SICILIA – In Sicilia arriva l’1% delle risorse europee del Programma Quadro per la Ricerca destinate all’Italia, cioè 7 milioni di Euro dei 700 milioni complessivi l’anno, che corrispondono poi al 7-8 % delle intere risorse che vengono ripartite tra i diversi Paesi europei pari a circa 100 miliardi di euro.
“É poco! ma l’Italia ha un problema di partecipazione, in termini di investimenti e di ricercatori attrezzati e riconosciuti a livello internazionale” ha commentato Alessandro Damiani, presidente APRE (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea), nel corso dell’incontro organizzato dalla FLC CGIL Catania, in vista della nuova programmazione settennale del Programma Quadro per la Ricerca, con al centro le proposte contenute nel Quaderno della rivista Articolo33 “La Ricerca Europea Trova il Mondo”, realizzato dalla FLC CGIL nazionale, curato da Edizioni Conoscenza.
“In un clima di competitività – ha aggiunto – in cui vince chi investe di più è importante che l’Italia rafforzi la sua capacità di ricerca, le strutture, i poli di eccellenza che pure ci sono, anche in Sicilia, per poter contare su più consistenti risorse”. “La ricerca europea può svolgere un ruolo per lo sviluppo di realtà periferiche come la Sicilia – ha esordito Tino Renda, segretario generale FLC CGIL Catania – Emerge una necessità anche di fare tesoro e di capitalizzare le esperienze e le competenze senza disperderle. Siamo di fronte a un drammatico impoverimento del capitale sociale del Mezzogiorno”.
Nell’ambito del precedente programma “Horizon 2020”, (dati dell’ERC- Enti di ricerca) negli ultimi 5 anni, dal 2014 al 2019, l’Italia si è aggiudicata 3,15 miliardi di euro per progetti di ricerca e innovazione posizionandosi al 5° posto tra i Paesi europei. Quasi il 65% dei finanziamenti arrivati in Italia (oltre 2 miliardi) è andato in 4 regioni: Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. La Sicilia, con 107 partecipazioni a progetti ha recuperato solo 32 milioni. A livello di provinciale, sono riuscite a racimolare Ragusa (290 mila euro) e Siracusa (270 mila), ancora meno Catania.
Per quanto riguarda l’università, su 740 mln di fondi “Horizon 2020”, la Sicilia ha recuperato solo 10 mln perché sono stati presentati pochi progetti: UniPa 6 mln, UniCt 3,5 mln, briciole per Enna e Messina.
Sulle proposte sono intervenuti Alberto Silvani, delegato italiano (EvalNet), Daniela Palma, ricercatrice ENEA, Stefano Ciccone, Università di Roma Tor Vergata. Dopo i saluti del rettore Francesco Priolo, l’assessore Alessandro Porto, Adriano Rizza, segretario generale FLC CGIL Sicilia, Rosaria Leonardi, segreteria CGIL Catania, sono intervenuti: Salvatore Baglìo delegato del Rettore, che ha parlato di nuova fase per l’ateneo catanese, Francesco Attaguile, già referente a Bruxelles del Programma europeo per la Regione Siciliana, ha puntato sull’importanza delle infrastrutture per sviluppare il territorio; per Santo Gammino, direttore Laboratori Nazionale del Sud – INFN di Catania, Paolo Rapisarda, direttore Crea OFA, Acireale (CT), Guglielmo Fortunato, direttore IMM CNR Catania, c’è la necessità non solo di parlare di innovazione ma anche di ricerca di base; Giovanni Grasso, direttore Confindustria Catania, ha riferito dei quattro pilastri su cui si muove l’ente: ecosistemi di imprese e integrazione; finanza per la crescita; capitale umano; nuova imprenditorialità. Andrea Milazzo, segretario CNA Catania ha sottolineato le criticità sulla capacità del territorio di attrarre risorse
“Ci sono punti eccellenza in Sicilia su cui intervenire– ha commentato Damiani – penso ai settori Energia, Tecnologie dell’Informazione e delle Telecomunicazioni o la Biomedicina, dove ci sono delle competenze che possono essere utilizzate meglio, rafforzando la capacità di produzione e di conoscenza”.