Elezioni europee, "unicuique suum": a ciascuno il suo

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Il risultato delle Elezioni europee – a livello continentale – premia certamente le formazioni politiche “sovraniste”, che passano dal 20,5 al 22,7%, e penalizza sia i Popolari che i partiti che fanno riferimento alla famiglia della Socialdemocrazia europea, ad eccezione di Spagna e Portogallo dove però i socialisti ottengono una brillante vittoria.

IL QUADRO EUROPEO – Ma la vera sorpresa di questa consultazione è il successo dei Verdi che si collocano al secondo posto in Germania, dopo i Cristiano-sociali della Signora Merkel e al terzo posto in Francia, scalzando sia i partiti socialisti, sia l’estrema sinistra. Ottengono ottimi risultati anche in Belgio, Irlanda e Gran Bretagna. In Italia, invece, i Verdi registrano un vero e proprio flop: non superano neppure la soglia di sbarramento del 4%.

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Alla luce del responso delle urne il quadro politico del Parlamento europeo è chiaro: sarà polarizzato tra gruppi favorevoli all’Unione europea e gruppi nazional-populisti più destra estrema. Ma i due poli non si equivalgono: il primo conta su una maggioranza ampia e molto forte, il secondo conta poco più di un quinto dei 751 eurodeputati, il 22,7%, contro il 20,5% di cinque anni fa. Quindi se è vero che l’ondata sovranista non ha rotto gli argini è anche vero che la loro avanzata avrà effetti politici su diversi governi, a partire da quello italiano, sulla loro stabilità e sulla loro agenda politica.

L’ITALIA E L’ASTENSIONE – Nel Belpaese la foto istantanea scattata domenica scorsa, rispetto alle elezioni politiche del 2018, ci offre la seguente immagine: la Lega per Salvini conquista 3.441.000 voti in più; il partito della Meloni cresce di 292.000 voti, perdono invece il M5S che lascia sul campo 6.189.000 voti; Forza Italia che vede calare i propri suffragi di 2.258.000 unità e lo stesso PD che flette di circa 110.000 voti, ma passa in valori percentuali dal 18,8 al 22,7%. La cosa si spiega perché alle politiche del 2018 hanno votato 34 milioni di italiani, mentre alle europee di domenica scorsa sono andati alle urne solo in 27,6 milioni. Vince questa tornata elettorale quindi la Lega, soprattutto perché diventa un partito nazionale che ha il suo centro propulsore al Nord, dove ottiene il 40% voti, ma raggiunge percentuali ragguardevoli anche al Centro, 33,5%, e al Sud e nelle Isole dove sfiora il 23%.

Il primo partito, però, è quello degli astenuti, che superano il 43% e aumentano sia rispetto alle Politiche dell’anno scorso sia rispetto alle europee del 2014. Dal voto esce quindi un mutamento significativo dello scenario politico. Innanzitutto perché si sono rovesciati i rapporti di forza tra i due partiti al governo: la Lega ha oggi più della percentuale che il M5S aveva un anno fa e il M5S ha la stessa percentuale di allora della Lega. Quindi siamo di fronte a un sommovimento importante rispetto al voto del 4 marzo del 2018, un processo che probabilmente non si è ancora fermato ed è foriero di ulteriore instabilità.

L’agenda politica dettata da Salvini domenica notte, mentre era ancora in corso lo scrutinio, mette in fila la Flat tax, il decreto sicurezza, la realizzazione della Tav e il regionalismo differenziato che renderà legge dello Stato la divisione tra Nord e Sud (tutte questioni indigeste ai grillini), è da questo punto di vista una testimonianza eloquente.

LA SITUAZIONE IN SICILIA – Per quando riguarda la Sicilia, rispetto alle elezioni Politiche del 2018, l’affluenza alle urne passa dal 63 al 37%, ma alle europee del 2014 si era attestata al 43%; la Lega passa da 120 mila voti dell’anno scorso agli attuali 319 mila voti, crescendo in valori percentuali dal 5,44 al 20,7%; Fratelli d’Italia con 147 mila voti e il 7,28 per cento si colloca al di sopra del dato del 2018; Il M5S passa da 1.055.015 voti, che gli valsero un 48,8% a 479 mila voti e il 31,18% (ma nonostante i Grillini abbiano perso in Sicilia quasi 20 punti percentuali restano ancora il primo partito); Forza Italia che aveva ottenuto nel 2018 453 mila voti e un 20,65% ottiene 261 mila voti e un 17%; il PD mantiene gli stessi voti – 255 mila delle elezioni politiche dell’anno scorso – ma in valori percentuali passa dall’11,6 al 16,6%; la Sinistra lascia sul campo 43 mila voti passando dal 3 all’1,5%.

I partiti, facendo leva sulla loro proverbiale capacità di cogliere da ogni risultato elettorale l’aspetto a loro più favorevole, cercano di portare acqua al loro mulino. Infatti Di Maio ha attribuito la responsabilità della batosta all’astensionismo. Berlusconi si consola per il suo approdo al parlamento europeo – che a sentir lui – rinverdirà le sue doti di grande mediatore tra Ppe e sovranisti. Zingaretti – mettendo da parte per un momento la sconfitta rimediata in Piemonte – ha festeggiato il sorpasso dei grillini e annunciato il ritorno del bipolarismo. Salvini, ebbro per la messe di preferenze raccolte e per aver pescato nell’astensionismo e tra gli ex elettori grillini e forzisti, si gode la vittoria, frenando i tentativi delle seconde file della Lega che spingono per andare subito all’incasso.

Forse perché è consapevole che la strada che ha davanti non è in discesa, ma in salita, anche a causa dei tanti e difficili problemi che ha il Paese, a cominciare da quelli economici. La politica, sia quella di destra sia quella di sinistra, ha dimenticato da tempo, il tema dello sviluppo del Sud e del divario territoriale, del lavoro e dei diritti dei cittadini meridionali ad avere gli stessi servizi dei cittadini del Centro-Nord.

I dati delle elezioni di domenica scorsa però confermano che il voto del Mezzogiorno – con i suoi tanti astenuti, con i sostenitori del M5S e con coloro i quali sono stati ammaliati dal fascino leghista – rimane quello che deciderà il vincitore delle prossime elezioni politiche. Al PD (incoraggiato anche dal buon risultato ottenuto alle elezioni amministrative e nelle grandi città) che ha dichiarato di voler costruire un campo largo che va oltre la sinistra, diciamo che la strada è lunga e che per avere qualche possibilità di successo deve recuperare affidabilità, concretezza ed avere un progetto che lo colleghi al Paese reale, rispetto al quale appare ancora lontano.

Alla Lega e al suo capitano diciamo che alle prossime politiche per vincere e installarsi al governo dell’Italia non sarà sufficiente occuparsi solo di migranti e girare in lungo e in largo il Paese da capo partito ma occorre – a nostro giudizio – avere idee e proposte concrete in grado di avviare a soluzioni alcuni dei problemi che angustiano gli italiani, in particolare quelli che vivono al Sud.

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