Un mese fa nessuno avrebbe potuto immaginare la formazione di un Governo sostenuto da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali. Fino al primo settembre Luigi Di Maio (capo politico del M5s) ha cercato di sabotare l’accordo con il PD proponendo punti di programma e posti di governo che i dem non erano assolutamente disponibili ad accettare.
È allora che le pressioni di diversi attori sono diventate decisive. L’intervento più importante è stato quello di Beppe Grillo, fondatore e garante del Movimento, con propositi di chiara “destituzione” in pubblico di Di Maio dal ruolo di capo del M5s. Da parte sua il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sempre con modalità discrete, vedi sotterranee ha fortemente sostenuto Giuseppe Conte e la necessità di istituire il nuovo Governo. I vari leader del PD hanno appoggiato la pressione di Mattarella, sostenuta dalla Commissione europea e persino dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha elogiato apertamente Conte. In breve tutti, incluso il Vaticano, si sono mobilitati per il successo di questa nuova coalizione di governo.
Alla fine è chiaro che i perdenti della partita sono per primi Matteo Salvini – ora emarginato, e probabilmente per molto tempo – ma anche Di Maio nonostante sia stato nominato Ministro degli Affari Esteri (una carica che difficilmente sarà capace di esercitare in maniera apprezzabile date le sue deboli capacità politiche oltre alla sua scarsa conoscenza delle lingue straniere). Gli altri ministri nominati sembrano essere senza dubbio più capaci di quelli del precedente Governo.
Per quanto riguarda il programma, Conte ne ha annunciato uno piuttosto ambizioso che sembra voler discontinuità rispetto a quello dominato da Salvini. Ma questa discontinuità non sembra affrontare le questioni cruciali che pesano sulla situazione economica, sociale e politica del Paese. Innanzitutto, non si vede nulla di concreto per un vero programma di lotta contro le economie sommerse (al nero, neo-schiavitù, evasione fiscale, corruzione, collusione con la criminalità) e quindi per risanare queste attività che pesano oltre il 32% del PIL. E non si vede all’orizzonte alcun programma di prevenzione dei rischi di catastrofi sanitarie-ambientali che minacciano gravemente il Paese e i suoi abitanti meno privilegiati, vedi i lavoratori dei siti colpiti da contaminazioni tossiche molto gravi.
Non si vede nemmeno un programma in grado di creare posti di lavoro per frenare l’emigrazione, che sta aumentando sempre di più e accompagna un declino demografico inquietante. I cittadini italiani registrati con consolati come residenti all’estero sono oltre cinque milioni e a questi si aggiungono quelli che non sono registrati (probabilmente non meno di 500 mila); la maggior parte di loro sono giovani, per buona parte con diplomi universitari e persino dottorati. Nel frattempo da quasi 10 anni l’Italia ha più morti che nascite e la popolazione sta diminuendo.
In breve, il Paese è ancora una volta un Paese di emigrazione, mentre allo stesso tempo ha circa il 9% di stranieri regolari e in piccola parte irregolari spesso ridotti in schiavitù in tutti i tipi di attività e servizi perché inferiorizzati, vedi razzializzati (ciò che voleva accentuare Salvini). C’è quindi da chiedersi: questo nuovo Governo sarà antifascista, antirazzista e antisessista?