CATANIA – Le misure del lockdown, adottate per combattere la diffusione del Covid-19, hanno prodotto una riduzione del 50% dell’ampiezza del rumore sismico a livello mondiale nel primo semestre del 2020.
Lo dimostra una ricerca – dal titolo Global quieting of high-frequency seismic noise due to COVID-19 pandemic lockdown measures – pubblicata in questi giorni sulla prestigiosa rivista internazionale Science e frutto di una collaborazione scientifica unica che ha coinvolto 76 ricercatori di 66 istituzioni in 27 paesi.
Lo studio è stato ideato da Thomas Lecocq, sismologo del Royal Observatory of Belgium, che ha condiviso il suo metodo di analisi con la comunità sismologica per facilitare l’analisi dei dati sismici provenienti da tutto il mondo. Tra gli autori dello studio anche il prof. Andrea Cannata, associato di Geofisica della Terra solida del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania.
Sulla base dell’analisi dei dati raccolti da 337 stazioni sismiche installate in tutto il mondo – rilevati principalmente nell’intervallo di tempo tra novembre 2019 e maggio 2020 -, lo studio ha permesso di evidenziare come il rumore sismico si sia ridotto in molti paesi e regioni, mostrando un’”ondata” di attenuazione che, seguendo le tempistiche del lockdown, si muove dalla Cina all’Italia e al resto del mondo.
Numerosi terabyte di dati disponibili – provenienti da reti di monitoraggio sismico di “alto livello” e anche da semplici sensori sismici privati e pubblici condivisi con la comunità scientifica – sono stati reperiti, elaborati e analizzati dal team.
«Il “lockdown sismico” è il risultato delle misure di distanziamento fisico-sociale, della riduzione delle attività economiche e industriali e del calo nel turismo e nei viaggi – spiega il prof. Cannata -. Il periodo di quiete del rumore sismico del 2020 è la riduzione del rumore sismico antropogenico più lunga e più importante mai registrata».
«Tradizionalmente la sismologia si concentra sulla misurazione delle onde sismiche, le vibrazioni che viaggiano attraverso il terreno registrate dai sismometri, che si sviluppano in seguito ai terremoti – aggiunge il docente etneo -. Le registrazioni sismiche provenienti da sorgenti naturali sono tuttavia “sporcate” da vibrazioni ad alta frequenza (simili a “ronzii”) prodotte sulla superficie terrestre dagli esseri umani: attività come camminare, guidare automobili e prendere il treno creano onde sismiche che si propagano nel sottosuolo. Anche le attività industriali e i lavori di edilizia generano onde sismiche registrate dai sismometri».
In base allo studio, verificato che nel 2020 non è stata registrata una riduzione dei terremoti, il calo del “ronzio” sismico antropogenico è stato senza precedenti e, in particolar modo, le più forti riduzioni del rumore sismico sono state riscontrate nelle aree urbane. Ma lo studio ha anche evidenziato significative riduzioni del rumore sismico in sensori collocati in pozzi a centinaia di metri di profondità e nelle aree più remote come nell’Africa subsahariana.
Altro dato significativo dello studio è rappresentato dalla forte corrispondenza tra la riduzione del rumore sismico e i dati sulla mobilità umana ricavati dalle app di navigazione e resi pubblici da Google e Apple.
«Questa correlazione mostra come i dati sismici possano essere utilizzati per il monitoraggio delle attività umane in tempo quasi reale e per quantificare gli effetti dei lockdown e delle riaperture evitando così problematiche legate alla privacy – spiega il prof. Cannata -. Il lockdown, inoltre, ha prodotto diversi effetti ambientali come la riduzione delle emissioni in atmosfera, del traffico e dell’inquinamento acustico che incidono sulla fauna selvatica. Per caratterizzare questo intervallo di tempo è stato coniato il termine “antropausa”. Questa ricerca rappresenta così il primo studio sull’impatto dell’antropausa sulla Terra solida sotto i nostri piedi a scala globale».
«Lo studio, inoltre, ha mostrato le prime evidenze che segnali di terremoti precedentemente nascosti nel rumore sismico sono risultati essere più chiari durante il lockdown – continua il docente -. Questo lavoro stimolerà ulteriori ricerche sul “lockdown sismico” e trovare segnali, precedentemente nascosti, prodotti ad esempio da terremoti e vulcani, sarà un obiettivo chiave delle prossime ricerche scientifiche. Con la crescente urbanizzazione e l’aumento della popolazione a livello globale, infatti, sempre più persone vivranno in aree geologicamente pericolose. Pertanto diventerà più importante che mai caratterizzare il rumore antropogenico che le attività umane generano in modo che i sismologi possano “ascoltare” meglio la Terra, specialmente in ambienti urbani, e monitorare i movimenti del suolo sotto i nostri piedi».