Passeggiando con la nostra guida beduina Amir per le montagne di Feynan, ci fermiamo ogni tanto per scattare qualche foto a questo paesaggio mozzafiato. In questa area del Paese vivono quei pochi beduini ancora nomadi. Una famiglia ci accoglie nella loro tenda e ci mostra come viene preparato il caffè beduino, una bevanda ben lontana dal caffè che conosciamo e dal caffè arabo che viene servito nei Coffee Bar di Amman.
Il caffè beduino è molto chiaro, quasi trasparente, i chicchi di caffè vengono tostati sul fuoco e poi pestati in un mortaio e aggiunti all’acqua bollente. Lo stesso procedimento viene ripetuto per il cardamomo. Il caffè beduino viene servito solo in occasioni speciali: matrimoni, ricevimento di ospiti o quando una famiglia ha una richiesta particolare per un’altra. Ci si siede su cuscini e tappeti nello spazio della tenda riservato agli ospiti e si aspetta finchè la questione non sia risolta. Si beve tutti da una stessa tazzina e si procede da destra verso sinistra. Solo gli uomini beduini bevono il caffè, le donne siedono in un altro ambiente e si uniscono agli uomini solo quando ci sono ospiti da ricevere.
I beduini di Feynan si spostano almeno due volte l’anno, solitamente in base alle stagioni o ai periodi scolastici, per vivere più vicino alla scuola. L’ospitalità di questo popolo ci colpisce anche qui. Ali, gestore dell’Ecolodge di Feynan, recita un detto beduino: “We give without remembering, we take without forgetting” (“diamo senza ricordare, prendiamo senza dimenticare”). Durante una passeggiata nella riserva di Dana, vediamo spuntare da una tenda prima una testolina, poi due, poi tre. “Tea, drink tea!” Sei o sette bambini vengono fuori dalla tenda, infine la madre. Ci conducono dentro, nella loro casa e ci offrono del tè nero zuccherato, alla maniera beduina. Mentre sorseggiamo il tè parliamo con Slem, il bambino di 10 anni che ci racconta, un po’ in inglese, un po ‘ in arabo e un po’ a gesti, della sua famiglia, delle loro cento capre e dieci pecore e della scuola.
Ci chiedono delle nostre famiglie, della nostra età e si meravigliano alla notizia che non siamo sposate. I matrimoni beduini vengono solitamente combinati dalle madri. La madre del ragazzo cerca una sposa per il figlio e quando la trova deve discuterne con la madre della ragazza.
La mattina della nostra partenza da Feynan, Ali ha organizzato per noi un trasporto tramite il beduino Jusef, che ha un furgoncino e ci accompagnerà ad Amman. La notte ha piovuto molto e la valle (“wadi”) è piena. Raggiunto il punto di incontro (tra un `Yalla´ e un “In schā’ Allāh”), troviamo Jusef impantanato nel fiume d’acqua con il suo furgoncino. Dopo svariati tentativi di liberarlo dal fango, un’altra Jeep arriva in soccorso dall’altra parte, per trainarlo fuori con una fune. E’ il padre di Jusef (“baba”). Dopo questa avventura il nostro accompagnatore vuole cambiarsi i vestiti infagati e così facciamo una sosta a casa sua (“one minute, one minute”). Ci invita ad entrare e ci offre tè beduino, in compagnia della moglie e della madre.
Con le nostre poche parole in arabo e l’inglese di Jusef riusciamo a intrattenerci per una mezz’ora. Poi ripartiamo alla volta di Amman. Sulla strada ammiriamo con sorpresa le macchie verdi delle piantagioni di pomodori e cetrioli e le donne beduine chine a raccoglierli. L’agricoltura è sempre stata una delle forze del Paese, nonostante i territori desertici e la mancanza di acqua. Uno dei progetti più importanti dell’Ecolodge di Feynan è stato proprio la canalizzazione dell’acqua di sorgente per l’irrigazione dei campi e per i villaggi della zona. Sul furgoncino tappezzato di decorazioni, tappeti e prato verde, sfrecciamo sulla strada che costeggia il Mar Morto proseguendo verso Nord, quasi al confine con Israele, fino al punto di percorrenza permesso. Dopo l’alluvione della notte, il governo ha chiuso il resto della strada per Amman, quindi dobbiamo fare una deviazione. Jusef ci regala una piccola sosta per scattare qualche foto a questo spettacolo incredibile, travestendo entrambe da beduine con il suo mantello e la sua Kefia.
Di tanto in tanto ci fermiamo per uno snack, qualcosa da bere o un caffè per proseguire poi il nostro viaggio che si dilata sempre più nel tempo. “In schā’ Allāh”, arriveremo entro le sei del pomeriggio ad Amman, accompagnati da musica beduina e sigarette, offerte fino allo sfinimento.
Le sere ad Amman si sommano nella memoria, sapori, profumi e sensazioni di un popolo. I coffee Bar con gli aromi di narghilé, il Kanafeh dolcissimo e i dolcetti siriani ai pistacchi e al miele, mangiati per strada o nel traffico, il Shawarma delle due di notte, perché ´non si puó lasciare la Giordania senza aver mangiato un Shawarma´, il mercato delle spezie e della frutta secca e quel profumo di cardamomo che ti segue ovunque.
Partire mi fa sentire come lasciare un pezzo di cuore. I nostri accompagnatori, Rami e Amr sono stati guide fondamentali in questa avventura, accogliendoci come membri della famiglia e aiutandoci in tutti i modi possibili. In Giordania ho trovato più di una cultura diversa. Ho trovato la pace, la tranquillità, la semplicità. Spero di portare con me nella vita di tutti i giorni il motto beduino “today is today, tomorrow is tomorrow” (“Oggi è oggi, domani è domani”), gli occhi felici dei bambini del deserto che ti rincorrono per offrirti del tè e regalarti sorrisi.
Porto con me i ricordi delle sere di Amman, delle persone splendide e interessantissime che ci hanno accompagnato, gente comune ma estremamente ricca nell’animo, il cielo stellato nel deserto di Wadi Rum, il freddo pungente e la bellezza che ti avvolge e ti fa perdere e addormentare. Il risveglio è brusco. Si aprono gli occhi e si deve già tornare a casa.
Fine del reportage
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