MAZARA DEL VALLO – C’è un virus cattivo che si insinua nelle case, avvelena i cuori, distrugge le famiglie. Ma è un virus che non fa notizia, che non trova spazio sui giornali e in televisione, sopratutto in questi giorni monopolizzati (comprensibilmente) dalla pandemia di Covid-19. Eppure la violenza di genere esiste, e fa vittime. Tante. Troppe. Tutti i giorni.
Per fortuna c’è chi se ne occupa, anche in un momento difficile come questo. Come la Cooperativa Sociale Alma di Mazara del Vallo, che in questi giorni ha lanciato il progetto “Vuci di fimmina” per il sostegno psicologico alle donne vittime di violenza, costrette a rimanere in quarantena con i loro carnefici. Vivendo situazioni drammatiche, anzi non vivendo affatto, nell’indifferenza generale. Come se la paura del virus si fosse mangiata tutte le altre paure.
“In questo momento tutta l’attenzione è rivolta all’emergenza sanitaria, che è percepita come pericolo da tutti – conferma ai microfoni di Hashtag Sicilia la psicologa Ivana Calamia, presidente della Cooperativa Alma – il pericolo della violenza di genere, invece, non è percepito come immediato, mentre in realtà lo è. Se non lo si percepisce, se sono calate le denunce, è semplicemente perché le vittime sono chiuse in casa con i loro aguzzini, e non hanno la possibilità di difendersi”.
Per questo la dottoressa Calamia, insieme agli altri soci della cooperativa, ha deciso di avviare il servizio telefonico, rispondendo personalmente al numero 350 5844213 dalle 8 alle 23, e in modalità messagistica 24 ore su 24. Con la possibilità di fornire il consulto in diverse lingue, grazie alla disponibilità di interpreti rumeni, russi e tunisini. E le prime chiamate non hanno tardato ad arrivare: “Al momento sono sopratutto donne che già in passato avevano denunciato – spiega la dottoressa Calamia – o che avevano già intrapreso un percorso di recupero con noi. Ma abbiamo ricevuto anche diverse chiamate mute, segno che ci sono donne che hanno percepito il pericolo ma non trovano il coraggio di fare il grande passo”.
La consueta paura della denuncia, infatti, è amplificata dall’idea che in periodo di quarantena nessuno la ascolti. Ma non è così: gli uffici giudiziari sono aperti, le forze dell’ordine continuano a lavorare e i centri anti-violenza sono attivi: “Come dicevo c’è la difficoltà che in questo momento le vittime sono chiuse in casa, e non possono farsi sentire – ammette la presidente della Cooperativa Alma – per questo abbiamo voluto adottare anche la linea WhatsApp, perché può essere più semplice inviare un messaggio che chiamare. Ma soprattutto è importante che nessuno si volti dall’altra parte. Cittadini, parenti, amici devono farsi sentinelle attive e cercare di interpretare le grida come anche il silenzio. Saper cogliere il rischio nelle situazioni, insomma”.
Perché in agguato, in questo periodo di quarantena, non c’è soltanto la violenza fisica. “Noi ci offriamo di gestire situazioni di conflittualità a 360 gradi – sottolinea la psicologa – abbracciando anche nuclei familiari che non necessariamente vivono situazioni gravi. Persino la persona più equilibrata, in un momento come questo, può avere sbandamenti morali, con un aumento di stress, di conflittualità, di nervosismo. La socialità forzata e dall’altra parte l’esilio relazionale possono mutare la struttura della personalità, e aumentare i rischi latenti insiti nella coppia. Noi possiamo offrire sostegno anche a queste persone”.
Al di là del periodo particolare, poi, resta molta strada da fare nella lotta alla violenza di genere, nella nostra Regione come nel nostro Paese. “Culturalmente siamo ancora incastrati in un codice prettamente maschilista e patriarcale – dice la dottoressa Calamia – per fortuna ci sono tantissime donne che riescono a pensare con la propria testa, comprendendo che con lo studio, il lavoro e il coraggio possono affrancarsi da qualunque prigione. Perché ogni persona ha diritto a scegliere la propria strada e perseguire la propria realizzazione – conclude – senza che nessuno glielo impedisca per il solo fatto di essere nata donna anziché uomo“.