Decreto Semplificazioni, fusse che fusse la vorta bbona!

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Dopo un mese abbondante di rinvii, di tira e molla tra i partiti e dopo un parto lungo e difficile, ha finalmente visto la luce “la madre di tutte le riforme” – così definita dal premier Giuseppe Conte – ovvero il Decreto Semplificazione.

Un provvedimento – concepito dall’Esecutivo con l’obiettivo di rilanciare il Paese dopo il Covid-19 – approvato con la formula “salvo intese“, un modo elegante per dire che ci sono ancora nodi irrisolti, che saranno sciolti prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale non dal Consiglio dei Ministri, ma dalle segreterie dei partiti che compongono la maggioranza.

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Non è la prima volta che nel Belpaese si affrontano i problemi della burocrazia e della corruzione, due palle al piede che anni di norme stratificate non sono riuscite ad attenuare. Nel passato, infatti, sono stati fatti numerosi tentativi per semplificare la vita ai cittadini e alle imprese e per debellare il malaffare.

A questo proposito, senza andare troppo lontano nel tempo, ricordo: il tentativo fatto dall’ultimo Governo Berlusconi, che istituì un dicastero ad hoc, denominato Ministero per la Semplificazione Normativa, affidato al senatore leghista Roberto Calderoli (del quale l’unica cosa che torna alla mente è il falò di enormi scatoloni pieni – a suo dire – di norme obsolete); il Decreto esitato sullo stesso tema nel 2012 dal Governo Monti e, infine, la riforma del Codice degli Appalti approvata dal Governo Renzi nel 2016.

Quindi, se oggi si torna a legiferare su questo tema, vuol dire che i tentativi precedenti non hanno prodotto i risultati auspicati. Considerato che la speranza deve essere l’ultima a morire, vediamo cosa contiene “la madre di tutte le riforme”.

Il Decreto Semplificazione è un documento di quasi 100 pagine per 48 articoli, che contiene sulla carta, è il caso di dire, novità significative in materia di opere pubbliche, edilizia, digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e trasformazione green. Nello specifico, per quando riguarda le opere pubbliche, si propone di sbloccare subito, attraverso il commissariamento, 47 delle 750 opere impantanate nei meandri della burocrazia, concernenti grandi e cruciali infrastrutture capaci di cambiare il volto del Paese.

Tra i cantieri da commissariare ci sono la Gronda, il Tav, il Terzo Valico, l’anello ferroviario di Roma, e così via. Per quanto riguarda Sicilia, le opere per le quali far scattare le procedure veloci sono: per la rete ferroviaria la linea Catania-Palermo-Messina, e la Palermo-Trapani via Milo; per la rete stradale la Catania-Ragusa, la manutenzione dell’autostrada Catania-Palermo, la rete viaria provinciale e, infine, per gli aeroporti la pista di Fontanarossa.

Relativamente alle piccole opere, scatta fino al 31 luglio 2021 la sospensione del Codice degli appalti con lo stop alle gare. Nello specifico viene elevata a 150 mila euro (dai 40 mila attuali) la soglia per l’affidamento diretto, vale a dire senza gara, mentre per gli appalti di importo da 150 mila euro a 5,2 milioni di euro sono previsti tre scaglioni: da 150 mila a 350 mila euro la procedura negoziata impone l’invito di 5 imprese; da 350 mila a 1 milione di euro l’invito di 10 imprese; da 1 milione a 5,2 milioni di euro l’invito di 15 imprese.

Ancora in materia di appalti, sulla questione dei tempi e delle procedure il Decreto Semplificazione prevede che l’affidamento diretto vada conferito entro due mesi, la procedura negoziata vada espletata entro quattro mesi, mentre per le grandi opere l’iter dovrà concludersi entro 6 mesi. Infine, per quando concerne la sindrome della firma da cui sono affetti molti pubblici ufficiali, il Decreto Semplificazione amplia la discrezionalità, limitando il reato a fatti specifici disciplinati dalla legge, riformando il danno erariale (legato al dolo) rendendo così più pericoloso il non fare rispetto al fare.

Considerato che i tanti tentativi fatti – da un secolo a questa parte – non hanno sortito i risultati auspicati, considerato anche che neppure il terremoto è riuscito a sconfiggere la burocrazia, e visto che dopo quattro anni la ricostruzione ad Amatrice e Accumoli non è ancora iniziata, è lecito dubitare di questo ulteriore tentativo del Governo Conte.

Soprattutto perché nel decreto in questione si annuncia un nuovo decreto, che a breve lo semplificherà. Ma nonostante queste perplessità, se penso che a causa del Covid-19 una famiglia italiana su due ha visto ridurre il proprio reddito, un’impresa su tre rischia di chiudere e le prospettive dei giovani di avere un lavoro piuttosto che avvicinarsi si allontanano, mi auguro che questa sia la volta buona. Come diceva qualcuno, insomma: fusse che fusse la vorta bbona!

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