Intervista a Giuseppe Berretta: "La mia corsa a ostacoli? Riparte da Catania"

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CATANIA – Deputato del Partito Democratico, Sottosegretario al Ministero della Giustizia nel Governo Letta, docente di diritto del lavoro, avvocato cassazionista. C’è un po’ di tutto questo nel libro “La corsa a ostacoli. Cronaca di una legislatura vissuta pericolosamente” scritto dall’onorevole Giuseppe Berretta. Una corsa che non si ferma, dice subito l’ex parlamentare, mentre autografa una copia per la nostra redazione. Anzi, riparte da Catania,  la città di cui è stato consigliere comunale dal 2005 al 2008. E di cui sarebbe stato pronto a candidarsi a sindaco, se cinque anni fa non si fosse deciso diversamente.

Onorevole Berretta, partiamo proprio dal titolo del suo libro. Perché “La corsa a ostacoli”?

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E’ la metafora di cinque anni di esperienza parlamentare molto intensi, dal 2013 al 2018. Iniziati con un risultato elettorale controverso, che aveva dato al PD una maggioranza alla Camera ma non al Senato, e che ha richiesto di trovare delle alleanze che ci permettessero di affrontare i molti problemi dell’Italia. Lo abbiamo fatto, tra luci ed ombre, grazie ai tre Governi che si sono succeduti, sotto la guida di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Che hanno rappresentato una fase particolarmente proficua dal punto di vista delle riforme e del cambiamento di questo Paese.

Qual è stata la battaglia più rappresentativa del suo impegno parlamentare?

La nuova legge in materia di contrasto allo sfruttamento della manodopera e al caporalato, di cui sono stato Relatore alla Camera, è stato un momento particolarmente significativo. La legge 199/2016 segna davvero un’accelerazione nel contrasto a un fenomeno antico ma che si ripresenta sempre in maniera virulenta, specie nel settore dell’agricoltura. Ma anche nell’edilizia, la grande distribuzione, il turismo. Con quella legge abbiamo dato una reazione forte.

E tuttavia il 4 marzo gli elettori hanno deciso di voltare pagina. 

Il risultato elettorale è stato netto e bisogna prenderne atto. Spero che al più presto si faccia un Congresso che sia l’occasione di una riflessione collettiva. Io credo che quest’azione di governo non sia stata adeguata rispetto alle tante emergenze del nostro Paese, specialmente sul Mezzogiorno e sui giovani. Si possono fare tante buone leggi, sulle unione civili, sul caporalato, sulle carceri. Ma se non incidi nella quotidianità delle persone, sul bisogno di stabilità economica e di sicurezza sociale, è chiaro che alla fine si rivolgeranno altrove.

Il tema della sicurezza, insieme a quello dell’immigrazione, è molto cavalcato dalla Lega. 

Con Minniti al Ministero dell’Interno abbiamo ottenuto dei grandissimi risultati. Ma abbiamo scontato un ritardo nell’affrontare questo tema, che ha ingenerato grandi ansie. E lo vediamo: oggi pare che l’agenda politica sia ridotta soltanto all’immigrazione. Il che mi sembra riduttivo, rispetto ai tanti temi che riguardano il Paese.

Dopo il voto del 4 marzo è arrivato quello delle Amministrative di pochi giorni fa, che non è stato migliore per il PD.

E prima ancora, in Sicilia, non erano andate bene le Regionali. Nel 2017 governavamo il Paese, la Regione e anche Catania. Poi abbiamo subito tre battute d’arresto. L’esperienza Crocetta è stata particolarmente negativa, punita con un giudizio netto. Anche alle Amministrative c’è stato un risultato al di sotto delle aspettative.

A Catania il PD ha scelto di non presentare nemmeno il simbolo. 

E’ stata una scelta sintomatica dell’approccio di questi anni. Ci siamo appiattiti sull’azione di governo senza accompagnarla con un’adeguata azione politica. Il Partito Democratico è sparito e i risultati sono stati quelli che conosciamo. Io ripartirei proprio dalla presenza e dal coinvolgimento nel territorio.

Molti hanno contestato il protagonismo di Enzo Bianco.

Guardi, quello che è chiaro è che serve un ricambio generazionale. Questo è insito nella fase politica, che non per nulla ha premiato così largamente il Movimento Cinque Stelle alle Politiche. C’è stato un segnale chiaro e netto, ci vogliono facce e volti nuovi.

Lei riparte dall’impegno extraparlamentare.

Ho ricevuto tanto dal Partito Democratico, ho avuto una grande opportunità e ho dato il massimo di quel che potevo. Voglio proseguire nell’impegno per un centrosinistra rinnovato e capace di tornare protagonista a tutti livelli. In primo luogo, da catanese, nel governo della città.

In passato si era parlato di lei per Palazzo degli Elefanti.

Cinque anni fa avevo dato un disponibilità che poi si è scelto di non prendere in  considerazione. Ma io sono e rimango un uomo di partito, convinto della prevalenza del collettivo sul singolo. Ho ritenuto che fosse giusto, anche in questa fase, sostenere al massimo chi era impegnato in prima persona.

Sperando in futuro di ricevere la stessa lealtà?

Questo me lo auguro proprio. Ma qualunque discorso è prematuro. Per adesso bisogna mettersi all’opera per ricostruire il partito sul territorio, per rimediare alla nostra assenza. Ed io intendo lavorare per questo.

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