L’Usef, si sa, nacque a Palermo l’8 dicembre del 1970, l’anno nel quale gli svizzeri respinsero con un referendum la proposta di limitare il numero degli stranieri nel paese.
A fare da “levatrice” alla nuova associazione furono gli onorevoli Pompeo Colaianni (il mitico Barbato, comandante partigiano e liberatore di Torino), Mario D’Acquisto (che all’inizio degli ottanta sarà eletto Presidente della Regione Siciliana) e Mario Mazzaglia, in rappresentanza rispettivamente del Partito Comunista, della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista; nonché il dottor Manocchio – indicato dai Valdesi.
La nostra associazione nasce dunque sotto l’egida dell’unità delle più significative correnti ideali, politiche e religiose italiane. Un’unità che purtroppo verrà ben presto archiviata, non solo perché qualche anno prima erano state costituite altre associazioni aventi la medesima missione – come ad esempio: “Siciliani nel mondo”, nata per iniziativa di altri esponenti politici facenti capo alla Democrazia Cristiana – ma anche perché gli stessi socialisti dopo qualche anno costituirono l’istituto “Fernando Santi “.
A pensarci bene, però, c’è da dire che quel “difetto” di nascita, quella vocazione ad avere come stella polare l’unità, è stata forse il segreto della sua crescita e della sua diffusione in quasi tutti i continenti.
Tutto ciò per merito dell’intelligenza, della lungimiranza e della tenacia delle personalità che hanno guidato l’Usef nell’arco della sua esistenza; e anche grazie ai tantissimi dirigenti che hanno operato “sul campo “ in America Latina, in Canada, in Venezuela negli Stati uniti, in Europa e nella lontana Australia.
A guidare l’operato di tutti i collaboratori, sparsi per il mondo e non, vi era la consapevolezza che solo prescindendo dalle appartenenze politiche degli emigrati, e operando d’intesa con le altre associazioni, si potevano difendere meglio gli interessi dei nostri corregionali all’estero.
La scelta del sostantivo siciliani, contenuto nell’acronimo Usef, si è rivelata un’altra intuizione felice dei suoi fondatori perché la forma di associazionismo regionale ha rafforzato e simboleggiato i legami con la Regione di origine mantenendo sempre viva la nostalgia per la propria terra.
Essere stati di conforto alla sofferenza dei nostri emigrati per la separazione dalle famiglie rimaste in Sicilia; averli aiutati ad adattarsi e ad integrarsi nei luoghi di accoglienza; averli sostenuti nel loro desiderio di crescere sia economicamente sia culturalmente – assecondando l’amore per questa nostra terra, eternamente sospesa tra incantesimo e maledizione; sono stati gli altri tratti distintivi del modo di essere e di operare della nostra associazione.
Da questo nostro bagaglio di valori, da una legislazione regionale – un tempo avanzata e invidiata dalle altre regioni – e dalla sensibilità di alcuni comuni sono nate tantissime iniziative.
Il turismo sociale per gli anziani, le colonie per i bambini, i campeggi per gli adolescenti, la gestione dei servizi offerti dalla normativa regionale ai siciliani all’estero, l’istituzione di ambulatori e di presidi medici, la raccolta e la distribuzione di medicinali e attrezzature sanitarie, le iniziative finalizzate a valorizzare l’emigrazione come risorsa, le molte manifestazioni culturali che hanno tenuto vivo il rapporto tra i nostri emigrati e la loro terra d’origine.
Ma l’Usef nei suoi cinquant’anni di attività non si è impegnata solo per rendere meno difficile la vita dei siciliani all’estero, ha anche operato per accogliere gli immigrati che sono arrivati sulle nostre coste dall’Africa e da altri Paesi europei in cerca di fortuna e di una vita migliore.
Organizzando corsi di formazione gratuiti, aiutando tanti di loro ad intraprendere e a trovare un lavoro, garantendo assistenza e favorendo l’accesso ai servizi previsti per chi fugge dalla guerra e dalla povertà.
Purtroppo negli ultimi dieci anni il nostro impegno e la nostra presenza al fianco dei nostri corregionali all’estero, e nei confronti degli immigrati, non è stata così forte come prima; ciò anche a causa di una legislazione regionale superata, di mancanza di risorse per sostenere l’attività delle associazioni e di una politica che sembra avere smarrito la sensibilità e l’attenzione presenti sino a qualche tempo fa.
Ma nonostante tutte queste difficoltà l’Usef non si arrende e continua ad operare, non solo per la tenace volontà dei suoi dirigenti, ma soprattutto per la passione e l’impegno dei responsabili dei circoli all’estero e di centinaia di uomini e donne che danno il loro apporto volontariamente, spesso operando in condizioni difficilissime e in Paesi guidati da governi autoritari protesi a ridurre sempre più gli spazi di democrazia e di libertà. e ad accentuare al contempo la repressione del dissenso e le restrizioni nei confronti delle iniziative delle associazioni.
Davanti a tanta generosità e a tanti sacrifici, alla vigilia di un Natale triste e diverso, caratterizzato dal desiderio degli uomini di tutti i Paese del mondo di tornare a una normalità perduta, penso che le istituzioni regionali e locali, e la politica, prima o poi rinsaviranno e si ricorderanno che il loro dovere è anche quello di pensare ai siciliani residenti all’estero, che sono stati e continuano ad essere gli ambasciatori più genuini dell’isola.
Naturalmente davanti ai continui cambiamenti, ai problemi e alle opportunità che ci mette davanti la globalizzazione, non penso che debbano essere riproposti le politiche e le iniziative concepite agli inizi degli anni ottanta.
Non solo perché allora ad emigrare erano braccianti, contadini, piccoli artigiani, povera gente che lasciavano la Sicilia per sfuggire alla miseria e alle condizioni di arretratezza nelle quali erano costretti a vivere; ma anche perché oggi ad andare via in cerca di un lavoro – e per realizzare le proprie aspirazioni e i propri sogni – sono decine di migliaia di giovani laureati e diplomati.
Poiché mi piace pensare che la Sicilia di oggi è figlia anche degli emigrati e la Sicilia di domani sarà anche figlia degli immigrati auspico, ora è subito, una nuova legge regionale e nuove risorse in grado di rispondere ai bisogni attuali dei figli degli emigrati che vogliono conoscere la terra e la cultura dei loro genitori, di sostenerli nella voglia di intraprendere o di impegnarsi nel campo della ricerca e dell’arte e, nel contempo, di aiutare chi arriva nella nostra terra in cerca di pace e di condizioni di lavoro più umane e dignitose.
Salvatore Bonura