Dissesto, la voce delle cooperative: "Chiediamo dignità e rispetto perché lo Stato siamo anche noi"

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CATANIA – “Stiamo continuando ad erogare il servizio, ma non sappiamo fino a quando potremo farlo. Dobbiamo delle risposte ai lavoratori che con zelo, responsabilità e amore hanno continuato a lavorare. Non c’è stato un operatore che ci abbia abbandonato, malgrado tanto ritardo negli stipendi. Sarebbe giusto che questo sacrificio venisse ripagato”.

A parlare ai mifcrofoni di Hahstag Sicilia è Agata Rizzo, responsabile della cooperativa sociale ASAR, una delle realtà colpite dal dissesto della città di Catania. Anche lei ha partecipato, questa mattina, al sit-in di sindacati, associazioni e lavoratori che hanno chiesto alle Istituzioni risposte concrete sul futuro della città. Risposte che investono, tra gli altri, centinaia di operatrici e operatori che lavorano per i soggetti più deboli, per esempio con l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione nelle scuole.

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Assistenza che alcuni giorni fa era stata sospesa, salvo essere poi ripristinata per il sollievo di centinaia di famiglie. A restare bloccato, per il momento, è il servizio a domicilio per gli anziani e i portatori di handicap. E sono tanti i pazienti, ma anche i familiari e gli operatori che guardano al futuro con inquietudine, senza sapere quale destino sarà loro riservato. “Siamo qui per far capire allo Stato centrale che deve venirci in aiuto – prosegue la dottoressa Rizzo – aiutando il Comune di Catania che nonostante tutto ci è stato molto vicino, cercando di venirci incontro ove possibile. Ma la situazione è critica, a causa dei fondi bloccati da parte dello Stato e della Regione”.

“Noi vogliamo continuare a lavorare per i nostri pazienti – dice ancora la responsabile della cooperativa ASAR – Sarebbe frustrante, come professionisti, doverli abbandonare dopo tanti anni. Quindi lottiamo perché Catania possa riprendersi, e tornare ad essere la città che è sempre stata. Chiediamo allo Stato di non essere né sordo né cieco, ma di capire che la realtà drammatica che stiamo vivendo. Non molleremo perché amiamo il nostro lavoro, il nostro territorio e i nostri pazienti”.

Un senso del dovere condiviso da molte cooperative. Che però si trovano a fare i conti con una situazione mai vista. “Lavoriamo a Catania dal 1997, e non ci era mai capitato niente del genere – sottolinea Francesco Li Rosi, della cooperativa “Insieme” – Siamo molto preoccupati, perché ad essere saltato, di fatto, è un intero sistema. Il Governo deve intervenire, perché chi doveva sovrintendere non lo ha fatto, ed ora siamo noi a pagare lo scotto. Da cittadino che si occupa anche dei più deboli penso che non sia affatto giusto”.

“Anche noi stiamo vivendo un momento tragico – dice Giuseppe Scionti, presidente della cooperativa “Marianella Garcia” – abbiamo trenta dipendenti che sono in ritardo di undici mesi con lo stipendio. Continuiamo a fornire il nostro servizio, ma la sofferenza è tanta. Non abbiamo certezze, non capiamo più il nostro futuro e ci sentiamo abbandonati. Oggi, nella giornata del ricordo di Giovanni Falcone, vorrei dire che noi rappresentiamo lo Stato nei quartieri a rischio e nelle periferie, seguendo tante persone in difficoltà, evitando che le situazioni degenerino. Per questo chiediamo dignità e rispetto, perché noi siamo lo Stato”. 

A marciare accanto ai cooperatori i vertici di Confcooperative Sicilia, che insieme alle altre associazioni sindacali e datoriali si sono appellati al Presidente della repubblica Sergio Mattarella e al Premier Giuseppe Conte per chiedere un intervento. “Siamo in una situazione di totale emergenza – avverte Gaetano Mancini, Presidente di Confcooperative Sicilia – abbiamo bisogno di un intervento che guardi al di là della città di Catania. E’ chiaro che la città deve dotarsi un piano di riequilibrio rigoroso, che riduca gli sprechi e faccia pagare le tasse. Ma è chiaro anche che nella fase attuale necessiti dell’intervento di Stato e Regione. Noi chiediamo che l’intero arco costituzionale prenda in carico una situazione che sta portando ad una crisi oggettiva del sistema economico-sociale di Catania”.

“La prima scadenza è la restituzione di 66 milioni il 23 di luglio – ricorda il Segretario generale Luciano Venturase entro quel termine non sarà successo niente sarà una tragedia per Catania, perché avverrà il blocco di tutti i pagamenti per almeno sei mesi. La città non farà altro che scivolare in un degrado da cui sarà difficilissimo uscire fuori. Pertanto abbiamo rivolto un appello allo Stato in tutte le sue espressioni, dal Presidente della Repubblica al Premier alla nostra deputazione, affinché attivi quei provvedimenti legislativi che stiamo invocando da almeno un anno e mezzo”.

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