CATANIA – Ci sono storie che quando le leggi sono un pugno allo stomaco, ti lasciano dentro rabbia e dolore, impotenza e sfiducia.
Perché quando un bambino viene escluso, non accettato, messo di lato sol perché presenta una disabilità capisci che questa società vive ancora di troppa apparenza e poca inclusione. E a mettere da parte questo bambino non sono suoi coetanei – che magari dalla vita hanno ancora molto da imparare: no, sono adulti, coscienti e consapevoli che quel bambino non lo vogliono.
A denunciare questa storia attraverso il nostro giornale è una mamma catanese di un meraviglioso bimbo di 6 anni che rientra nello spettro autistico: al bambino viene negato, da moltissime strutture di Catania e provincia, di poter fare il Grest.
“Mamma perché io non posso stare con gli altri bambini?”.
Una domanda che pesa come un macigno. Alla quale la madre cerca di dare risposta. Alla quale, chi vi scrive, non riesce a dare risposta: perché sono sopraffatta da tanta rabbia e tanto dolore che mantenere la lucidità diventa difficile. Lo so, lo so: un giornalista è sopra le parti e racconta i fatti e le emozioni senza interferire con le proprie emozioni.
Ma se un bambino di sei anni viene escluso dalla società (civile???) come si può rimanere impassibili? Come si può non battersi con tutte le proprie forze. Sperando che questo articolo faccia mortificare e vergognare tutti quelli che il NO a questa mamma e a suo figlio lo hanno detto.
A spiegarci tutti i dettagli del calvario vissuto da qualche anno a questa parte è proprio questa giovane mamma che ha dentro una forza incredibile che le serve anche per affrontare le battaglie del figlio.
Sono la Mamma di un bambino di 6 anni. Mio figlio rientra nello spettro autistico: da anni ormai, grazie allo staff dello studio Parentage, riusciamo a contenere e se io non dicessi alle persone che il bambino ha un’iperattività, agli occhi degli altri apparirebbe solo come un bambino capriccioso e forse viziato.
Come ogni anno in questo periodo vado alla ricerca del grest per il mio bambino, perché mio figlio è prima di tutto un bambino e ha il diritto di vivere una vita senza etichette e di giocare insieme ai suoi coetanei. Ma non appena dico che il bambino è nello spettro autistico nessuna struttura accetta di iscriverlo.
Ho appena concluso la telefonata con una struttura gestita dalle Suore il cui interlocutore mi diceva: “non è che non vogliamo il bambino …ma per lui serve una persona che lo segua quindi dovrebbe pagare il mensile più la persona. Per cui signora devo dirle di no!”
L’anno scorso dopo neanche due settimane di prova me lo hanno consegnato comunicandomi che quello era l’ultimo giorno per lui.
Mio figlio mi chiede perché non può andare al grest, e io senza lasciar trasparire quanto dentro stia morendo per il dolore, rispondo a volte facendo fatica, lo osservo e vedo una persona straordinaria con una diversità che semplicemente lo rende diverso da tutti gli altri.
Diciamo sempre che siamo pronti all’inclusione, ma la realtà è che la diversità ci spaventa e questo fa sì che un bambino, che ha il solo e unico dovere di essere felice, percepisce negli altri un atteggiamento discriminatorio e in quanto Mamma mi sento impotente e arrabbiata allo stesso tempo.
Quando abbiamo avuto la valutazione, sapevo che non sarebbe stato semplice, il bambino a modo suo chiedeva aiuto, ma lo faceva senza mai guardare negli occhi, correva perché non sapeva gestire gli spazi e non parlava. Io ero una Mamma che cercava di aiutarlo e oggi dopo quasi 4 anni, lui è un campione, abbiamo lavorato in sinergia con psicologa, pedagogiste, psicomotricista e maestra riuscendo a ottenere grandi risultati: mai avrei pensato che a un bambino sarebbe stata negata la possibilità di essere libero.
Credo che tutti noi dobbiamo imparare a metterci nei panni degli altri così da poter sentire il dolore che si prova quando tuo figlio sfugge al tuo sguardo, quando ti accorgi che viene deriso dai suoi coetanei perché gioca in modo diverso. Il nostro è un percorso lungo, fatto veramente di grandi ostacoli ma non posso lottare anche per le banalità. Non posso credere che gli venga negato il diritto al gioco. Come me ci sono tante altre Mamme a casa con i figli che a lungo andare rinunciano al proprio lavoro per un solo unico scopo, la felicità del proprio figlio.
Noi viviamo le nostre giornate in macchina, in giro per la città tra la scuola e la terapia, abbiamo veramente poco tempo per tutto il resto, e in estate io vorrei dare al mio bambino la possibilità di sentirsi felice. Vorrei che un giorno guardandosi indietro e pensando alla sua infanzia lui veda solo spensieratezza e non porte sbattute in faccia.
Chiedo scusa per lo sfogo ma se fosse il vostro figlio voi accettereste un NO?