MINEO – File ordinate di casette rosa, circondate da aiuole e alberi. Intorno le colline dorate del calatino, il suo cielo tornato azzurrissimo dopo giorni di nuvole minacciose e piogge alluvionali. Visto da fuori, passando in macchina o in bicicletta, sembrerebbe davvero un residence. Invece è il centro accoglienza più grande d’Europa. Anche il più famoso – famigerato, direbbe qualcuno – per le inchieste giudiziarie eccellenti e gli episodi di cronaca nera che negli anni l’hanno riguardato.
Certo nel CARA c’è molto altro. La necessità di accogliere migliaia di richiedenti asilo, anzitutto. E il sogno di farlo in maniera virtuosa, offrendo un tetto ai migranti e un posto di lavoro agli abitanti di questa terra. Aperta nel 2011, secondo un rapporto di Medici per i diritti umani al 26 agosto 2014 la struttura ospitava 3792 persone (pari al 37% di tutte le presenze nei centri governativi in Italia). La realtà più grande d’Europa, appunto. Anni dopo, di quel sogno di integrazione e occupazione resta poco. E il CARA riempie le pagine dei giornali per il dramma dei lavoratori licenziati.
Dal 1 ottobre a gestire il centro accoglienza è un nuovo soggetto, la cooperativa “Badia Grande”. Nel passaggio di consegne tra la vecchia e la nuova società sono circa centocinquanta gli operatori rimasti a casa. Una riduzione dovuta al calo del numero degli ospiti, scesi negli ultimi mesi a circa 1900. Ma secondo i sindacati una diminuzione così drastica degli operatori comporterà una carenza di servizi all’interno della struttura. Il tutto mentre il Governo nazionale, spinto dal vicepremier Matteo Salvini, continua a lavorare per il superamento delle politiche d’accoglienza e l’idea di una chiusura non è poi così lontana.
E allora sarebbero altre centinaia di lavoratori a restare a casa. Un colpo al cuore per un territorio che da decenni, malgrado le sue potenzialità, è dilaniato dalla disoccupazione.
IN PRIMA LINEA – A fare il punto della situazione, ai microfoni di Hashtag Sicilia, è il sindaco di Mineo Giuseppe Mistretta, eletto con una lista civica di centrodestra alla guida del Comune un tempo roccaforte degli alfaniani. “Il numero dei migranti all’interno della struttura è parecchio diminuito – conferma il primo cittadino – anche se la gara d’appalto è stata bandita per altri tre anni e dunque bisogna farvi fronte. Sui singoli lotti vi sono molte perplessità, per esempio sull’assistenza sanitaria e sulla gestione dei rifiuti. Stiamo lavorando in tutte le sedi perché vengano risolte e perché vengano garantiti i servizi”.
Il fronte più caldo rimane quello dei lavoratori. In un territorio che negli anni ha dovuto fare i conti con una realtà il cui impatto è controverso. “L’apertura del CARA ha portato dei benefici, in termini di occupazione e di indotto – dice ancora Mistretta – Ma ci sono stati anche dei disagi per il territorio. Da un punto di vista occupazionale, Mineo ha vissuto sempre di un’economia tradizionale e di carattere prevalentemente agricolo. Ma in questi anni i terreni limitrofi al CARA hanno subito gravi ammanchi di frutti, causando danni alle aziende che sono diventate poco appetibili per i compratori. Per non parlare dei saccheggi, delle aggressioni e del danno d’immagine per il territorio, nello sviluppo turistico e agrituristico”.
“Se lei va sui motori di ricerca, oggi, Mineo esce soltanto in relazione al CARA. Invece ha una storia millenaria, culla della civiltà dei siculi, tesoro d’archeologia, patria di Luigi Capuana. Oggi emerge solo per i fatti di cronaca – a volte nera – legati al centro accoglienza”. Un dato che trova presto conferma. Digitando “Cara Mineo” su Google compaiono 430.000 risultati. “Turismo Mineo” ne ottiene appena 238.000.
Che fare, dunque? “Nel 2014 noi avevamo chiesto, con una petizione popolare, di istituire una Zona franca d’eccezione – spiega Mistretta – Allora il Comune di Mineo aveva un maggiore potere di contrattazione perché il sindaco era il Presidente del Consorzio che gestiva il centro. Quella zona franca non fu mai istituita. Oggi il Consiglio comunale ha ribadito al Governo la richiesta di una zona franca, che porterebbe certamente dei benefici contribuendo a rilanciare l’economia tradizionale e riassorbendo tanti lavoratori. Se fosse avvenuto nel 2014/15 sono certo che molti operatori del CARA – che non hanno mica stipendi d’oro – si sarebbero licenziarti per cercare lavoro nelle imprese locali”.
NON SOLO MINEO – Ma la questione non riguarda soltanto il Comune in cui ricade il centro. Perché negli anni, a credere al “sogno” dell’accoglienza, sono state molte città del calatino. A cominciare da Caltagirone, che di questo territorio resta il capoluogo morale, pur non avendone ottenuto lo status ufficiale.
