San Cono, la passione di Filippo e il suo "atelier del tempo che fu"

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SAN CONO (CATANIA) – A Filippo girovagare per il paese e per le chiuse del contado in compagnia del suo cagnolino piace moltissimo.

Esplorare i ruderi di campagna con i muri sbrecciati e divorati dal tempo – e i vecchi catoi abbandonati o in procinto di essere ristrutturati, luoghi che (in un tempo non tanto lontano) avevano cullato la fatica di vivere e la gioia di un nuovo inizio – gli dà un piacere ancora più grande.

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Sopra, Filippo nel suo “atelier”. In basso a destra e a sinistra: alcuni scatti del piccolo museo

Nel suo instancabile girovagare Filippo raccoglie di tutto: attrezzi utilizzati nella coltivazione dei campi e nella trasformazione dei prodotti agricoli, utensili per la mietitura, il taglio dell’erba e la ferratura degli animali, oggetti impiegati per la pesatura e la pulitura del grano, per le esigenze quotidiane delle famiglie e per l’arredo delle abitazioni, ceste e tutto ciò che altri ritengono di nessuna utilità.

Una passione, quella di Filippo, che gli è stata trasmessa dal fratello Michele (artefice di un piccolo “Museo del ferroviere”, ospitato per iniziativa del Comune nei locali dell’ex plesso scolastico) e assecondata da decine di amici e compaesani che ogni giorno gli portano qualcosa, arricchendo così la sua già cospicua collezione.

Una passione e un interesse per tutto ciò che ricorda il tempo che fu che gli ha fatto decidere di acquisire e ristrutturare a sue spese un piccolo garage, dove fanno bella mostra di sé ritratti e vecchie fotografie di vita e di personaggi cittadini, un piccolo fercolo con la statuetta di San Cono, il Patrono del paese (che in occasione della festa i ragazzini portano in giro per le strade), aratri a chiodo e a vomero, falci, staffe, testiere, redini, pettorali (oggetti questi utilizzati per la bardatura di cavalli, muli e asini), sponte di carretti, ceste e corde intrecciate (utilizzati per il trasporto di paglia e fieno), batterie di pentole e posate, insomma una miriade di oggetti che richiamano alla memoria usi e costumi della civiltà contadina.

In questo paesino stretto dalle estremità di tre province (Catania, Enna e Caltanissetta) altri, prima di Filippo, si sono cimentati in questa meritoria opera di raccolta delle testimonianze del passato, in particolare la Pro loco, che per iniziativa di Cono Gerbino, storico presidente del sodalizio scomparso purtroppo in questi giorni, parecchi anni fa iniziò a raccogliere strumenti, attrezzi, reperti e oggetti vari di straordinario interesse che è possibile ammirare nei locali (ahimè angusti ) della Pro loco.

Due iniziative e due spazi espositivi che la limitatezza dei locali non può dare né il giusto merito ai protagonisti di questo sforzo encomiabile, né sopratutto valore alle tantissime cose raccolte. Sarebbe utile per un paesino che conta poco meno di tremila abitanti (e che continua a spopolarsi, come documenta il libro di Turi Palidda, a causa dello smantellamento di servizi essenziali e della mancanza di lavoro e di prospettive per giovani laureati e diplomati) che si unificassero gli sforzi e si creasse un unico museo etno-storico da collocare in spazi adeguati, e tali comunque da esaltare e valorizzare il grande patrimonio di strumenti, attrezzi, reperti e oggetti che raccontano il ciclo del lavoro dei campi e di alcuni mestieri artigiani, gli usi e costumi del tempo che fu.

Sappiamo bene che oggi sulle spalle degli amministratori gravano tante incombenze, sappiamo anche che i piccoli Comuni si arrabbattano in mezzo a tante difficoltà economiche, purtroppo però un’iniziativa di questo tipo può essere promossa solo dal sindaco e dall’Amministrazione comunale. Gli unici che possono essere in grado di dare il giusto riconoscimento agli artefici di questi due “miracoli” e individuare i locali per ospitare un museo che possa proporsi come centro di interesse culturale, luogo di memoria e di attrattiva per turisti e visitatori.

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