La Legge di Bilancio, dopo avere scansato per un soffio l’esercizio provvisorio (che avrebbe bloccato la spesa pubblica), ha ottenuto il placet della Camera dei Deputati con 313 voti a favore e 70 contrari. Hanno votato contro solo i deputati di FI e Fratelli d’Italia, perché PD e LEU non hanno partecipato al voto.
La legge è stata firmata immediatamente dal Presidente della Repubblica e di conseguenza è entrata in vigore a partire dal primo gennaio del nuovo anno.
Il via libera è arrivato però senza che Camera e Senato di fatto – e per la prima volta nella storia della Repubblica – fossero state messe nelle condizioni di esaminare un provvedimento strategico, figlio di una trattativa tra il governo italiano e la Commissione Europea.
Gli stessi sindacati e le forze imprenditoriali sono stati privati dalla possibilità di esprimere la loro opinione. Grazie alla riscrittura della Legge delle ultime settimane si è evitato il commissariamento da parte della Commissione Europea. Ma l’entusiasmo del governo gialloverde per il risultato raggiunto è stato spento immediatamente da Pierre Moscovici, il Commissario che vigila sui conti pubblici che ha dichiarato: “Bruxelles vigilerà attentamente sulla esecuzione delle misure, adottate dopo momenti difficili“. Una dichiarazione che ha un significato preciso: lo spettro della procedura di infrazione, ovvero di una pesante multa europea causata dall’aumento del debito, resta sempre dietro l’angolo.
Le opposizioni (PD-LEU-FI- Fratelli d’Italia) hanno protestato con veemenza dentro e fuori dal Parlamento, contestando il metodo e il merito. Sostenendo che la legge è stata scritta sotto dettatura di Bruxelles e che con le scelte fatte, oltre ad aumentare le tasse per imprese e cittadini, il Paese entrerà in recessione. I titolari di licenza di noleggio con conducente (NCC) e i tassisti hanno paralizzato la capitale, mentre i sindacati hanno annunciato grandi mobilitazioni a gennaio perché non condividono la norma sulla decurtazione dell’indicizzazione delle pensioni e la scelta del governo di destinare poche risorse agli investimenti.
Il governo, da parte sua, sostiene invece che si tratta di una legge scritta con il cuore e che con le scelte fatte si inaugura una nuova stagione di riscatto perché, per la prima volta, si dice non vengono chiamate a pagare il conto le fasce più deboli della popolazione, ma le banche, le assicurazioni, i colossi del web e le aziende che operano nel campo del gioco d’azzardo.
È vero, l’aumento delle tasse riguarda soprattutto le banche, le assicurazioni, il settore del gioco d’azzardo e i grandi gruppi dell’economia digitale che nel triennio 2019-2021 dovranno sborsare 9 miliardi di euro in più. Ma è pure vero che a pagare il conto sono chiamate altre tipologie di imprese anche piccole, per effetto sia dell’abolizione dell’ACE, il premio fiscale sulla patrimonializzazione delle aziende, sia per effetto della mancata introduzione (che doveva entrare in vigore il primo gennaio di quest’anno) dell’IRI, l’ imposta sul reddito imprenditoriale con aliquota al 24 per cento, nonché le imprese non profit che – se non verrà corretta la norma come si è impegnato a fare il governo – dovranno scucire in 3 anni oltre 400 milioni di euro in più.
La pressione fiscale, invece, si riduce di 4,9 miliardi di euro per le partite IVA individuali con ricavi sino a 65.000 euro (che pagheranno un’imposta onnicomprensiva del 15%, sopra questa soglia e sino a 100.000 euro , invece, è prevista una tassazione del 20 per cento) e di 1,8 miliardi di euro per il settore immobiliare, dell’edilizia e della casa.
È stato certamente importante avere evitato lo scatto dell’aumento dell’IVA per il 2019 (nel 2020-2021 però la musica cambierà), ma che ci sia nella Legge di Bilancio un aumento della pressione fiscale è un fatto incontestabile. Infatti solo nel 2019 – sostiene l’ufficio studi dell’Ordine dei Commercialisti – la pressione fiscale salirà dal 41,9% del 2018 al 42,4% del Prodotto interno lordo.
Tutto ciò è stato fatto da parte del governo per “portare a casa“ i due provvedimenti bandiera, vale a dire le due promesse elettorali fatte dai 5/Stelle e dalla Lega: reddito di cittadinanza e quota 100, per le quali nel triennio vengono impegnate complessivamente 44,4 miliardi di euro.
Altri capitoli importanti della manovra di bilancio del governo (alcuni dei quali però hanno suscitato un vespaio di polemiche) sono: l’ecotassa sulle auto inquinanti e lo sconto sull’acquisto di auto a basse emissioni di gas, ibride o elettriche; la possibilità di affidare appalti sino a 150.000 euro senza gara e la introduzione della procedura negoziata fino a 350.000 euro; la sanatoria con aliquota al 16%, 20%, 35% su debiti fiscali e contributivi per coloro i quali hanno un ISEE sotto i 20.000 euro (o aziende in liquidazione); i tagli all’editoria; la riduzione dell’IRES dal 24% al 15% per le aziende che reinvestono gli utili in beni strumentali e in posti di lavoro; lo sgravio di circa il 30% dei premi INAIL e lo sconto IMU sui capannoni industriali ai fini IRES che passa dal 20% al 40%.
Inoltre, per quando riguarda il taglio alla rivalutazione delle pensioni, c’è da dire che per chi gode di una pensione fino a 3 volte il minimo: 1.522 euro lordi la rivalutazione continuerà ad essere piena, mentre subiranno delle decurtazioni le indicizzazioni nel triennio che vanno da 322 euro per chi gode di un trattamento pensionistico di 2.548 euro lordi al mese a 1.638 euro per chi ha una pensione di 6.086 euro lordi mensili.
Infine, con riferimento al Sud e alla Sicilia – se si escludono le risorse derivanti dal reddito di cittadinanza che saranno certamente significative, considerato che gran parte dei potenziali beneficiari risiedono nel Mezzogiorno – c’è poco o nulla. Anzi in questa direzione penso che si sia persa una buona occasione per dare centralità allo sviluppo e al lavoro e per garantire una prospettiva ai giovani. Ciò perché il rilancio degli investimenti che doveva essere il fiore all’occhiello della Legge di Bilancio, tanto da aver previsto di destinare 15 miliardi di euro in 3 anni, è stato sacrificato sull’altare della riduzione del debito.
Questi i fatti nudi e crudi desunti dalla Legge, il resto sono chiacchiere o propaganda elettorale. Che queste scelte siano sufficienti a rilanciare l’economia non lo so, lo sapremo nei prossimi mesi.