Catania abbraccia Ardita, Di Matteo e Gratteri. Lungo applauso per i magistrati

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CATANIA – Si è svolta ieri pomeriggio, presso il Palazzo della Cultura di Catania, la presentazione del saggio Cosa nostra Spa, edito da Paper First, scritto dal magistrato catanese Sebastiano Ardita. Ad accompagnare l’autore, membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura, alcuni dei protagonisti della lotta alla mafia a livello nazionale: il Consigliere togato del Csm Nino Di Matteo, il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Nicola Morra.

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Con loro il direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni – organizzatore dell’evento, a cui hanno aderito Scorta Civica, Agende Rosse, La città Invisibile, Addiopizzo, Fondazione Giuseppe Fava, Antimafia e Legalità, Memoria e Futuro, ASAEC, CittàInsieme e il quotidiano L’Informazione – e il giornalista Salvo La Rosa, moderatore dell’incontro. Ad introdurre la presentazione i ragazzi dell’Orchestra “Falcone e Borsellino”, mentre letture sono state affidate ai giovani artisti della compagnia teatrale Our Voice.

“La mafia ha due facce, quella militare e quella che riguarda il rapporto con il potere – dice Sebastiano Ardita ai microfoni di Hashtag Siciliaquest’ultima è quella che va contrastata con più attenzione, perché se non si bloccano questi collegamenti la battaglia non può dirsi né vinta né ben affrontata. Da questo punto di vista credo che Catania abbia perso un po’ la speranza, e debba riconquistarla. Questa città non ha perso la sua vivacità culturale, ma questa cultura non è canalizzata verso una coscienza critica che riesca a metterne in luce le oscurità. Il patto tra la mafia e il potere è il cuore della mafia – continua il magistrato – Ed è anche per questo che l’antimafia non può andare al potere: perché dev’essere il cane da guardia del potere”.

“La mafia c’è, esiste, vive tra di noi, anche se vediamo meno sangue per le strade – dice il Procuratore Gratteri – E’ un mostro che si nutre del consenso popolare. Se non uccide è perché corrompe, puntando su un abbassamento generale della morale e dell’etica. La crisi economica, che specialmente in questo periodo ha colpito moltissimo, è un’ulteriore arma nelle mani della criminalità organizzata. Occorre far arrivare i soldi a chi ne ha veramente bisogno, previo controllo da parte delle forze dell’ordine per evitare che evasori totali ricevano benefici economici da parte dello Stato sottraendoli a chi avrebbe diritto. Dobbiamo ridare speranza alla gente – sottolinea il Procuratore – che spesso non denuncia solo perché non sa con chi parlare”.

“Fin quando anche un solo euro di denaro pubblico o privato sarà estorto con violenza o con frode a chi onestamente l’aveva guadagnato, lo Stato avrà il dovere di intervenire  – dice il senatore Nicola Morra – Non dobbiamo smettere di lavorare affinché si creino le condizioni culturali e giuridiche per sconfiggere Cosa nostra, la ‘ndrangheta, la camorra e tutte le mafie esistenti in Italia e all’estero. Mafiare, per usare un modo verbale siciliano, produce danno in chi subisce la mafiosità dell’interlocutore, ma anche in chi si rende protagonista di questi comportamenti, perché i mafiosi sono persone tristi e meschine. Quando lo Stato è debole, quando le Istituzioni latitano – ribadisce il Presidente della Commissione parlamentare Antimafia – è proprio allora che la mafia cerca di sedurti. Questo è ciò che dobbiamo combattere”.

“Catania ha una tendenza pericolosa a tornare a quei tempi in cui, mentre i mafiosi andavano a braccetto con i potentati economici, si diceva che la mafia non c’era, o era soltanto dall’altra parte dell’isola con i corleonesi – ricorda Nino Di Matteo – La frase che Riina diceva spesso ai compari della Commissione nel 1992, riferita da un pentito, era ‘Se noi non avessimo rapporti con la politica e il potere, saremmo una banda di sciacalli’. Questa è la caratteristica di Cosa nostra siciliana, unica organizzazione criminale che è stata in grado di concepire, organizzare ed eseguire centinaia di stragi contro magistrati, poliziotti, sacerdoti, giornalisti, politici. Lo ha fatto perché ha sempre avuto come faro la capacità di intessere rapporti con le istituzioni”.

“Questi concetti sono esemplificati in sentenze definitive come quella sui processi Andreotti e Dell’Utri, o in sentenze di primo grado come quella sulla Trattativa Stato-mafia – continua il magistrato – Quando oggi tanti dicono che lo Stato ha vinto, che Cosa nostra è stata sconfitta, che la parentesi stragista non si ripeterà mai più, forse si accostano con troppa superficialità al problema. Ai giudizi sommari e alla violenza dobbiamo contrapporre il coraggio di esporsi in prima persona – conclude Di Matteo – Soltanto così potremo raggiungere, un giorno, il risultato”.

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