Il mestiere del teatro e dei teatranti si svela sul palcoscenico come poche volte accade. Venerdì 1 febbraio sarà una giornata speciale al Teatro Regina Margherita di Caltanissetta, con due appuntamenti della stagione firmata da Aldo Rapè di cui saranno protagonisti i Teatri Uniti di Napoli, la compagnia fondata da Mario Martone, Toni Servillo e il compianto Antonio Neiwiller, nata nel 1987 dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, tre formazioni che dalla fine degli anni Settanta avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale, con diverse produzioni acclamate in Europa e negli Stati Uniti.
La lunga serata del Teatro Regina Margherita inizierà alle ore 19 con la proiezione (a ingresso gratuito) del documentario “Il Teatro al lavoro” di Massimiliano Pacifico (inizialmente previsto per il 31 gennaio), presentato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia nell’ambito delle Giornate degli Autori.
Il documentario, prodotto da Teatri Uniti di Napoli in collaborazione con Rai Cinema e Kio Film, è un lavoro pedagogico sul mestiere dell’attore alle prese con l’avventura umana e artistica della creazione di “Elvira”, lo spettacolo coprodotto dal Piccolo Teatro di Milano e da Teatri Uniti – diretto e interpretato da Toni Servillo – che Brigitte Jaques ha tratto dalle lezioni di Louis Jouvet al Conservatoire di Parigi, nel 1940. Lo sguardo degli autori segue e svela l’incontro e il lavoro di Servillo e dei suoi tre giovani compagni di lavoro – Petra Valentini, Davide Cirri e Francesco Marino – dall’inizio delle prove a tavolino alla Biennale di Venezia, all’approdo al Théâtre de l’Athénée di Parigi, attraverso le fatiche e i tormenti dell’allestimento al Teatro Bellini di Napoli e il felice debutto al Piccolo Teatro Grassi di via Rovello, a Milano.
«Tornare a filmare Toni Servillo in teatro – scrive Pacifico nelle note di regia – dopo la felice esperienza del mio precedente documentario 394 Trilogia nel mondo in cui lo avevo seguito durante una lunghissima tournée internazionale, era per me una sfida importante e ricca di stimoli, che non possono mai mancare dinanzi alla passione, il carisma, la determinazione e il talento di un attore straordinario come Servillo. Stavolta l’opera era in fase embrionale e piuttosto che raccontare l’adattarsi ogni sera a pubblici di diverse nazioni e culture la sfida era quella di riuscire ad appassionare lo spettatore alla fatica della creazione di uno spettacolo e di un personaggio, insieme a tre giovani interpreti con cui mostrare inequivocabilmente il teatro al lavoro».
«Ciò che accade durante queste sette lezioni tra Jouvet e Claudia – aggiunge Toni Servillo – va ben al di là di problemi legati all’interpretazione della seconda scena di Elvira nel Don Giovanni di Molière. Ciò che si svolge sotto i nostri occhi, ciò a cui siamo chiamati a partecipare, è un lento avanzare a due nello sconosciuto, in ciò che non conosciamo negli altri, nell’altro, e in ciò che non conosciamo in noi stessi. Questa improbabile avventura che chiamiamo teatro e che ci tiene sospesi tra la verità e la menzogna, tra il sentimento e la tecnica, tra il narcisismo e la spossessione di sé, tra l’abbandono e l’orgoglio, tra il dubbio e la grazia, tra il virtuosismo e il dolore, è sempre un’avventura che consiste nel perdersi per ritrovarsi».
Alla proiezione sarà presente Angelo Curti, produttore del film, presidente e fondatore della compagnia Teatri Uniti di Napoli.
La visione del documentario approfondisce quindi il lavoro della compagnia di Toni Servillo che alle ore 21.15 porterà in scena “New Magic People Show”, un ilare e tragico romanzo teatrale dell’Italia malata di questi ultimi anni, ispirato al lavoro amaro e beffardo di Giuseppe Montesano (il romanzo Magic People del 2005, Feltrinelli editore). Quattro formidabili attori (Enrico Ianniello, Tony Laudadio, Andrea Renzi e Luciano Saltarelli, che firmano anche la regia) saranno impegnati in un’esilarante commedia che ricorda Aristofane, Eduardo De Filippo e Woody Allen, i Soprano e la Commedia dell’Arte, Quevedo e l’Avanspettacolo, Totò e Godot, e che attinge alle radici stesse del teatro popolare napoletano e ai maestri della farsa.
