La “saga” di Riscossione in un libro. Fiumefreddo: “Ecco perché in Sicilia pagano solo i poveri”

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CATANIA – Auto di lusso parcheggiate nei “bassi” di quartieri popolari. Aerei da milioni di euro intestati a pensionate incolpevoli. Flotte di imbarcazioni acquistate in leasing, gloria e vanto dei porti turistici siciliani. E nessuno che riesca a far pagare le tasse su tutto questo ben di Dio. Anzi, nessuno che ci provi.

È una Sicilia che alterna commedia e tragedia quella descritta da Antonio Fiumefreddo nel suo ultimo libro “Pagano solo i poveri. Il patto criminale”, Europa Edizioni, dedicato all’esperienza del penalista catanese alla guida di Riscossione Sicilia dal 2015 al 2017. E parlando di commedia e tragedia, non poteva essere che il decano del teatro etneo Tuccio Musumeci ad accompagnare la presentazione, tenutasi ieri pomeriggio al SAL – Spazio Avanzamento Lavori di Catania, di fronte ad un vasto pubblico.

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Pagano solo i poveri, appunto. “Con poveri intendo tutti coloro che non hanno amici importanti da ‘disturbare’ – dice Fiumefreddo – quelli che per anni ho visto fare la fila agli sportelli di Riscossione per pagare le tasse, anche a costo di grandi sacrifici. Ma c’è anche chi potrebbe pagare e non paga, affossando il destino dell’intera comunità”. L’ex amministratore snocciola numeri impressionanti a sostegno della sua tesi: “Il piano di infrastrutturazione della Sicilia, una sorta di libro dei sogni che abbiamo presentato in Europa, costa 24 miliardi – spiega – Lo Stato italiano ne ha messi tre, gli altri sono da reperire. Ogni anno noi perdiamo circa cinque miliardi di euro di tasse non riscosse. Significa che in appena cinque anni potremmo colmare il nostro gap di decenni, se non ci fossero i furbi e i disonesti”.

Quanto furbi, quanto disonesti, lo dice il lavoro avviato dall’avvocato sin dal suo insediamento. Controlli a tappeto su auto di grossa cilindrata, velivoli e imbarcazioni per verificare eventuali anomalie. “Il caso emblematico è quello di un aereo da dodici milioni di euro che trovammo in un hangar a Fontanarossa – racconta sorridendo – intestato ad una ultraottuagenaria di Maletto che probabilmente in vita sua non aveva preso nemmeno l’aereo di linea. La cosa grave è che nessuno se ne fosse accorto. Come nessuno si era accorto del trattamento di favore che veniva riservato ai deputati regionali”.

Si entra nel capitolo più noto della vicenda di Fiumefreddo a Riscossione, oggetto dell’attenzione delle televisioni e dei media nazionali. “C’era una regola non scritta per la quale i deputati regionali non venivano perseguiti dalla società – ricorda l’avvocato – dovetti firmare personalmente le procedure esecutive nei loro confronti, perché nessuno voleva farlo. Fu una battaglia incredibile, fatta di polemiche quotidiane, convocazioni improvvise, persino espulsioni al grido ‘Questa è casa mia!’. Il patto era stato scoperto, e io dovevo pagare. Dopo tutte le vicissitudini che ricostruisco nel libro, alla fine fui mandato via con una legge votata dall’Ars a scrutinio segreto, l‘11 di agosto”.

C’è ancora tempo per aneddoti, racconti, riflessioni sui vizi e sulle virtù dei siciliani da parte dell’intramontabile Tuccio, prima della conclusione. Forse, riflette Fiumefreddo, la battaglia a Riscossione è stata tecnicamente persa. “Ma ci sono momenti in cui le battaglie vanno fatte, anche quando sono solo testimonianza – conclude – per dimostrare che è possibile reagire, fare bene, purché il sacrificio non sia soltanto personale, ma diventi lo spunto per accendere le azioni della collettività. Perché alla fine della storia non siano soltanto i poveri a pagare”.

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