La cooperazione nel sud e in Sicilia: incontro con il ministro Provenzano. Idee e soluzioni

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PALERMO – “Siamo soddisfatti dell’incontro avvenuto ieri con il ministro per il Sud e la Coesione territoriale Peppe Provenzano: il rappresentante del governo Conte ha manifestato una spiccata competenza ma anche sensibilità per la questione mezzogiorno e per le istanze che riguardano la Sicilia. Come componenti dell’Alleanza delle cooperative siamo disponibile a ulteriori confronti e soprattutto a collaborare nell’interesse della nostra Regione al fine di poter superare le tante difficoltà che si devono vivere”.

Ad affermarlo sono i responsabili delle cooperative siciliane aderenti all’Alleanza delle Cooperative: sono proprio loro a fornire alcuni dati importanti che riguardano il Mezzogiorno. 

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Il Sud ha una rilevanza molto significativa in termini cooperativi: delle 80 mila cooperative attive in Italia, a fine 2018, circa il 48% sono nelle Regioni del Mezzogiorno, Sud e Isole comprese e registrano la maggiore vitalità; di oltre 4 mila nuove imprese cooperative iscritte nel 2018, la metà sono localizzate nelle Regioni del Mezzogiorno. 

La Sicilia è la seconda regione italiana per presenza cooperativa rispetto al totale delle imprese e il movimento cooperativo in Sicilia rappresenta circa 9.000 imprese, oltre 300.000 soci e 70.000 addetti e produce circa 4 miliardi di euro di fatturato.

Numeri importanti ma non mancano le difficoltà con alcune emergenze da evidenziare: la prima notissima, della quale si parla molto ma non si fa altrettanto: lo spopolamento e la fuga dei giovani. Secondo l’ISTAT dal 2017 al 2065 la popolazione del Mezzogiorno (isole comprese) potrebbe passare da 20,4 a 15,8 milioni, cioè 4,6 milioni di abitanti in meno. Questa diminuzione riguarderà in maniera pressoché totale popolazione in età produttiva, per lo più giovani. In Sicilia 1 milione di abitanti in meno. Questa condizione demografica determina uno scenario insostenibile sotto il profilo sociale ed economico e richiede pertanto una strategia mirata. 

La seconda, meno presente nel dibattito pubblico, è il crollo della coesione sociale: negli anni si è determinato il taglio indiscriminato della spesa statale e regionale per servizi sociali non controbilanciato dall’incasso di tributi da parte delle pubbliche amministrazioni locali. Questo scenario è stato aggravato dal peggioramento delle condizioni economiche e ha determinato condizioni di degrado sociale. La Coesione sociale è però premessa per lo sviluppo perché in sua assenza non potrà esserci l’indispensabile partecipazione attiva dei cittadini ai processi di sviluppo, condizione indispensabile al loro successo. Quindi bisogna: invertire il trend di progressiva riduzione della spesa sociale dal livello centrale; assicurare il prelievo fiscale a livello locale (evasione non di necessità) e assicurare il necessario livello di spesa sociale; a questo tema è strettamente collegato quello del dissesto di molti comuni: è da mantenere alta l’attenzione sui Comuni in dissesto finanziario, sia per prevenire la situazione di dissesto che per intervenire in modo tale da tutelare i crediti vantati delle imprese che forniscono servizi per conto dei Comuni in dissesto, spesso, come quelli sociali, di vitale importanza. Peraltro le cooperative che erogano questi servizi hanno sopportato i ritardi dei pagamenti dei comuni facendo banca per la PA. In tal senso, la nostra proposta mira ad inserire i servizi e gli interventi sociali di cui all’art. 22 della L. 328/2000, tra i “servizi indispensabili”, rispetto ai quali, come noto, vige il divieto di esecuzione forzata sulle somme destinate al loro svolgimento.). 

Su questo pende una proposta specifica già presentata al Governo nazionale.

