Corononavirus, non diamoci martellate sulle p**** e torniamo alla normalità

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È vero, siamo di fronte a un virus sconosciuto, per il quale non è stato ancora trovato un vaccino, e quindi occorre mettere in campo tutte le azioni adeguate per far fronte a questo tipo di emergenza. È giusto non sottovalutare né banalizzare il profilo del rischio, ma è altrettanto giusto evitare reazioni sganciate da lucidità, competenza e responsabilità, come quelle che si stanno registrando nei confronti degli italiani in alcune nazioni.

Vietare l’attracco due volte a una nave da crociera italiana, con 4.500 passeggeri e 1.600 membri dell’equipaggio, prima nel porto di Ocho Rios, in Giamaica, e poi in quello di Georgetown, alle isole Cayman; evitare qualsiasi ingresso dall’Italia come hanno deciso le autorità delle Isole Seychelles e dell’Iraq; cancellare o sospendere i collegamenti aerei con il nostro Paese da parte del Kuwait e della Giordania; sconsigliare i viaggi in Italia come hanno fatto Russia e Turchia; cancellare i programmi di studio in Toscana, come hanno deciso cinque università americane o imporre la quarantena ai viaggiatori provenienti dalle zone focolaio di Lombardia e Veneto, tutte queste mi sembrano reazioni assolutamente esagerate, dettate non dalla ragione, ma dal panico.

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Quelli che si stanno comportando meglio, a parte alcune nazioni confinanti, sono Cipro, dove per entrare è sufficiente compilare un foglio informativo, e gli Stati Uniti, i quali nell’elenco degli appestati, in una scala da uno a quattro, ci hanno attribuito il rischio uno, mentre alla Cina gli hanno attribuito il rischio quattro. Questa sorta di caccia all’Italia e agli italiani, purtroppo, avrà conseguenze devastanti per il sistema economico del nostro Paese. A creare questo clima di caccia all’untore hanno contribuito non poco: una comunicazione ansiogena, con in testa quella pubblica; scontri istituzionali tra Governo centrale e Giunte regionali; scienziati che si rimbeccano pubblicamente l’un con l’altro; accaparramenti di generi alimentari, e non solo, del tutto insensati; una debole capacità di gestire l’emergenza; l’immagine (che ha fatto il giro del mondo) di alcuni parlamentari che si sono presentati in aula con la mascherina, dimenticando il fatto che chi siede in Parlamento deve dare esempio di serietà e calma. Ultimo ma non per importanza, il selfie da psicosi del presidente della Lombardia.

Tutto ciò va cancellato immediatamente, adottando urgentemente misure che tranquillizzino gli italiani e il mondo, altrimenti il nostro sistema economico pagherà un prezzo talmente elevato dal quale non sarà facile venir fuori in tempi brevi. L’isteria collettiva sta già avendo conseguenze sui mercati, sugli investimenti, sulla produzione e sull’export. Evitiamo quindi clamorosi autogol, come quello del presidente della Regione Siciliana che chiede ai cittadini del Nord di non venire, di rinviare il loro arrivo in Sicilia, non solo perché il virus può arrivare nell’isola attraverso altri canali, ma soprattutto perché atteggiamenti di questo tipo danneggiano ulteriormente il turismo e contribuiscono ad isolare il nostro Paese nel mondo.

Smettiamola di presentare ogni giorno bollettini di guerra e accogliamo il suggerimento del direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, il quale chiede che si comunichino “solo i casi di coronavirus clinicamente rilevanti, ovvero i casi clinici di pazienti in rianimazione o morti, come avviene negli altri Paesi del mondo”. Dimostriamo con i fatti che siamo un Paese forte, bloccando subito quel continuo flusso di notizie sull’infezione che ha creato una vera e propria ossessione collettiva. Adottiamo subito misure a sostegno del reddito dei lavoratori, di indennizzo delle imprese e di rilancio dell’economia, dicendo hic et nunc dove prendere i soldi per evitare che finisca come è finita con i terremotati che aspettano ancora gli indennizzi.

Mostriamo unità, senso di responsabilità, competenza, lucidità e, nel contempo, rilanciamo l’immagine dell’Italia nel mondo. Ritornando a popolare strade, piazze e tutti i luoghi di aggregazione, a riaprire chiese, musei, bar, scuole, università. Insomma non abbassiamo la guardia rispetto al virus, ma ritorniamo alla normalità perché in un Paese dove la vita procede tranquillamente la gente potrà venire senza remore, mentre da un Paese in preda al panico – comprensibilmente – cercherà di stare il più lontano possibile.

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