Tumori: la ricerca di un medico siciliano che rivoluzionerà il mondo scientifico

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MONTREAL (CANADA) –  Per lui è notte fonda quando ci sentiamo per redigere questa intervista: ma un medico, un ricercatore, non conosce orari e se deve portare a termine un lavoro, l’orologio lo mette nel cassetto, gli occhi li lascia fissi sul microscopio e su un foglio di carta scrive numeri e lettere che possono rivoluzionare la vita di pazienti malati e – se tutto va come deve andare – possono permettere ad altre persone di non ammalarsi proprio o di poter gestire una malattia come il cancro con sicuramente meno sofferenze.

Dicevamo, per lui, Goffredo Arena, medico catanese che vive e lavora in Canada, è notte fonda: a Montreal sono le 3 del mattino, ma il dottor Arena non si tira indietro davanti alla nostra intervista. Tra le mani ha una scoperta dal valore inestimabile, frutto di notti insonni, di lampi di genio, di studi approfonditi e di incontri speciali. Ma sopratutto una ricerca che ha scardinato le tenebre che fino ad adesso hanno avvolto questo settore: perché in fondo a un tunnel c’è sempre la luce e adesso pare che questa luce l’abbia trovata proprio il dottor Arena.

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Il dottore Arena da anni propone la teoria dell’ ‘horizontal transfer of malignant traits’, il trasferimento ematico delle caratteristiche di malignità, e in laboratorio studia i meccanismi di ‘trasmissione’. Le vescicole extra cellulari sono delle particelle di dimensioni molto piccole prodotte sia da cellule sane che da cellule tumorali. Contengono proteine, Dna e vari tipi di Rna. Gli studi finora pubblicati avevano già evidenziato un coinvolgimento delle vescicole extra cellulari tumorali nel processo metastatico e avevano dimostrato la loro funzione di ‘facilitatori’ del processo di attecchimento di cellule tumorali circolanti in tessuti di organi a distanza. Mai nessuno però aveva dimostrato che le vescicole extra cellulari prodotte da tumori avevano la capacità di dirottare i meccanismi replicativi e funzionali di cellule sane, tanto da riuscire ad ‘infettarle’ e a trasformarle in ‘copie’ di cellule tumorali.

Questa la spiegazione più tecnica: abbiamo chiesto al dottore Arena di tradurci questa sua importante scoperta che lui ci semplifica così: “Ho scoperto che le metastasi potrebbero e ripeto potrebbero non essere dovute a cellule che migrano nel sangue per invadere altri organi ma invece potrebbero essere dovute a delle vescicole che il tumore produce e che determinano una trasformazione in tumore di cellule contenute in organi a distanza. Come un telecomando che cambia canale, le vescicole prodotte dal tumore sarebbero capaci di cambiare i programmi di cellule sane e dirottarli verso un comportamento maligno”

Questo risultato – aggiunge Arena – fa ipotizzare la possibilità che le vescicole extra cellulari tumorali possano trasferire mutazioni che rendono le cellule trasformate a distanza invisibili al sistema immunitario che dunque non sarebbe in grado di riconoscerle e distruggerle”.  
Lecito chiedere al dottor Goffredo Arena quale l’intuizione giusta:
“Ebbi una intuizione e l’ho seguita: non so se sia la ricerca giusta ma dopo anni di studi e di risultati sempre costanti ora ho bisogno che la comunità scientifica faccia gli esperimenti per confermarne la riproducibilità e stabilire la veridicità delle scoperte. Se i risultati saranno confermati allora la scoperta è rivoluzionaria in quanto cambia completamente l’approccio alla terapia contro i tumori”.
Dunque questa ricerca può davvero rivoluzionare la cura contro il cancro: “Se i risultati sono confermati allora la cura contro i tumori potrebbe effettuarsi con farmaci che prevengono l’azione di queste vescicole bloccando il loro ingresso nelle cellule sane e la loro azione nei vari organi delle cellule colpite”.
Insomma una rivoluzione in atto che, evidenzia Arena, è partita tanti anni fa dalla Sicilia, da qui anche la voglia di tornare in questa terra: “Il desiderio di tornare c’è e ci sarà sempre come quello di continuare questi studi in Sicilia. Questo è uno studio partito dalla Sicilia e vorrei tanto che continuasse e si realizzasse qui. È il frutto di una promessa fatta in questa terra e dunque questo studio appartiene a questa terra”.

 

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