In uno spazio claustrofobico che, nei termini di una commedia divertentissima e nera, ricalca lo scrigno mentale di un’Italia sgangherata e sovraffollata, sfilano personaggi imbarbariti e mostruosi, schiavi dell’omologazione e delle mode. I quattro interpreti danno vita – a partire da un tragicomico romanzo contemporaneo – a un’umanità dolente e perduta, specchio dissacrante di una società alle prese con i falsi miti della ricchezza, del potere, della gioventù a tutti i costi. Cabaret postmoderno nel segno della tradizione dell’avanspettacolo.
Su un ritmo forsennato, divertente e vertiginoso da commedia nera, Giuseppe Montesano chiama in scena il suddito televisivo, il consumatore globale, l’uomo medio assoluto, lo schiavo della pubblicità, e poi i risanatori dell’economia nazionale, i venditori di spiagge, i venditori di aria da respirare, i venditori e i compratori di anime. Un comico, feroce e colorito avanspettacolo pop, dove gli attori scoprono le piaghe di una modernità livida e terribile, dove il caldo è soffocante e i black-out continui. Oltre dieci anni dopo – la prima messa in scena dello spettacolo è del 2006, titolata Magic People Show – ecco una nuova versione di quel comico, feroce e colorito avanspettacolo pop, in un crescendo che mescola l’opera buffa e il dramma, fatto di ridicoli mostri drogati dal sogno del denaro, di prigionieri illusi di essere liberi, di gaudenti che hanno seppellito la passione e l’amore: un nuovo capitolo del tragicomico romanzo teatrale dell’Italia malata di questi ultimi anni. «Quello che volevamo – dice Giuseppe Montesano – era restituire il senso di nevrotico sovraffollamento del condominio globale, il pullulare comico di personaggi messi a cuocere in una stessa pentola a pressione demenziale, le vite non più protette dall’intimità dell’at home ma sempre sotto l’occhio di tutti, e con un ritmo che voleva sposare i Simpson e Aristofane, Eduardo e Woody Allen, i Soprano e la Commedia dell’Arte, Quevedo e l’Avanspettacolo, Totò e Godot: come farlo con soli quattro attori?»
E qui l’idea straordinaria di Enrico Ianniello, Tony Laudadio, Andrea Renzi e Luciano Saltarelli fu di recitare su un tavolino da salotto, gomito a gomito come sardine in una scatola mentale, ricreando la sensazione della mancanza di spazio interiore del condominio coatto. E poi, attinta alle radici stesse del teatro popolare napoletano e ai Maestri della Farsa, la trovata del travestimento: solo quattro attori si trasformavano e si moltiplicavano, con pochissimi trucchi, in maschi e femmine e bambini, in una folla di personaggi, in una sorta di avanspettacolo postmoderno.
«Era nato Magic People Show – aggiunge Montesano – Si può ridere su cose drammatiche? Si può fare ironia su ciò che ci sta strangolando? Magic People Show parla di come stiamo diventando servi del mediatico e del denaro, ma si rifiuta di usare le categorie della politica; parla di come la politica abbia invaso le anime, ma non la nomina mai; parla di come la cara e amata vita quotidiana, sia modificata e deformata dallo strapotere dell’Economia, ma senza scrivere trattati asserviti alle ideologie vecchie e nuove».
Non si possono più usare innocentemente le parole che i nemici dell’umano hanno deformato nella menzogna, e se si vuole restare vivi bisogna provare a smascherare quelle menzogne: ma come? Non resta che dare la parola a loro, ai mutanti di quella che è già da tempo la ex società del benessere: facendo confessare a loro stessi la propria vergogna e assurdità, la mancanza d’amore, la banalità nel male. «Allora bisogna far salire in scena Lallo e Gegè, – conclude il regista – la signora madre Torza e la signorina figlia Torza, l’osceno avvocato Morfo e l’ultimo resistente, il dottor G.: e bisogna lasciarli liberi di sproloquiare, lasciare che i mostriciattoli si esprimano in tutta la loro ridicola e ripugnante miseria, per vedere ciò che troppo spesso è nascosto dall’abitudine e dal così fanno tutti quindi è normale fare così. Non è vero: diventare disumani e cretini e servi e morti in vita non è normale, e non tutti lo fanno: e quindi è normale essere umani, e miti, e gentili, e liberi, e poetici, e vivi.»