Montini e La Pira, le lettere inedite: "Una lunga amicizia tra due uomini attraversati dalla Fede"

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“Ho scritto all’amico Montini: trenta anni di amicizia – e di quale amicizia! – non sono né trenta giorni né trenta mesi: sono una eternità di grazia: perché solo Dio radicò quest’amicizia: la radicò in una comune speranza verso i valori che non tramontano mai”.

Così scriveva, in una lettera del 7 luglio 1954, il sindaco di Firenze Giorgio La Pira a monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI. Un passaggio pregno di affetto e amicizia, sentimenti che attraversano tutte le lettere che i due grandi personaggi si scambiarono nel corso degli anni. Lettere che vedono per la prima volta la luce nel volume “Scrivo all’amico. Carteggio 1930-1963”, appena pubblicato dalle Edizioni Studium nei Quaderni dell’Istituto Paolo VI di Brescia, in collaborazione con la Fondazione Giorgio La Pira e l’Istituto Sangalli per la storia e le culture religiose.
La copertina del libro

 

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Un documento prezioso, il carteggio tra La Pira e Montini, che offre non soltanto uno sguardo inedito sulle personalità e sui rapporti tra due grandi della storia europea, ma anche un ritratto della società italiana in anni cruciali. A spiegarlo ai microfoni di Hashtag Sicilia è Giuseppe Emiliano Bonura, curatore dell’opera insieme a Maria Chiara Rioli: “Questo carteggio ha come limiti temporali il 1930 e il 1963 – spiega Bonura – ma in realtà contiene un grande vuoto. Fino agli anni Cinquanta abbiamo rinvenuto infatti appena una cartolina e una lettera. Dal 1951 in poi la corrispondenza riprende in modo intenso e regolare. Un fatto abbastanza strano, considerando che l’amicizia tra Montini e La Pira risale alla metà degli anni Venti ed era già molto profonda. Un’ipotesi che possiamo avanzare è che per anni poterono frequentarsi di persona e non ebbero necessità di scriversi. Ma risulta comunque improbabile un silenzio così totale”.

Un mistero, insomma, avvolge gli anni “silenti” nel rapporto tra i due. Ma l’arcano potrebbe essere presto svelato: “Papa Francesco ha annunciato, per marzo 2020, l’apertura dell’Archivio Vaticano relativamente al papato di Pio XII – spiega il curatore – Nel 1937 Montini era sostituto alla Segreteria Vaticana, mentre nel ’44 era pro-segretario di Stato. E’ possibile che nella parte dell’Archivio che verrà desecretato possano trovarsi documenti importanti. Tutti sappiamo quali polemiche siano sorte intorno al pontificato di papa Pacelli, che attraversò la Seconda Guerra Mondiale e la dittatura fascista. L’apertura dell’Archivio rappresenta un fatto eccezionale, e va nella direzione di quanto predicato da papa Francesco su una Chiesa che non deve avere paura della storia“.
E a proposito di storia, nel carteggio Montini-La Pira se ne attraversa tanta. E le tematiche che vi si incontrano risultano molto attuali. “Le lettere toccano temi tutt’oggi fondamentali, come il lavoro e la disoccupazione – sottolinea Bonura – il sindaco di Firenze ha una visione fondamentalmente keinesyana – che lo metterà in conflitto con parte della Democrazia Cristiana – e si fa araldo della difesa degli operai, degli ultimi della sua città. Tra il 1952 e il 1953 c’è la minaccia di duemila licenziamenti alla Pignone e alla Richard Ginori. La Pira chiede, anche con espressioni molto forti, che siano salvati questi lavoratori. Supplica l’intercessione del Papa, intrattiene fitti scambi con il Governo. E poi si fa portatore di un’idea rivoluzionaria, quella dei Convegni internazionali per la civiltà e la pace cristiana, che definisce il Concilio delle nazioni“.
Proprio i Convegni rappresentano il lascito più alto di La Pira, la prova di una lungimiranza politica e diplomatica che trova nel Vaticano un ispiratore e un alleato. “In una lettera a Montini, descrivendo i convegni, dirà che essi rappresentano l’infinito valore della persona umana e la vocazione eterna che la definisce – prosegue il curatore – Vengono riuniti rappresentanti diplomatici di Paesi europei ed extraeuropei, che si interrogano su come perseguire questi ideali di pace e di civiltà cristiana. Un’iniziativa diplomatica la cui fitta rete viene tessuta grazie al continuo intervento di Montini, che in quel momento è pro-Segretario di Stato”.
Un rapporto intenso, insomma, quello tra il futuro pontefice e il politico, che tuttavia non rinuncerà mai alla propria onestà intellettuale. Come dimostra un episodio del 1957: “Il Vaticano si è irrigidito sui Convegni, perché il sindaco di Firenze ha concesso il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio per le onoranze funebri del socialista Calamandrei – racconta Bonura – Montini, che vorrebbe intercedere presso Pio XII, chiede una spiegazione. La Pira risponde in modo semplice e disarmante, fornendo prova di grande coerenza, dicendo che stimava umanamente Calamandrei che era stato peraltro suo professore universitario. Non si piega quindi alla reprimenda del Vaticano, mostrando una coerenza morale che va oltre il suo stesso schieramento. Che del resto gli andò sempre stretto, fino a portarlo alle sue dimissioni da sindaco”.

Un documento prezioso, insomma, questo carteggio. Che mostra le affinità e le distanze tra i due grandi personaggi, sin dalla scrittura: ordinata e geometrica quella del presule, agitata e urgente quella del politico (quest’ultimo assistito da una segretaria, Giovanna Antinesca Rabissi Tilli, le cui trascrizioni sono state preziose per i curatori). Ma sopratutto due uomini profondamente attraversati dalla Fede. “Tra La Pira e Montini  c’è un continuo richiamo alla Madonna, allo Spirito Santo, alla spiritualità cristiana. Anche quando assume posizioni non in linea con i vertici vaticani, per lui resta fondamentale restare all’interno della Chiesa, perché sente profondamente di appartenerle”.

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