Ho sempre avuto grande rispetto e tolleranza nei confronti delle idee e delle opinioni altrui, anche quando non li condividevo.
Rispetto e tolleranza che continuerò ad avere, ma non a discapito della verità che per chi scrive – pensando di essere letto da altri, pochi o molti che siano – è il primo comandamento da rispettare, sempre.
Ho fatto questa premessa perché mi sono rotto i cabbasisi di questa campagna di odio nei confronti dei migranti, soprattutto perché è una campagna basata in gran parte su una serie di luoghi comuni e stereotipi, falsi e fuorvianti.
Infatti è falso sostenere: che ad ogni migrante vengono elargite 35,00 € al giorno quando invece – lo sanno pure le pietre – che in tasca dei migranti vanno solo 2,5 €, gli altri 32,5 € vanno ai centri di accoglienza (dove lavorano italiani) per spese di vitto e alloggio; che i migranti rubano il lavoro agli italiani quando, invece, queste persone spesso fanno mestieri duri e faticosi che noi ci rifiutiamo di fare o lavorano come schiavi nei campi accettando qualsiasi retribuzione; che i migranti ci portano un sacco di malattie quando, invece, le patologie sinora accertate – da medici italiani – sono solo quelle connessi alla malnutrizione e alla dissenteria causata dalla lunga permanenza sui barconi; che l’Italia è invasa dai migranti quando, invece, facendo riferimento ai rifugiati e agli sbarchi è vero esattamente il contrario. Infatti nella graduatoria dei Paesi che ospitano rifugiati l’Italia è la nazione che ne ospita di meno: 2,4% ogni 1000 abitanti contro la Svezia che ne ospita il 23,4, Malta il 18,3, la Norvegia l’11,4, l’Austria il 10,7, la Svizzera il 9,9, la Germania l’8,1, la Francia 4,6. Gli stessi sbarchi sono diminuiti nel 2017 del 72,37% rispetto al 2016 e nei primi 6 mesi del 2018 (-76,8%). Le richieste d’asilo sono calate del 52,00% e gli stessi minori non accompagnati sono scesi dai 25.846 del 2016 ai 2171 registrati nel primo semestre del 2018; che (altro luogo comune) non è vero che i migranti scappano dalle guerre e dalla miseria, come se le guerre che si combattono in Siria, Afghanistan, Sud Sudan, Myanmar, Somalia, Congo, ecc. siano una invenzione dei media; che, infine, altro stereotipo, in Italia arrivano prevalentemente terroristi, quando invece sappiamo tutti che un terrorista la cui “missione” è quella di andare ad uccidere altre persone non rischia certo la propria vita viaggiando su un barcone senza prima aver portato a termine la sua missione di morte.
Capisco l’esasperazione che provano tanti italiani nei confronti dei lavavetri che li infastidiscono ai semafori, delle prostitute che sostano sul ciglio delle strade, da comportamenti non confacenti al nostro modo di vivere. Capisco anche la rabbia per il lassismo e l’indifferenza di altri Paesi europei, ma questo non può farci smarrire quel senso di umanità di cui gli italiani hanno sempre dato prova; nè tantomeno può giustificare una campagna di odio nei confronti di persone che scappano da guerre, persecuzioni, povertà.
Una fuga biblica che nel 2017 ha coinvolto nel mondo 68,5 milioni di persone: 44 mila persone al giorno lasciano le loro case e i loro affetti per cercare altrove una vita migliore.
La storia, non possiamo dimenticarlo, ci racconta che l’essere umano è stato per millenni in continuo movimento nei territori alla ricerca di benessere materiale e spirituale. E l’talia – questa odissea con il suo carico di dolore e di tragedie – la conosce bene, per il semplice fatto che milioni di nostri connazionali sono stati protagonisti di grandi ondate migratorie dirette verso le Americhe, l’Australia e tanti paesi europei. E non è affatto vero – come sostiene qualcuno – che gli italiani che emigravano avevano tutti un contratto di lavoro in tasca o una casa degna di questo nome dove andare ad abitare.
Chi ha operato nell’emigrazione – come il sottoscritto – sa bene che nelle missioni che si facevano all’estero sino alla fine degli anni settanta del secolo scorso non era difficile incontrare in Germania, in Francia e in Belgio centinaia di siciliani sconosciuti alle autorità locali, ospitati di nascosto da parenti e amici nelle baracche o nelle case dormitorio dei quartieri degradati.
Poiché i numeri aggiornati quotidianamente dal Ministero degli Interni – quello guidato dall’onorevole Salvini – rappresentano una realtà che non si sposa con gli allarmi sulla “invasione” dico, sommessamente a chi pensa che per difendersi occorra offendere: difendiamoci cambiando gli accordi esistenti. Ricontrattiamo (se necessario ai fini di una corretta integrazione) le quote dei migranti da ospitare, ma… restiamo umani, anche per restituire il sorriso a donne e bambini, la cui unica colpa è quella di essere nati in Paesi saccheggiati e dilaniati da guerre intestine.