Innanzitutto innovazione: la quarta rivoluzione industriale rischia di allargare il divario tra nord e sud del Paese. Ma se opportunamente valorizzata la trasformazione digitale può offrire al contrario una straordinaria opportunità per frenare la dinamica della migrazione delle giovani intelligenze. In tal senso occorrerebbe una strategia capace di mettere in rete Stato, Regione, Università, Centri di Ricerca e imprese per favorire l’insediamento in Sicilia di unità delle grandi multinazionali tecnologiche dentro un progetto teso allo sviluppo di start up tecnologiche che faccia della Sicilia un punto di riferimento della ricerca e nella produzione di prodotti innovativi; e poi Sviluppo sostenibile e cibo di qualità: il tema della sostenibilità ambientale ha assunto una dimensione economica sempre più significativa. Cresce infatti nel mondo il segmento di mercato fatto da consumatori che vogliono scegliere prodotti realizzati da imprese sostenibili. Nello stesso tempo cresce la consapevolezza della necessità di superare un modello alimentare costruito sulle esigenze dell’industria e della distribuzione che evidenzia sempre più i propri effetti dannosi sulla salute dell’uomo. La Sicilia (e il Mezzogiorno) hanno la possibilità (poca coltura intensiva, caratteristiche pedo-climatiche, peso non eccessivo dell’industria) per caratterizzare un’offerta agroalimentare sostenibile e di qualità da promuovere nel mondo per soddisfare questa nuova domanda di mercato. Sul Turismo è strettamente collegata la domanda turistica innovativa che sta crescendo e che chiede storia, identità, cultura, esperienze. La Sicilia ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo centrale in questo settore e le imprese cooperative sono pronte ad ingaggiarsi e ad avviare un confronto mirato con il Governo. E’ chiaro che sviluppare il segmento turistico significa garantire condizioni adeguate di servizi al turista e la capacità di assicurare un adeguato governo del territorio atto a garantire le necessarie condizioni di accoglienza. Rilancio del comparto dell’edilizia attraverso gli investimenti infrastrutturali e sburocratizzazione semplificando i passaggi autorizzatori evitando duplicazioni (in Sicilia si è passati da 150.683 occupati nel settore del 2008 ai 70.467 del 2018, a questi vanno aggiunti quelli dell’indotto). Attivazione di un sistema di rete regionale con circuiti di sviluppo innovativo di filiera nel settore dei beni culturali, attraverso forme societarie cooperative per promuovere nell’Isola nuove micro-PMI. Per quanto riguarda il settore dei beni culturali, la Sicilia possiede infatti un patrimonio culturale e ambientale inestimabile, con tantissimi giacimenti culturali ancora sostanzialmente intatti. Per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio culturale siciliano e la creazione di circuiti di sviluppo innovativo nel settore dei beni culturali in grado di favorire il successo di start-up di imprese culturali, occorre prevedere misure che consentano un agile ed efficace raccordo tra il sistema delle imprese e le amministrazioni statali, regionali, comunali, soprintendenze, organismi ed enti pubblici che abbiano finalità istituzionali specifiche in materia.

“Non abbiamo la presunzione di dire che sia questa la strategia. Questa è quella alla quale noi pensiamo. Ma è certo che occorra una strategia mirata, una stretta collaborazione istituzionale e la concentrazione delle risorse intorno a essa. E’ chiaro che dentro queste strategie devono essere garantite le condizioni in premessa a partire dalla clausola di proporzionalità della spesa in ragione della popolazione (oggi non rispettata). E i fondi europei devono essere aggiuntivi e non sostitutivi rispetto alla spesa ordinaria. Ciò allo scopo di ridurre il divario infrastrutturale e sostenere la spesa sociale. Le infrastrutture non son solo materiali. E parimenti va contestualmente adottata una strategia mirata di contrasto alle imprese irregolari”, dicono i rappresentanti dell’Alleanza delle Cooperative.

Che, infine, dicono che gli specifici strumenti cooperativi da valorizzare nella attuazione delle strategie di rilancio del Mezzogiorno sono: WBO (WORKERS BY OUT), le aziende in crisi che possono essere rilanciate attraverso l’iniziativa dei lavoratori (esempi virtuosi anche nel Mezzogiorno); riutilizzo dei beni confiscati:  emergenza assoluta sia per l’esigenza di affermare la legalità nel libero mercato sia per il messaggio negativo che offre al territorio il fallimento ed il depauperamento delle aziende e dei beni confiscati; Cooperative di comunità: occorre mettere il cittadino delle aree svantaggiate (aree rurali svantaggiate e periferie urbane degradate) al centro del processo di costruzione del proprio futuro

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