Dissesto, parla il tecnico: “Ecco cosa succederà adesso alla città di Catania”

Piazza Duomo, Catania. Foto Davide Vizzini
Foto di Davide Vizzini
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CATANIA – “Dissesto”. È la parola che incombe da alcune settimane – da molti mesi, da anni in verità – sulla città dell’Elefante e i suoi abitanti. Una parola che con la deliberazione della Corte dei Conti che ha messo la parola fine ai tentativi di ricorso dell’Amministrazione Pogliese si è fatta improvvisamente concreta e reale, dopo essere rimbalzata per mesi nelle dichiarazioni di politici interessati, più che altro, a scaricarsi a vicenda la responsabilità.

Ma che cos’è effettivamente il dissesto e quali saranno i suoi effetti sulla città di Catania? Hashtag Sicilia lo ha chiesto all’avvocato Luciano Gallo, amministrativista cassazionista, dottore di ricerca in diritto urbanistico e dell’ambiente, collaboratore dell’ANCI nazionale (dipartimenti di urbanistica e lavori pubblici e di attività produttive, Commissione Welfare), tra i massimi esperti italiani della materia.

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Avvocato Gallo, come funziona esattamente il dissesto e cosa comporterà per la città?

“Anzitutto il Consiglio Comunale deve deliberare il dissesto. Fatto questo verrà insediato un Organismo straordinario di liquidazione, solitamente di nomina prefettizia, che affiancherà l’Ente nella ricognizione della massa attiva e della massa passiva. Su questa ricognizione si gioca tutto. Poi iniziano gli interventi previsti dal Testo unico per gli Enti locali. Per esempio la possibilità per il Comune di deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali nella misura massima”.

Alzare le tasse, in parole povere. 

“Esatto. Ma sulla base della stima delle entrate che l’Ente ritiene di riuscire a portare a casa, arriverà una cura di lacrime e sangue. Ovvero una riduzione della spesa sui servizi erogati dall’ente. Questa è la parte più delicata”.

I famigerati “tagli”.

“Naturalmente il Comune dovrà assicurare i servizi indispensabili, individuati dal Decreto Ministeriale 28 maggio 1993, come la nettezza urbana, i servizi cimiteriali, la viabilità. Poi dovrà assicurare la copertura dei costi dei cosiddetti servizi a domanda individuale, individuati dal Decreto Ministeriale 31 dicembre 1983, che comprendono per esempio asili nido, case di riposo, mense”.

Qual è la differenza tra le due tipologie di servizi?

“Le somme iscritte in bilancio per i servizi indispensabili sono impignorabili. Per i servizi a domanda individuale l’Ente deve invece preoccuparsi di trovare la copertura, con la possibilità di ridurre la quota di erogazione dei servizi stessi. Ma la cosa più importante che riguarda il dissesto è il riequilibrio – in funzione pluriennale – del bilancio. Attraverso la presentazione di un nuovo piano di rientro per riportarlo in pareggio”.

Che differenza c’è con i piani di riequlibrio presentati in questi anni?

“E’ una manovra forzosa. L’Ente locale per sua natura non può fallire, ma la disciplina del dissesto gli impone – anche attraverso un apposito fondo di rotazione – un lungo percorso per ricondurre le finanze in pareggio. Ma non sarà un piano indolore, avrà conseguenze forti sulla comunità, sui fornitori e sulle imprese”.

Ecco, le imprese. Cosa avverrà a chi vanta crediti nei confronti del Comune?

“L’Organismo straordinario di liquidazione pubblicherà un avviso, chiedendo a tutti i soggetti che hanno avuto rapporti con l’Ente comunale quale sia il loro credito, e sulla base di quali atti sia vantato. Questo sarà un appuntamento decisivo, perché solo in presenza di crediti legittimamente esistenti – cioè basati su atti formalmente corretti, e di prestazioni effettivamente erogate – potrà essere riconosciuto il debito da parte dell’Ente”.

A questo punto cosa accade?

“Quando sarà finita la ricognizione della massa passiva, il Testo unico per gli Enti Locali prevede che l’Organismo straordinario di liquidazione proponga ai creditori una cifra – da pagare in termini predeterminati – nella forbice tra il 40 e sul 60% del credito”.

Un colpo mica da niente.

“Come ho detto che non sarà indolore. L’Ente ha due leve, alzare le tasse e ridurre costi e servizi. Questo innesca un meccanismo in un certo senso vizioso, perché picchiando sulla leva della tassazione non sono certo di aumentare le entrate. Se il dissesto è dovuto, tra le altre cose, all’evasione dei tributi, è probabile che l’evasione continui. Per questo è più facile agire sulla riduzione dei servizi”.

Ad andarci di mezzo, insomma, saranno proprio le aziende. 

“Ma c’è un ulteriore pericolo. L’Organismo straordinario di liquidazione pubblicherà un avviso che darà una termine di 60 giorni, prorogabili una sola volta, in cui cittadini e imprese potranno dichiarare i crediti, importi e cause di prelazione. Questo è il momento fondamentale, perché bisogna valutare se il credito è istituito legittimamente”.

Cioè se non vi è nessuna “scappatoia”?

“Non lo direi così. Il credito diventa esigibile se la prestazione è stata ordinata sulla base della normativa. Ho fatto un servizio per un Comune? Devo subito valutare se sono state rispettate le modalità previste dal Codice dei contratti. Se così non è, bisogna attivare – ma è  una manovra complessissima – il riconoscimento dei debiti fuori bilancio. La prestazione, insomma, deve essere legittimamente conferita perché l’Organismo riconosca il credito”.

Avvocato, al termine di questa cura da cavallo c’è speranza di avere un Comune virtuoso?

“I dissesti sono figli di una compartecipazione di tutti, cittadini, imprese, Amministrazione. Lo dico per esperienze personali, non do giudizi di valore. Il dissesto può essere l’occasione di farsi delle domande, lavorare per il riequilibrio del bilancio ed evitare che gli errori commessi nel passati si ripetano in futuro. Altrimenti questo percorso lungo e doloroso sarà stato inutile”.

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