CATANIA – Un’indagine che non smette di turbare le coscienze di molti italiani. Una verità che fatica a farsi strada in una selva di silenzi, inganni e menzogne. Un depistaggio che assume dimensioni concrete e inquietanti, messe nero su bianco dal lavoro degli inquirenti e ora riassunte nella relazione conclusiva della Commissione regionale antimafia sull’inchiesta sulla strage di via D’Amelio.
Si è parlato di questo e molto altro durante l’incontro “La verità nascosta: le conclusioni dell’Antimafia sul depistaggio Borsellino”, tenutosi ieri pomeriggio presso la Libreria Prampolini di Catania alla presenza del Presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava, del magistrato Bruno Di Marco e dell’ex Questore di Palermo Agatino Pappalardo, consulenti dell’organo parlamentare. Ad organizzare l’incontro, moderato dal giornalista Mattia Gangi, l’associazione culturale “Le parole e le cose”.
“La verità va affermata, ricostruita e condivisa – ha detto Fava ai microfoni di Hashtag Sicilia – il fatto che non ci sia ancora una verità su alcuni passaggi di ciò che ha preceduto e seguito la strage di via D’Amelio è grave. Chi la volle, chi organizzò il depistaggio, se sia la stessa mano, se lavorò insieme alla mafia… Penso che questo sia un dovere di verità che appartiene a tutti gli italiani, non solo a chi se n’è occupato per ragioni processuali. Penso fosse anche un dovere istituzionale e politico della Commissione antimafia, ragione per cui abbiamo voluto organizzare questa indagine, condurla per cinque mesi e alla fine ricostruire un tessuto di responsabilità molto più vasto e articolato di quanto si pensasse all’inizio”.
Nel testo della relazione, che sarà pubblicata a breve, una ricostruzione puntuale delle circostanze che hanno permesso agli inquirenti di appurare il depistaggio nelle indagini sulla strage che costò la vita a Paolo Borsellino e agli uomini della scorta. Un affresco in cui alcune parti rimangono in ombra: “Resta un vuoto di verità su chi ebbe la regia complessiva della strage del suo successivo depistaggio – si legge nelle conclusioni del documento, approvato all’unanimità dai componenti della Commissione – E quale sia stato, nel comportamento di molti, il labilissimo confine tra colpa e dolo, svogliatezza e interazione, distrazione e complicità”.
Un lavoro, quello sul depistaggio nel processo Borsellino, che è soltanto uno dei fronti sui quali è impegnata la Commissione guidata da Fava. Tra i dossier sul tavolo dell’organismo parlamentare anche la scottante indagine della Procura di Caltanissetta dedicata al cosiddetto “Sistema Montante”. “Le audizioni dovrebbero finire a gennaio, entro febbraio dovremmo consegnare la relazione – conferma – C’è stato un uso a volte irresponsabile e a volte strumentale del brand dell’antimafia, già saperlo e poterlo raccontare, come stiamo facendo con l’indagine sul ‘Sistema Montante’, credo sia qualcosa di importante. Ma abbiamo altri focus d’indagine aperti, che saranno nella nostra agenda di lavoro nei prossimi quattro o cinque mesi”.
L’ANNIVERSARIO – Fava si sofferma anche sulle commemorazioni per il trentacinquesimo anniversario dell’uccisione del padre. Un ricordo, quello di Pippo Fava, che non può prescindere da una riflessione sul significato che l’antimafia ha assunto oggi. “Credo che ci sia la necessità di una revisione complessiva dello stato dell’arte della lotta alla mafia – ha detto ancora Fava – C’è stata un’antimafia usata come passe-partout per costruire carriere e impunità, c’è un’antimafia dei fatti che ha prodotto risultati straordinari in questi anni. Restituire a noi e a tutti la capacità di distinguere, giudicare e valutare senza fare di tutta l’erba un fascio credo sia una responsabilità a cui non possiamo sottrarci”.
Alle 17.00 di oggi è previsto l’omaggio alla lapide che ricorda il direttore de I siciliani nel luogo in cui fu ucciso il 5 gennaio 1984. Alle 18.00 presso il Teatro Verga si terrà il dibattito “L’antimafia 35 anni dopo: dire, fare o sembrare”, con la partecipazione di Giovanni Maria Bellu – vincitore del Premio Fava 2019 – di don Luigi Ciotti, del Procuratore Armando Spataro e di Claudio Fava. A moderare l’incontro il giornalista Mario Barresi.