Indagine CNA sulle aspettative delle imprese: una su quattro teme di chiudere nel 2021

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Una piccola impresa su quattro teme di chiudere nel 2021 se l’attuale stato di difficoltà
dovesse protrarsi nei mesi a venire. A rilevare questa drammatica situazione un’articolata
indagine condotta dal Centro studi CNA tra gli iscritti alla Confederazione dal titolo
“Pensare a un futuro senza Covid. Le aspettative delle imprese per il 2021”.

Quale 2021 prevedono gli imprenditori sotto il profilo economico italiano? Il 74,1% delle
imprese coinvolte nell’indagine immagina che la caduta del prodotto interno lordo
tricolore registrata nel 2020 possa essere recuperata solo parzialmente nel 2021.
Il
23,1%, invece, è ottimista e crede che l’Italia sia in grado di riconquistare rapidamente i
livelli pre-Covid. Giudizi influenzati dal settore operativo delle imprese. I comparti che il
confinamento ha fermato (costruzioni) o ha rallentato in maniera sensibile (dal turismo ai
servizi per la persona) propendono infatti per una visione negativa, occhiali rosa
inforcano in genere quanti operano in aree come i servizi per le imprese, dall’offerta
immateriale e con ampie possibilità di intervenire da remoto.

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Passando dal generale al particolare non cambia, in sostanza, la situazione. A fronte di un
32,9% complessivo di imprese che nel 2021 ritiene di crescere (l’8,7% presume un
incremento sui risultati pre-Covid) o perlomeno di recuperare le perdite accumulate nel
2020 (24,2%), si erge un predominante 67,1% scarsamente o per nulla fiducioso nel breve
periodo. In particolare, il 40,1% delle imprese intervistate, dopo avere accusato un forte
ridimensionamento nel 2020, è convinto che nel 2021 non tornerà ai livelli precedenti. E
il residuo 27% ha addirittura paura di cessare l’attività nei prossimi mesi.

Disaggregando tali dati per settore, la palma dell’ottimismo va al comparto edilizio (il
46,5% è orientato favorevolmente, anche grazie alle speranze riposte nel Superbonus
110% e nelle altre agevolazioni previste per le costruzioni), seguito dal manifatturiero
(36,2%). All’opposto, i settori a più accentuato timore di chiusura sono il turismo (43,5%
del totale), il trasporto (33,3%) e i servizi per la persona (31,7%), comparti dove tre quarti
e più delle imprese hanno subito danni economici gravissimi.

Quali strategie le imprese propongono al governo per uscire dalla crisi? Il ventaglio di
opinioni è divergente, ma grosso modo può raggrupparsi in tre ordini di suggerimenti. Il
36,4% delle imprese che hanno partecipato all’indagine è dell’opinione di continuare
Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa lungo la strada tracciata dal governo, adottando ancora la diversificazione delle zone a seconda della gravità della situazione sanitaria.

Il 35,6% del campione ritiene invece che, a questo punto, le ragioni dell’economia siano
prioritarie e debbano essere evitati nuovi confinamenti. Il 28%, infine, chiede che l’Italia
proceda nel solco degli altri Paesi europei, al fine principale di mantenere invariata la
posizione competitiva nazionale.

Passando dalle strategie alle azioni prioritarie le imprese tendono a compattarsi. Quasi
quattro su cinque (il 78,7%, a essere precisi) ritengono che il governo debba garantire un
adeguato sostegno alle imprese, una sorta di grido di dolore che supera il 90% nei servizi
per le persone e sfiora tale quota nel turismo. Le altre priorità indicate da almeno una
impresa su tre (la domanda prevedeva risposte multiple, ndr) sono gli investimenti in
ricerca e istruzione, un massiccio piano di infrastrutturazione materiale e immateriale, il
sostegno al reddito dei lavoratori.

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