“Il CARA è stato una opportunità, se si vuole anche preziosa – ci dice il sindaco di Caltagirone Gino Ioppolo, esponente di #DiventeràBellissima, il movimento che fa capo al Presidente della Regione Nello Musumeci – ma identificarlo con lo sviluppo di un intero territorio non sarebbe corretto in termini economici e sociali. Il tema ci sta a cuore nei suoi livelli occupazionali. Il calatino ha dimostrato una grande generosità nel sistema dell’accoglienza, non ha creato problemi ma qualche volta li ha subiti. Anche per questo sapere che oltre centocinquanta padri e madri di famiglia rimangono senza lavoro è triste”.
Per quanto riguarda Caltagirone, spiega il sindaco, ad essere coinvolti sono una cinquantina di lavoratori. “Queste persone che hanno perso il proprio impiego dall’oggi al domani devono essere riassorbite come misura compensativa dal Governo centrale – dice Ioppolo – Il territorio ha dato, ha affrontato disagi e sacrifici, adesso deve ricevere. Non chiediamo autostrade, ma vengano garantiti almeno i livelli occupazionali”.
“Perdere centinaia posti di lavoro è una cosa gravissima – rimarca il sindaco di Militello in Val di Catania Giovanni Burtone, già deputato del Partito Democratico per più legislature – il Governo e la Prefettura dovrebbero rimeditare le modalità con cui alcune imprese hanno licenziato il personale. Le risorse sono minori, le presenze dei migranti si sono ridotte ma a pagare sono stati soltanto i lavoratori”.
Per Militello, dice il sindaco, la vertenza riguarda poche unità. “Ma il diritto al lavoro è un valore universale che interessa tutta la comunità calatina – aggiunge Burtone – Certo il CARA non può essere soltanto un postificio ma deve seguire logiche di integrazione. Ci sono stati seri problemi di gestione e si sarebbe dovuto vigilare maggiormente. Ma non possiamo permettere che il territorio soffra ricadute negative per l’accoglienza prestata in questi anni”.
“Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per i lavoratori del CARA a tutti i livelli – aggiunge il sindaco di Grammichele Giuseppe Purpora, del Movimento 5 stelle – Vero è che il numero degli ospiti è passato da 4000 a circa 2000, e quindi una revisione dell’occupazione è nelle cose, ma i lavoratori e i sindacati denunciano che questa drastica riduzione comporterebbe seri disservizi per gli ospiti della struttura. Almeno una cinquantina di persone dovrebbero essere riassorbite”.
A differenza di altre realtà, spiega Purpora, Grammichele non ha aderito al sistema CARA gestendo l’accoglienza attraverso gli Sprar. “So che ci sono dei grammichelesi che sono stati assunti, ma senza la partecipazione attiva del Comune – conclude il primo cittadino – A gestire l’accoglienza in questi anni sono state altre compagini, piuttosto in chiaroscuro, da cui poi sono nate le indagini confluite anche nell’inchiesta di Mafia Capitale”.
QUALE FUTURO? – Un aspetto, quello giudiziario, che porta lontano e sul quale torneremo. L’urgenza, per gli abitanti di questo territorio, è anzitutto frenare l’emorragia di posti di lavoro che la vertenza CARA ha aggravato. Come fare?
“Il calatino deve puntare sui due settori per cui il nostro territorio è maggiormente vocato, l’agricoltura da una parte, il turismo dall’altra – dice il sindaco di Caltagirone Ioppolo – Per quanto riguarda l’agricoltura, bisogna mettere in rete i singoli prodotti, molto variegati, che vanno dal ficodindia di San Cono e di Militello al carciofo di Ramacca all’uva di Mazzarrone e Licodia Eubea, dagli agrumeti di Palagonia, Grammichele, Scordia alla cerealicoltura di Caltagirone”.
“Bisogna investire anche sull’artigianato artistico e di qualità, come la nostra ceramica – prosegue Ioppolo – Sul turismo bisogna fare un grosso salto in avanti, specialmente nelle realtà che si sentono maggiormente vocate, come la stessa Caltagirone, offrendo ai visitatori una città meglio organizzata, più pulita, dove gli operatori privati fanno la loro parte”.
A puntare sul turismo è anche l’amministrazione militellese retta da Burtone: “Stiamo organizzando eventi per polarizzare l’attenzione, dalle Feste patronali al Militello Film Festival che ci ha fatto rimbalzare sulla stampa nazionale – spiega il sindaco – Abbiamo risorse culturali importanti, città che sono musei a cielo aperto e ci impongono un lavoro sul turismo, sull’ospitalità, sulla ristorazione. Il tutto in rapporto con il Val di Noto, con cui stiamo lavorando per integrare la rispettiva presenza turistica”.
Ma c’è anche chi scommette su progetti più innovativi, introducendo delle novità rispetto alle prerogative tradizionali del territorio. “Noi stiamo investendo molto sull’agricoltura, ad esempio sulla coltivazione della canapa – dice il sindaco di Grammichele Purpora – Abbiamo stipulato un accordo con l’Università di Catania, credo che l’anno prossimo circa cento ettari del nostro territorio saranno coltivati a canapa. La nostra vocazione resta agricola e artigianale, e su quella puntiamo”.
Progetti avveniristici che dovranno però confrontarsi con un territorio sempre più provato dal dramma della disoccupazione. E dove centocinquanta famiglie attendono di sapere quale sarà il loro destino: “Questo purtroppo è il danno fatto da un certo tipo di politica – conclude amaramente il sindaco di Mineo Mistretta – più attenta alla gestione del fenomeno migratorio che alle conseguenze sull’economia tradizionale”.