Quella casa felice dove gli anziani incontrano i loro figli grazie alla rete

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GIARRATANA (RAGUSA) – Nonna Giuseppina ha novantotto anni ma con lo smartphone se la cava mica male. Anzi, dopo che gli operatori della Casa di Riposo Madre Teresa di Calcutta, dove risiede da qualche tempo, l’hanno introdotta al magico mondo delle video-chiamate, l’incontro da remoto con la figlia è diventato un’abitudine irrinunciabile.

“Fa tre video-chiamate la settimana, a volte anche quattro – racconta orgoglioso Luca Campisi, vicepresidente della Cooperativa Sociale Metauropa, che con il Consorzio Sol.Co gestisce la struttura – del resto la sua agenda è molto piena: ogni giorno partecipa alle attività, dialoga con le sue amiche, supervisiona la sala comune dov’è una presenza fissa. Quando scatta l’ora della chiamata, però, non vuole essere disturbata da nessuno”.

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Ma nonna Giuseppina non è la sola ad avere scoperto le meraviglie della tecnologia. Dall’inizio della quarantena dovuta al coronavirus, infatti, alla “Madre Teresa” le video-chiamate via Skype e WhatsApp con i parenti sono diventate una realtà quotidiana. “Tre settimane fa siamo stati costretti a sospendere le visite, come da Decreto governativo – racconta Campisi – Per mantenere il contatto con i familiari, che per i nostri ospiti sono un grande conforto, abbiamo pensato a questo strumento.  E siamo rimasti sorpresi dal risultato”.

Gli ospiti della casa di riposo – trenta in tutto, ottant’anni l’età media – hanno reagito più che bene all’esperimento. “L’approccio con le nuove tecnologie è stato complicato ma divertente – sorride il vicepresidente – Nei primi giorni qualcuno guardava dietro il cellulare, lo scrutava cercando di capire come facessero i familiari ad essere entrati in quella piccola scatola magica. Ma adesso sono tutti molto felici di riuscire a vedere quotidianamente i propri cari, e si stanno abituando a questa modalità”.

Una riprova che la tecnologia, se usate con accortezza, può fare del gran bene. Ma alla “Madre Teresa” non si fanno solo video-chiamate. “Questa è solo una delle iniziative che svolgiamo ogni giorno all’interno della nostra struttura – dice Campisi – Durante la settimana, dal lunedì al sabato, svolgiamo laboratori manuali che spesso consistono in un ritorno alle tradizioni, dall’impastare la pasta, il pane, i biscotti, ai laboratori artistici di pittura e cucito. Tutte attività che i nostri anziani svolgono molto volentieri”.

E che in un periodo delicato come la quarantena sono particolarmente importanti. Certo per realizzarle serve grande impegno: “Abbiamo rafforzato i turni, arrivando quasi a raddoppiarli – conferma il vicepresidente della cooperativa – Naturalmente ci costa un grande sacrificio, visto che non vogliamo affidarci a personale esterno, per ovvie ragioni di sicurezza. Ma la soddisfazione di riuscire a garantire un buon servizio, di non far sentire mai queste persone superflue e sole, ci ripaga di tutto”.

Proprio nella difficoltà si vede l’approccio “umanistico” tipico della cooperazione. “Il nostro modus operandi non viene dal nulla – dice Campisi – la cooperazione non è un’impresa come le altre, qui non si inseguono i numeri e il profitto ma si cresce insieme coltivando valori. E’ quello che cerchiamo di fare in tutte le nostre attività: dal 2017 facciamo parte del Consorzio Sol.Co, dal 2019 siamo centro di prossimità della Fondazione Ebbene. E questo background cerchiamo di metterlo in pratica in ogni settore”.

Metaeuropa, infatti, non si occupa soltanto di anziani. Tra gli ambiti di intervento della cooperativa, fondata nel 2016 a Vittoria, ci sono il contrasto alla povertà e gli interventi socio-sanitari, con particolare attenzione a minori e giovani, famiglie e disabili. “Ci occupiamo della famiglia a trecentosessanta gradi – riassume Campisi – senza fermarci all’assistenza fisica dei nostri ospiti. Per questo, in un momento così particolare, abbiamo deciso di non fermarci e metterci in gioco ancora di più”.

Un approccio di cui si sente il bisogno, nel momento in cui centinaia di morti giornaliere per coronavirus vengono derubricare con un cinico “sono soltanto anziani”. “Mi dispiace, non ci sto – si infervora il vicepresidente – gli anziani non sono soltanto anziani, sono bacini indispensabili di conoscenze, di esperienze, di valori. Sopratutto sono persone, che potrebbero essere i nonni di ciascuno di noi. Penso che non ci sia niente di più dolce di questo affetto, che ben conosce chi vive o ha vissuto con i nonni”.

“Inoltre bisogna ricordare che tutti noi, un giorno, saremo come loro – conclude Campisi – Chi oggi tratta con superficialità la terza età non ricorda che prima o poi ne farà parte. Qualcuno diceva: Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Penso che queste parole siano particolarmente importanti, oggi più che mai”.

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