, aggiunge la co-autrice Marisa Brienza, ricercatrice dell’Università di Bologna e associata INAF.
Con una sensibilità senza precedenti all’emissione radio da sorgenti deboli e diffuse quali i getti delle radiogalassie, MeerKAT è riuscito a rilevare la luce fioca proveniente da questi due giganti cosmici, che erano viceversa sfuggiti ad altri radiotelescopi, tra cui il Karl G. Jansky Very Large Array negli Stati Uniti e il Giant Meter-Wave Radio Telescope in India.
La scoperta di questa nuova popolazione di galassie, nascosta dai limiti tecnici dei radiotelescopi delle passate generazioni, permetterà di delineare una comprensione più completa dell’evoluzione delle galassie attraverso la storia dell’universo.
“Risultati come questi dimostrano chiaramente l’importanza di strumenti di ultimissima generazione come MeerKAT nel definire sfide scientifiche sempre nuove per il futuro radiotelescopio trans-continentale SKA”, conclude Isabella Prandoni dell’INAF di Bologna, anche lei co-autrice dell’articolo.
Precursore dello Square Kilometre Array (SKA), MeerKAT prevede una fase di potenziamento: il progetto MeerKAT+, al quale l’INAF si è recentemente unito come partner, che porterà il numero di antenne a 84, per essere gradualmente integrato nella prima fase di SKA. L’inizio della costruzione di SKA, che avrà siti sia in Sud Africa che in Australia, è previsto per il 2021 e continuerà fino al 2027. Le prime osservazioni scientifiche potrebbero iniziare già nel 2023, durante le fasi di collaudo del telescopio.