PALERMO – La sicurezza del territorio, un nuovo assetto degli enti intermedi, l’integrazione fra pianificazione territoriale e paesaggistica, la nuova legislazione urbanistica sono alcune delle azioni indispensabili per trarre fuori la Sicilia dal declino al quale già da anni sembra condannata.
Queste indicazioni emergono dal Rapporto sul Territorio 2018 che la sezione siciliana dell’Istituto Nazionale di Urbanistica presieduta dal prof. Paolo La Greca ha appena pubblicato, curandolo insieme al prof. Ignazio Vinci e che verrà presentato alle istituzioni regionali giovedì 28 marzo alle ore 15 alla Sala Gialla di Palazzo dei Normanni a Palermo. Il Rapporto è uno strumento di conoscenza per professionisti, cittadini e, soprattutto, per le istituzioni, ma è anche un’analisi utile per orientare le dinamiche di trasformazione e salvaguardia di uno fra i territori più complessi e insieme straordinari del Paese. Il volume raccoglie in ampie e articolate sezioni tre famiglie di questioni tipiche dell’indagine e dell’azione urbanistica: i fenomeni e le geografie, i piani e le politiche, le questioni del governo del territorio.
Tra gli elementi certamente negativi rilevati dagli urbanisti siciliani c’è il crescente consumo di suolo (secondo in Italia dopo quello della Lombardia che ha il doppio degli abitanti della Sicilia e un PIL in forte crescita al contrario di quello siciliano); la cronica inadeguatezza delle infrastrutture dei trasporti; la insufficiente cura delle parti più pregiate del territorio come quelle costiere dove si concentra la maggior parte del carico antropico (residenze, infrastrutture, attrezzature turistiche) e dove si misura l’incapacità della regione di affrontare in una logica di interesse collettivo la questione dell’abusivismo. Le opportunità sono offerte invece da un territorio rurale ancora troppo poco utilizzato per produzioni di alta qualità, che conserva ambienti incontaminati e un’invidiabile biodiversità; da una diffusa presenza del patrimonio culturale riconosciuto e di quello non ancora socializzato in cui si segnala che i siti Unesco sono quasi tutti esterni ai poli metropolitani.
In questo quadro le aree interne possono diventare il luogo per sperimentare nuovi modelli d’innovazione e competitività̀ invertendo l’immagine di aree-zavorra trascinate dal modello di sviluppo metropolitano. Per questo le politiche di programmazione e pianificazione, da sempre neglette dalla regione siciliana, oggi non possono che diventare centrali e trainanti. La Sicilia è l’unica grande regione d’Italia priva di un proprio provvedimento organico in materia di governo del territorio ed è la sola con una legislazione vecchia di 40 anni (!) e per di più ancora basata sulla legge urbanistica del 1942.
Questo limite non riguarda solo la difficoltà per i comuni di pianificare il proprio territorio, ma quella di occuparsi dell’area vasta – ormai il principale campo d’azione dell’urbanistica – quindi di farsi carico del tema dei rischi (sismico e idrogeologico prima di tutti) e quella di tutelare il paesaggio. L’INU propone un modello, già̀ adottato da molti anni in tante altre regioni italiane, che preveda che l’intero processo di formazione del Piano venga gestito attraverso conferenze di pianificazione secondo le procedure ormai proficuamente applicate, anche nella regione siciliana, per la approvazione dei programmi e progetti di rilevante interesse pubblico.
Il Presidente Paolo La Greca così sintetizza l’auspicio dell’INU: “È una questione indifferibile che, trascendendo l’aspetto proprio della pianificazione urbanistica, assume piena rilevanza sociale se è vero, com’è vero, quanto aveva evidenziato, tanti anni fa, il Sen. Giovanni Campo, indimenticato Presidente dell’Istituto Siciliano, laddove notava che: ‘I Comuni in Sicilia sono una collettività̀ che troppo spesso è stata estraniata dai processi decisionali, troppo spesso esclusa dai momenti di partecipazione alle scelte che la riguardavano: ne è derivato, da parte del cittadino, un atteggiamento di sfiducia nelle istituzioni democratiche che ha accentuato le forme di individualismo, fino a diventare spregio per ogni tipo di regola che imponga un minimo sacrifico al singolo in nome della collettività̀'”.