CATANIA – Sono allarmanti i numeri dell’emergenza abitativa a Catania – ma anche in Sicilia: il 10 per cento della popolazione catanese si trova in gravi difficoltà abitative e a fronte di questo dramma, mancano gli alloggi popolari e manca una vera politica efficace dell’abitare.
Secondo i dati elaborati dai sindacati degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat sulla base delle comunicazioni ministeriali, Catania è la città in cui il numero degli sfratti emessi passa da 39 nel 2016 (seppure il dato a suo tempo fosse sottostimato) a 746, con un aumento vertiginoso del 1.812,82%.
Gli sfratti per morosità sono 692. Il 90% degli sfratti sono causati da morosità incolpevole, dovuta cioè alla perdita o alla diminuzione del reddito delle famiglie a causa della crisi e della perdita del posto di lavoro.
i rappresentanti dei tre sindaci degli inquilini – Giusi Milazzo, Franco Nicolosi e Giuseppe Camarda – a questo punto chiedono al sindaco Pogliese la convocazione urgente di un “tavolo sull’ emergenza abitativa”, ossia uno strumento di concertazione indispensabile sul tema del disagio e del welfare abitativo “per aprire un’ampia interlocuzione con tutte le istituzioni interessate (Comune, Iacp, Prefettura) proprio per pianificare interventi e azioni coordinate tra loro”.
Altri dati dell’emergenza e del disagio parlano chiaro: gli ammessi alla graduatoria del 2015 -non ancora pubblicata- per l’assegnazione di una casa popolare, sono 3989 (Comune di Catania); gli ammessi alle graduatorie per l’assegnazione di un alloggio per famiglie in gravi condizioni socio economiche o soggette a sfratto (l’ attesa dura alcuni anni, per la maggior parte dei richiedenti davvero troppi) sono 950. Sono state presentate circa 500 ulteriori richieste d’inserimento.
Questi i dati rilasciati dal Ministero degli Interni sugli sfratti in Italia per il 2017.
Le richieste di esecuzione sfratti sono pari a 3481 e gli sfratti eseguiti con l’intervento dell’ufficiale giudiziario sono 684 e registrano un aumento pari al 3,32%.
Per i dati relativi a quanto avvenuto nel 2018 si ipotizza una crescita degli sfratti di almeno il 10%.
L’Istat, intanto, segnala un aumento in Sicilia del 270% in dieci anni del ricorso ad alloggi di fortuna.
E poi c’è il paradosso Regione Siciliana: nell’Isola è stato speso appena il 2% dei 5 milioni da assegnare a sostegno dei casi di “morosità incolpevole”; a Catania sarebbero toccati 400 mila euro, ma i fondi non sono mai stati assegnati a causa di una modalità dettata da una norma farraginosa.
“La legge richiede che l’avente diritto sia un licenziato bisognoso di aiuto per la casa, ma nel nostro territorio il vero problema è l’assenza del lavoro più che il licenziamento”, spiegano i tre segretari generali.
Per Sunia, Sicet e Uniat, “le politiche pubbliche che in Sicilia e nel nostro territorio vengono attuate per affrontare il disagio abitativo sono parziali e insufficienti. I motivi non sono del tutto riconducibili alla mancanza di risorse”. Il riferimento è anche all’amministrazione comunale uscente che avrebbe potuto creare ben 550 alloggi con i fondi PON, “ma invece è stata persa occasione un’ importante che oggi difficilmente sarà recuperata a causa del dissesto”.
Milazzo, Nicolosi e Camarda, segnalano di “non volere pensare ad un ‘ipotesi di nuova ghettizzazione delle fasce deboli. Non servono nuove costruzioni, ma il recupero dell’esistente. L’offerta di alloggi pubblici a canone sociale sostenibile per i redditi bassi è residuale, e i canoni del mercato privato continuano ad essere inaccessibili per i redditi bassi. A questa domanda fragile si aggiunge quella dei senza reddito che necessita risposte specifiche”.
I sindacati degli inquilini sottolineano che “l’attenzione alla casa rilancerebbe anche l’occupazione in edilizia. Riteniamo poi che i centri storici allargati delle città , e Catania non fa eccezione, si stanno poi svuotando di abitanti e di funzioni per cui la nuova edilizia sociale va realizzata negli immobili abbandonati e non utilizzati (ospedali caserme ecc.), superando appunto quell’idea del ghetto che tante storture e problemi ha creato sia dal punto di vista urbanistico che sociale. Pensiamo poi che questo sia il momento opportuno per accendere i riflettori su questi temi dato che il Consiglio comunale si appresta a valutare le direttive utili per la redazione del Piano regolatore. In questi anni si sarebbe potuto fare tanto nell’utilizzazione dei fondi comunitari al fine proprio dell’utilizzo per fini sociali del patrimonio dismesso.
Dopo mesi di silenzio in questi giorni si è aperta con l’amministrazione comunale un’interlocuzione seppur parziale legata alla regolamentazione dell’agenzia sociale per la casa; uno strumento che potrebbe essere utile a mitigare il disagio. Ma anche l’Agenzia non sarà in grado se manca un progetto complessivo efficace”.
Il mercato privato dell’affitto è ancora inaccessibile per alcune fasce di popolazione e poco sostenibile, con costi a carico dei locatori che vanno dal 37% al 50%.
Per quanto riguarda infine il patrimonio abitativo pubblico a Catania, oggi l’IACP conta 8160 alloggi; il Comune di Catania ne conta 2380. A fronte di una domanda di alloggi in crescita è prevista la riqualificazione di 96 alloggi nella torre Leone – ex Palazzo di cemento con i fondi del piano città (2013); la realizzazione di 144 alloggi con la riqualificazione delle due torri di Librino (occorreranno almeno tre anni) con i fondi del Pon Metro; la realizzazione da parte dello Iacp di circa 28 alloggi in zona corso indipendenza (fondi Por Fers). Per Sunia, Sicet e Uniat tutto ciò è comunque da considerarsi “una risposta inefficace considerata la quantità della domanda”.