PALERMO – Dopo l’ultimo naufragio in ordine di tempo in seguito al quale la Marina Tunisina ha recuperato nell’area del mare situata tra El Louza (Jebeniana) e Kraten al largo delle isole Kerkennah circa 40 corpi, prosegue la riflessione su come l’Europa dovrebbe affrontare tutto questo, ma soprattutto su chi si dovrebbe assumere le maggiori responsabilità.
Sono, per esempio, migliaia i giovani migranti che i rispettivi genitori non potranno mai piangere perchè dispersi in quello che è ormai noto come “Cimitero Mediteraneo”. Corpi rivendicati da madri coraggio, come quelle che lo scorso dicembre sono state ascoltate ad Agrigento dal procuratore aggiunto, Salvatore Vella, titolare dell’inchiesta sul naufragio di Lampedusa del 7 ottobre. La prima volta che un magistrato li chiama per sentire la loro voce. A riceverle per capire come dare loro sostegno nella ricerca dei loro ragazzi è stato nei mesi scorsi anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per il quale quanto sta accadendo nel nostro mare dovrà chiamare molti alle proprie responsabilità.
«È la normativa europea che produce un genocidio. Se, infatti, non ci fosse questo sistema così carico di vincoli, così proibizionista e negatorio dei diritti umani gli scafisti non esisterebbero».
Un’Europa, quella di cui parla il primo cittadino di Palermo, che non svolge il suo ruolo di riconoscimento e di rispetto dei diritti umani, alimentando coloro che guadagnano sulla vita e sulla morte dei migranti.
«Io ho presentato una denuncia formale alla Corte di Giustizia Europea nei confronti degli stati responsabili di genocidio. La stanno esaminando. Certo è che, quando ci sarà da ripartire le responsabilità, Palermo non dovrà certamente salire sul banco degli imputati».
Altro e acceso il dibattito sul diritto di stare in Europa.
«L’Europa ha codificato che, per avere riconosciuto un diritto, devi rivolgerti a un criminale. Se sei ricco, entri con lo yacht. Tutti gli altri posso affidarsi solo alla fortuna. La maggior parte, però, muore durante la traversata. Morti che dovrebbero essere oggetto di un processo penale se ci fosse un sistema di accoglienza, non esisterebbero neanche le Ong e le navi. Ma per fortuna i cooperanti esistono e salvano le vite».