CATANIA – Oltre 135 mila ricoveri con un tasso di mortalità del 10%. Sono ancora importanti i numeri dellepolmoniti in Italia, numeri più alti rispetto al resto d’Europa che interessano soprattutto 2 fasce d’età: i bambini e gli anziani. Anche per questo è fondamentale l’aggiornamento sulle nuove molecole antinfettive e sui nuovi antibiotici. Di questo e molto altro si è parlato in un congresso che si è tenuto a Catania, con il coordinamento del dott. Carmelo Iacobello, dedicato proprio all’aggiornamento su quelli che sono i nuovi antibiotici per la cura delle polmoniti. “Il bilancio del congresso – spiega Iacobello – è certamente positivo. L’obiettivo era quello di fornire un messaggio sulle nuove indicazioni per il trattamento delle polmoniti. Un update assolutamente necessario e decisamente positivo riguardo ad una patologia che sembra remota, antica e che può sembrare sotto controllo, quando in realtà non lo è”. Argomento delicato quello degli antibiotici e delle loro prescrizioni su cui, negli ultimi anni, si sarebbe abusato: un modus operandi che, secondo gli specialisti, avrebbe provocato un effetto negativo, ovvero l’evoluzione dei germi e delle patologie.
“Ci sono sicuramene delle novità interessanti – spiega Federico Pea, docente di Farmacologia dell’Università di Udine – che ci consentono di contrastare dei fattori di resistenti che purtroppo nella realtà italiana tendono ad essere presenti a differenza di altri paesi europei. l’Italia, infatti, è un paese che a torto o ragione ha avuto un utilizzo di di questi antibiotici un po’ più ampio rispetto ad altre realtà europee. Penso ad esempio al nord Europa e in particolare ai paesi scandinavi in cui c’è stato un utilizzo molto più accorto è molto più contenuto”. La gestione delle polmoniti, negli ultimi anni, ha subito una radicale revisione a causa di due fattori: la complessità acquisita dagli agenti etiologici e l’aumento dell’età media dei pazienti sempre più anziani, fragili e che presentano comorbità. L’argomento è delicato in quanto, come del resto per tutte le patologie infettive, anche le polmoniti se non vengono trattate con tempestività e con una terapia appropriata, possono essere causa di mortalità. Le parole chiave, in questo senso, sono tempestività e evoluzione tecnologica. “La microbiologia – spiega Stefania Stefani, docente di Microbiologia dell’Università di Catania – ha fatto dei passi da gigante negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda quello che la tecnologia ha permesso per aumenterà la velocità della diagnosi. Questo significa essere più rapidi nell’individuare l’agente patogene e nel poter dare una risposta per quella che sarà la terapia più appropriata. In poche parole, un bene per il paziente”.
Uno dei fattori che accomuna, nella maggior parte dei casi, le polmoniti è la fragilità del paziente. Fattore determinante nel caso delle polmoniti da ventilatore. “E’ una sindrome molto complessa – spiega Bruno Viaggi, dirigente medico dell’A.O Universitaria Careggi – che colpisce pazienti ricoverati in terapia intensiva e, appunto, collegati al ventilatore per la respirazione da più di 48 ore. Si tratta della maggiore causa di infezione in terapia intensiva e necessita di importanti approfondimenti clinici per essere affrontata nel dettaglio”.
Altra macro-settore di cui si è discusso durante i lavori è quello delle polmoniti comunitarie per cui sono pronte nuove opzioni terapeutiche. “Essendo strettamente al fattore dell’età – spiega Marco Falcone, docente dell’Università La Sapienza di Roma – il numero di malati di polmonite aumenta con l’aumentare dell’età media della popolazione. I virus e i batteri che causano la polmonite, poi, circolano nelle comunità, negli asili, nelle scuole, nelle palestre, nei locali pubblici e questa trasmissione di micro-organismi favorisce la diffusione di queste micro epidemie proprio in comunità”. Tra i numerosi interventi registrati durante i lavori è emerso un fattore comune: è imprescindibile un cambio di strategia e di atteggiamento nella prescrizione e nell’uso degli antibiotici. Le novità, però, non mancano soprattutto nell’ambito della ricerca. “Fortunatamente negli ultimi anni – spiega Carlo Tascini, dirigente medico U.O. Malattie infettive A.O.U.P Napoli – abbiamo nuove molecole antibiotiche. Questo ci fa ben sperare perché negli ultimi anni non erano stati più effettuati investimenti sulla ricerca per gli antibiotici perché non erano economicamente favorevoli per le industrie. Adesso gli investimenti sono arrivati, stanno arrivando nuovi antibiotici e possiamo curare al meglio i nostri pazienti, anche quelli che sono colpiti da questa patologia all’interno degli ospedali”.