Nell’agenda dell’attuale Governo nazionale sono previsti interventi significativi per combattere l’evasione fiscale, per evitare l’aumento delle aliquote IVA, per ridurre il Cuneo fiscale – nella parte riferita ai lavoratori –, per azzerare le rette degli asili nido, per il Sud.
Nello specifico, per quando riguarda il Mezzogiorno, il Governo pensa a un piano di investimenti composto da progetti strategici finalizzati a valorizzare i territori sotto il profilo dell’adeguamento e del potenziamento delle infrastrutture, ma anche il turismo, la cultura, lo sviluppo produttivo, l’ambiente, il lavoro e l’inclusione sociale.
Per farla breve il Governo giallorosso pensa di fare tutte quelle cose che servono per ridurre il divario tra le diverse aree del Paese, anche mettendo in campo una sorta di Banca pubblica per gli investimenti con il compito di sostenere le imprese nel loro percorso di sviluppo.
La strada per arrivare a reperire le risorse necessarie passa però per Bruxelles con la possibilità di non inserire più il co-finanziamento nazionale nel Patto di stabilità interno. Il che – per i non addetti ai lavori – vuol dire non calcolare nel Bilancio dello Stato qualcosa come alcune decine di miliardi che invece, ad oggi, in base alle norme europee vigenti, debbono essere calcolati, riducendo non poco i margini di manovra dei nostri conti pubblici.
Ė una strada certamente stretta, ma può avere uno sbocco perché questo tipo di flessibilità l’Italia l’ha già ottenuta negli ultimi anni dall’Unione europea, sia pure per specifiche esigenze (l’ultima per il dissesto idrogeologico di alcune Regioni colpite da calamità naturali). Ora si tratterà di applicarla in maniera più ampia, ad esempio non solo per le spese co-finanziate, ma anche su quelle per gli investimenti tout court di cui il Sud ha un bisogno vitale, soprattutto nel campo delle infrastrutture.
Avere recuperato la centralità del Mezzogiorno come fattore di crescita per tutto il Paese lo ritengo importante non solo perché rappresenta una discontinuità con le politiche dei governi degli ultimi venticinque anni, ma anche perché si afferma l’interdipendenza economica tra Nord e Sud. Testimoniata da un fatto inconfutabile: per ogni dieci euro investiti nel Mezzogiorno ne ritornano quattro al Nord, sottoforma di domanda aggiuntiva di beni e servizi.
Pertanto, dando per scontato la possibilità di reperire le risorse necessarie attraverso il percorso anzidetto, mi chiedo: quanto tempo occorrerà per avere risultati concreti sul piano dello sviluppo e dell’incremento occupazionale? A mio giudizio non poco (considerato, ad esempio, che nel Belpaese per espletare e assegnare una gara di appalto spesso occorrono tempi biblici) e intanto un’area di oltre 20 milioni di abitanti patisce le pene dell’inferno, a causa di un tasso di di occupazione (45,7%) di oltre 20 punti percentuali inferiore a quello del Nord (68,2 %, dati ISTAT) e di un tasso di disoccupazione più di tre volte superiore a quello del Nord (17,3% a fronte del 5,7%).
Quindi occorre, oltre al Piano di Investimenti annunciato dal governo, un grande Piano per l’Occupazione, incentrato:
a) su una vigorosa immissione di energie fresche e professionalmente preparate nella pubblica amministrazione, nella sanità, nella scuola, nella università e nella ricerca, mediante procedure snelle e veloci (che si concludano in un un arco di tempo di 8-12 mesi), basate su criteri che premiano il merito;
b) su iniziative che sostengano concretamente, non a parole, i giovani che intraprendono. Che non sono pochi, basti pensare che le imprese di under 35 che risultano registrate nei registri camerali nel 2018 sono quasi 600 mila, di cui il 43% circa nel Mezzogiorno, il 20% nel Centro e il 37% nel Nord.
Sapendo che sostenere concretamente chi decide di rischiare in proprio e scommette sul proprio talento, vuol dire:
a) azzerare o ridurre drasticamente per i primi tre anni i contributi previdenziali e assistenziali;
b) favorire l’accesso al credito, sia quello destinato alla gestione che quello per gli investimenti, un obiettivo che si può raggiungere solo sciogliendo il nodo delle garanzie che devono coprire il 100% del finanziamento, mediante l’intervento di un Fondo di Garanzia pubblico e dei Consorzi Fidi;
c) eliminando le lungaggini e le pastoie burocratiche che, oltre a incidere sui costi di avvio dell’impresa, rappresentano anche un muro quasi invalicabile, che spesso scoraggia chi intraprende.
Il Sud e i Giovani non sono quindi una causa persa, né un problema, semmai – se si crede in loro – possono essere una grande opportunità, la soluzione per invertire la tendenza al declino e per innestare una vigorosa ripresa dell’economia.