Vorrebbero farci incattivire: ci provano i programmi televisivi in cui si sentono insulti e notizie raccapriccianti; ci provano gli articoli di giornale con teorie sempre nuove che ci fanno guardare con paura chi ci sta vicino; con pseudoscenziati che ci fanno temere che anche un fiore possa diventare contagioso pur di avere il titolo in prima pagina (tranquilli, i fiori resteranno sempre innocui e tra le dimostrazioni più belle della natura); ci provano con messaggi latenti che come una goccia d’acqua scavano dentro di noi. Ed entriamo in un tunnel buio, talmente buio da far male ai nostri occhi. Che hanno bisogno, invece, di luce, di osservare un mondo che può cambiare. Lo so bene, eccome se lo so bene, che raramente si cambia: ma per un giorno, o anche solo il tempo di leggere questo articolo, voglio credere che si possa cambiare. Chi mi da speranza? Un ragazzo di 14 anni che mi ha raccontato la sua quarantena. E le sue parole mi hanno emozionato, mi hanno ispirato, mi hanno dato fiducia e speranza.
Questo quello che ha scritto Pietro Oberto, del IV ginnasio – Liceo Classico della Comunicazione dell’Istituto San Francesco di Sales.
Leggetelo: vi aiuterà a vedere meno buio intorno a voi.
Io sono la sua insegnante, e ne sono assai fiera!
E con oggi sono 48! Quarantotto giorni che non metto il naso fuori di casa. Quarantotto giorni che le uniche persone con le quali ho un contatto fisico sono mia sorella, mio fratello e i miei genitori. Quarantotto giorni che sento i miei nonni solo per telefono e che vedo i miei professori e i miei compagni solo attraverso uno schermo.
Le emozioni che mi hanno accompagnato sono state tante e diverse tra loro. All’inizio siamo stati presi tutti alla sprovvista; si, si sentiva parlare di questo coronavirus, ma era in Cina, – “figuriamoci se arriva da noi” – ci dicevamo. Lo abbiamo accolto con tantissima confusione, impreparati e impauriti. Il numero dei contagiati, e soprattutto quello dei morti, cresceva di giorno in giorno, sentivo parlare i miei e avvertivo la loro preoccupazione: come fare a non avere paura? Ascoltavo la tv e le restrizioni si facevano sempre più pesanti, fino all’annuncio del Presidente del Consiglio: l’Italia è in lockdown! Per quanto tempo durerà tutto questo non te lo dice nessuno e così, quello che all’inizio sembrava una follia, una cosa impossibile da vivere e da mettere in pratica, a poco a poco è diventata la nostra nuova “normalità”. E’ diventato normale ritrovarsi sempre tutti insieme a casa, pranzare sempre insieme tutti allo stesso orario, magari guardare qualcosa insieme la sera alla televisione. E’ diventato normale guardare fuori dalla finestra e non vedere nessuno a piedi e solo qualche macchina di tanto in tanto e quelle delle forze dell’ordine; è diventato normale sentire l’elicottero passare sopra il tuo palazzo per controllo. E’ diventato normale vedere uscire i miei raramente e sempre con mascherina e guanti. Tutto normale…
Questa situazione mi ha privato di tantissimo: gli amici, lo sport, le gite, andare a mangiare una pizza; tutte cose che ciascuno di noi dà sempre per scontate, sono lì, le hai sempre fatte e sempre le farai… E adesso, doversene privare mi ha fatto guardare tutto con occhi diversi: che desiderio ho di una partita a basket, di uscire per andare a mangiare un gelato, per incontrarmi con i miei amici, per andare a comprare un paio di scarpe nuove o, semplicemente, per uscire!
Mi ha fatto capire che sono un ragazzo molto fortunato: posso ritagliarmi i miei spazi in casa, ho il mio tablet e il mio pc per studiare o per giocare da non condividere con nessuno; una famiglia che mi permette di vivere serenamente. Purtroppo non è per tutti così.
Anche il nuovo modo di studiare, la didattica a distanza, è entrata a far parte della nostra nuova normalità. Onestamente, quale studente al primo annuncio di Conte che chiudeva le scuole non è stato felice? Io si. E all’inizio era tutto una bella novità: la piattaforma online, le video lezioni, i test.
I nostri professori stanno facendo i salti mortali per starci accanto, per fare in modo che nessuno di noi si lasci andare preso dalla noia dei giorni tutti uguali e dello stare chiusi a casa, per far in modo di farci sentire responsabili. E non parlo solo di didattica, quella non manca; parlo piuttosto dello starci accanto umanamente. E’ bellissimo sentire il prof. che desidera “solo” scambiare due chiacchiere, che fa in modo di farci scherzare tra di noi, di farci sentire più leggeri. La scuola, secondo me, non è didattica a distanza; la scuola è incontrare i propri compagni, ascoltare le lezioni spiegate dai professori di persona, è rapporto umano. Ogni aspetto della vita è rapporto umano.
La vita non è online.