"Filippo Mancuso e Don Lollò": tornano in scena insieme Tuccio Musumeci e Pippo Patavina

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CATANIA – Il Teatro Vitaliano Brancati di Catania affida il debutto della sua undicesima Stagione alla prima assoluta dello spettacolo Filippo Mancuso e Don Lollò, una commedia di situazione scritta da Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale per Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina, due mostri sacri del palcoscenico italiano che tanto hanno regalato in arte e maestria al pubblico di mezzo secolo. Prodotta dal Teatro della Città – Centro di Produzione Teatrale, la pièce – che andrà in scena da giovedì 25 ottobre fino a domenica 11 novembre – vede a fianco dei due mattatori, Margherita Mignemi, Riccardo Maria Tarci, Franz Cantalupo, Lorenza Denaro, Luciano Fioretto. Le scene sono dello stesso Dipasquale, i costumi delle Sorelle Rinaldi, le musiche del maestro Matteo Musumeci, le luci di Sergio Noè.

La commedia nasce da una promessa che risale alle prime rappresentazioni di La concessione del telefono di Camilleri, sempre interpretata da Musumeci e Pattavina.

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«La promessa – spiega il regista Dipasquale – nasceva da un imprevedibile accadimento, come avviene spesso, in teatro: l’unica scena de La concessione del telefono, nella quale Pippo (Filippo Mancuso) e Tuccio (Don Lollò) si incontravano come personaggi, aveva preso una evoluzione tutta particolare, al limite della coerenza con la storia del testo. Da regista, avevo provocato tutto ciò chiedendo ai due attori di procedere, secondo la grande tradizione teatrale siciliana, anche per moduli di improvvisazione. Il risultato, in sé, fu strabiliante, con una qualità e potenza comica che non aveva nulla da invidiare alla coppia celebre di Totò e Peppino. Una meraviglia per il godimento del momento, che durava circa 25 minuti, ma uno sbilanciamento per lo spettacolo». E così, per “riportare l’ordine” avvenne la proposta di scambio: se Musumeci e Pattavina avessero riportato la scena entro una durata accettabile, Dipasquale e Camilleri avrebbero scritto una commedia ad hoc partendo dai personaggi di quella scena.  L’impegno è stato mantenuto e ne è nata una storia che, mentre scorre in parallelo la vicenda de La concessione del telefono, opera su un meccanismo drammaturgico a carambola.  Il Cavaliere Filippo Mancuso ha un chiodo fisso: deve fare assumere il figlio Alberto in un’importante banca della Sicilia, per mandarlo via da Vigàta. Purtroppo Alberto è terribilmente stupido e senza una buona raccomandazione non potrà riuscire in nulla. Don Lollò, ovvero Calogero Longhitano, è tormentato da un cruccio: la figliuola Lillina, Calogera anch’ella, è in età da marito ma, pur essendo una fanciulla molto intelligente e perspicace, si trova ad avere un difetto di movimento che la rende, come dire… sciancata. Don Lollò potrebbe maritarla con qualcuno a forza, ma le vuole molto bene e vorrebbe per lei una vita felice…

 

 

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