Protesta lavoratori co.co.co Almaviva. Il Prefetto etneo, dopo averli ricevuti, dice: "Presto un tavolo nazionale al MISE sul nostro caso"

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CATANIA – Hanno una scolarizzazione medio-alta e la loro busta paga prevede in media dalle 200 alle 500 euro al mese, al massimo. Qualche volta con una paga che prevede circa 2 euro all’ora. Colpa di un conteggio complicato che mescola il fisso ad un “sistema a cottimo” e che toglie dignità ad un lavoro per nulla semplice e non più transitorio, come veniva inteso molti anni fa.

Sono i co.co.co del Call Center Almaviva di Misterbianco che stamattina sono stati ricevuti in Prefettura, al termine di una manifestazione partita da piazza Università; una protesta accorata, organizzata da CGIL-SLC FISTEL-CISL UILCOM-UIL e UGL che, per quanto locale, assume una valenza nazionale poiché è proprio Catania la città con il numero più alto di lavoratori che devono fare i conti con una situazione insostenibile e a compensi poco dignitosi.

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La protesta chiama in causa anche tutti quei lavoratori outbound (che operano sulle chiamate in uscita) di altre aziende, che possiedono lo stesso contratto di lavoro nei Call Center di tutta la provincia etnea.

Da un anno a questa parte l’azienda Almaviva Contact, nella quale lavorano da circa dieci anni almeno quattrocento lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuata, “agendo unilateralmente ha volutamente disatteso l’accordo collettivo nazionale di settore a regolamento del sistema di calcolo della retribuzione – spiegano i rappresentanti sindacali – adducendo strumentali ed inverosimili interpretazioni per poter eludere la parte riguardante il compenso orario minimo garantito, che dal luglio 2012 (riforma del lavoro Fornero) in poi, é condizione necessaria per poter utilizzare i contratti di collaborazione”.

I lavoratori di Almaviva hanno spiegato al prefetto come funziona il meccanismo di calcolo “fantasioso ed arzigogolato” che ha di fatto eliminato o reso vana la componente minima garantita del compenso orario dei collaboratori, trasformandola in  un sistema di retribuzione a cottimo. 

A peggiorare la situazione è intervenuta “l’assegnazione di liste contatti, da parte delle committenti, nient’affatto profilate che hanno portato ad un drastico calo dei compensi variabili derivati esclusivamente da contatti andati a buon fine.

Al prefetto di Catania i lavoratori hanno chiesto “un interessamento affinché venga convocato un tavolo nazionale presso il MISE e poi scrivere nuove regole per l’utilizzo dei contratti di collaborazione nei call-center, poiché con le vigenti norme si è venuto a creare, nel nostro paese, un  corposo bacino con più di trentamila lavoratori, in prevalenza al sud, in prevalenza donne, non più giovanissimi che non hanno nessuna possibilità di stabilizzazione, nessuna opportunità di ricollocamento in altri settori professionali e come ultima beffa nessuna certezza di un compenso minimo garantito”.

Come già sta accadendo nel comparto delle telecomunicazioni, inoltre, il crescente utilizzo delle intelligenze artificiali crea nel tempo nuove sacche di disoccupazione, anziché sostegno reale alle dinamiche del lavoro.

Non a caso, anche questo tema sarà affrontato al Ministero dello Sviluppo economico. I sindacati evidenzieranno che un trend così impostato non produrrà reale crescita economica e sociale nel settore dei call center, ma solo un accumulo di disagi destinati ad emergere presto con durezza.

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