Con “L‘Ultima Cena“, sabato 26 gennaio riparte Altrescene, la rassegna dedicata alle arti sceniche contemporanee (teatro, performance, danza, circo contemporaneo) che è uno degli assi portanti delle attività di programmazione multidisciplinare del centro culture contemporanee Zo di Catania. Un contenitore multiforme, Altrescene, che oltre al cartellone di programmazione, accoglie e promuove anche altre fasi della creazione: dalle residenze di creazione, a laboratori workshop, dagli incontri con gli autori alle produzioni originali. La rassegna prevede un cartellone di dieci spettacoli, da gennaio sino a maggio.
Si comincia sabato 26 gennaio, alle ore 21, dunque, con “L‘Ultima Cena“. Lo spettacolo – scritto e diretto daRiccardo Lanzarone, sul palco con Riccardo Lanzarone e Feliciana Sibilano (musiche di Giorgio Distante, con la partecipazione in video di Michele Sinisi, luci e scene di Michelangelo Volpe, costumi di Lilian Indraccolo, video di Zerottanta Produzioni, voce bambina di Elisabetta Guido) – è una produzione Cantieri Teatrali Koreja, portata in scena con il contributo del Festival Internazionale Castel Dei Mondi sostegno MatTeatro e in collaborazione con la Rete LATITUDINI.
“L‘Ultima Cena” vuole essere il secondo capitolo de “La trilogia dell’attesa”. Indagare i momenti di stasi, i luoghi di blocco, i ruoli di potere, le potenziali vittime e i possibili carnefici.
In Codice Nero, il primo capitolo, il fuoco dell’operazione si concentrava sulla violenza involontaria (il medico pedina della sanità, che rischia di uccidere o colpire per una mancanza dell’istituzione Sanità), nell’Ultima Cena invece, si vuole conoscere la sensazione del probabile colpevole e la voglia di vendetta della presunta vittima.
L‘Ultima Cena prende in prestito la figura del torero avvolto e protetto dal suo “Traje de Luces”, la divisa dorata, per indagare come vive le sue ultime ore da prigioniero un uomo accusato di un reato. Morte o resurrezione? Lo spazio in cui si muove il protagonista è a metà tra una cella d’isolamento di una prigione e la cantina di un appartamento, dove sentire il disorientamento tipico dell’ostaggio e l’abbandono della giustizia nei confronti del prigioniero. Siamo nel 2027 in un futuro dove sarà legittimo farsi giustizia da sé, dove non servono prove schiaccianti per condannare una persona, ma solo il denaro per sovvenzionare strutture private che smaltiscono il crimine uccidendo i presunti colpevoli in sole 24 ore. L’attenzione si focalizza in particolar modo sulla condizione del prigioniero/ostaggio, sull’attesa all’interno di una cella.