Il partito dell'astensionismo e gli applausi a Mattarella

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di Gaetano Mancini*

Chi c’era ne è rimasto profondamente colpito. Perché l’applauso di oltre tre minuti tributato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dai 1.200 partecipanti all’assemblea di celebrazione dei 100 anni dalla costituzione della Confcooperative – tenutasi lo scorso martedì 13 maggio all’Auditorium della Musica a Roma – sembrava non finire mai. Sono tanti tre minuti di applauso, basta provare a misurarli per rendersene conto.

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Perché questa esplicita e così significativa manifestazione, andata ben al di là del semplice apprezzamento, da parte di una platea così numerosa di persone tra loro differenti per vissuto personale, provenienza geografica, idee politiche ed esperienza settoriale?

Cosa sta alla base di questo consenso così esplicito e marcato e, allo stesso tempo, così unitario e spontaneo?

I tratti distintivi del nostro Presidente della Repubblica non sono certamente quelli di una star, sono piuttosto quelli dell’uomo pacato, sobrio, capace di entrare nel merito dei problemi mantenendo sempre il profilo istituzionale.

E allora viene spontaneo chiedersi: non è che sono proprio quei tratti distintivi che colgono la domanda di una parte del Paese, silenziosa e praticamente maggioritaria, che oggi se ne sta defilata o magari si manifesta solo attraverso il partito dell’astensionismo? Un partito che, lo dicono le elezioni di ieri, vale ormai quasi il 50%, ancor di più nel Mezzogiorno, che forse è il dato politico di maggiore rilevanza e interesse?

Non è che forse questa parte del Paese, pur avendo magari storie e profili ideali diversi, è ben più coesa di quanto si possa immaginare intorno all’esigenza di dare risposta ai problemi, sempre più assillanti, che si trova davanti ogni giorno senza riuscire ad intravedere risposte adeguate? Una maggioranza che non si aggrega e non va a votare, non per la mancanza di una adeguata sigla o di un contenitore politico, ma proprio per l’assenza, appunto, di proposte sobrie e rassicuranti?

Perché il linguaggio e i contenuti messi in campo dal Capo dello Stato sono proprio quelli del buon senso e della responsabilità.

Con i richiami forti al ruolo e alle potenzialità dei corpi intermedi e della cooperazione, sottolineandone, dal proprio osservatorio di garante della Carta fondamentale dello Stato, il ruolo e l’importanza in quanto, appunto, riconosciuti costituzionalmente.

Ma anche con richiami altrettanto forti al senso di responsabilità e alla partecipazione che storicamente i cittadini hanno saputo garantire (anche tramite le forme aggregative) nei momenti più bui e difficili della storia della nostra Repubblica.

Insomma un approccio che richiama i valori sui quali è stato fondato il nostro sistema istituzionale, sociale ed economico e che sprona a rilanciarli, abbandonando le cattive prassi che ne hanno minato l’efficacia e che ci hanno condotti fin qui.

Un approccio che cozza con le teorie dei sistemi fluidi, con la necessità di superamento dell’intermediazione permessa dalla Rete in nome di una finta democrazia che sta mostrando tutti i suoi limiti ed i suoi gradi di pericolosità.

Un profilo distante anni luce dalla politica gridata, quella divisiva, della demonizzazione dell’avversario, quella spesso demagogica alla quale siamo stati costretti ad abituarci in questi ultimi decenni.

Ma se un modello cosi distante dai social, dalle loro manipolazioni, dalle fake news, dagli slogan ingannevoli del “we first”, raccoglie tanto consenso, fino a diventare punto di riferimento, significa che c’è nel Paese tanta capacità di lettura dei fatti e che c’è di conseguenza speranza in un futuro diverso e migliore.

Questa speranza passa però dalla capacità da parte della politica, di qualunque formazione o colore, di leggere questa domanda, di considerare la possibilità che il consenso non debba necessariamente ottenersi attraverso lo scambio assistenziale, che è la pratica antica soprattutto nel Mezzogiorno, o la demagogica promessa di un mondo migliore, pratica altrettanto antica e pericolosa.

Ma che passa anche dalla capacità dei cittadini di assumere consapevolezza del proprio ruolo e della necessità di difendere i propri diritti e le proprie aspettative attraverso un approccio responsabile e proattivo anche attraverso le formazioni intermedie.

E dalla capacità e dal coraggio di essere, in controtendenza, visionari e fiduciosi nel futuro, declinando, in chiave moderna, i valori dei nostri Padri Costituenti, quelli che all’interesse di parte preferirono quello della collettività nella prospettiva di un futuro migliore per chi sarebbe venuto dopo. Anche queste sono forse indicazioni da trarre dalle elezioni di ieri.

* Presidente di Confcooperative Sicilia

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