La storia del Feudo Verbumcaudo, bene mafioso divenuto patrimonio della collettività

- Pubblicità -

Era considerato il “papa” di cosa nostra: Michele Greco, boss la cui fama purtroppo è balzata agli onori della cronaca, possedeva un patrimonio assai ricco che, grazie al giudice Giovanni Falcone, è stato confiscato. Case, terreni, conti bancari: non mancava nulla. Oggi parte di quei possedimenti è diventata un’occasione di lavoro e sviluppo. In particolare il Feudo Verbumcaudo a Polizzi Generosa che, grazie all’intraprendenza di alcuni imprenditori, è divenuto eccellenza.

Ma l’iter per arrivare a ciò non è stato certo semplice: a raccontarci questi lunghi, difficili ma anche entusiasmanti anni, è la vicepresidente del consorzio Madonita per la Legalità e lo Sviluppo Rosa La Plena. 

- Pubblicità -

“L’intero possedimento si estende per circa 150 ettari: oltre ai terreni ci sono diversi laghetti artificiali, case rurali, fabbricati e terre di uliveti e frutteti. Il patrimonio fu confiscato al boss Michele Greco, detto il Papa, nel 1987. Il solo feudo aveva un valore di 2,5 miliardi di lire. L’assegnazione del bene è arrivata dopo un’istanza presentata nel novembre del 2006, quando il primo cittadino del comune di Polizzi, Glorioso, accettò a patto che venisse destinato per attività sociali”.

Non è però semplice arrivare all’assegnazione perché si è anche rischiato che il bene tornasse in mano alla criminalità poiché l’edificio stava per essere rimesso all’asta. Pericolo  che si è scongiurato ma che apre un’altra riflessione, ossia la lentezza e, forse, la cattiva gestione dei beni sottratti alla mafia. 

“Ritengo sinceramente – aggiunge la vicepresidente la Plena – che le istituzioni ancora non hanno capito il reale valore economico e sociale di cui sono portatori i beni confiscati produttivi e posso dire che occorre sicuramente una governance nazionale che faccia ripartire i territori e va potenziata l’agenzia nazionale con le filiali nei territori più interessati dal fenomeno mafioso. E’ stata una scelta sciagurata chiudere la sede di Palermo, sapendo che la Sicilia da sola ha il 47% dei beni confiscati sul territorio nazionale. Confcooperative sta ragionando su come farsi carico di promuovere un percorso nuovo con le istituzioni preposte, Ministero dell’interno, Agenzia beni confiscati e con le altre centrali cooperative. Per questo mi preme fare una breve analisi della situazione attuale. A distanza di otto anni dalla costituzione dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, ad oggi, la suddetta Agenzia, come si evince da moltecipli e autorevoli studi ( Fondazione per il Sud, Fondazioni ACRI, Nomisma, Libera…), non ha prodotto i risultati attesi né nello snellimento delle procedure né nella gestione e riutilizzo dei beni immobili -aziendali confiscati produttivi. I dati ufficiali forniti dal ministero di Grazia e Giustizia e dall’ANBSC evidenziano come le criticità non solo non sono diminuite ma è aumentata la mancanza di informazioni sui beni ad oggi utilizzati sia a fini istituzionali che sociali. Sulla base dei dati disponibili e dopo un’attenta analisi di vent’anni di applicazione della legge Rognoni – La Torre e in particolare della 109/96 in materia di gestione dei beni confiscati e sequestrati, si registra una crescente inefficacia da parte delle strutture preposte dallo Stato”.

Cosa può fare il mondo della cooperazione?

“Ritengo utile far conoscere l’esperienza dell’area beni confiscati Confcooperative Sicilia perchè penso che la cooperazione deve avere un ruolo trainante per lo sviluppo sociale ed economico di questi beni sottratti alla mafia. Da circa un anno, all’interno di Confcooperative Sicilia, un gruppo di lavoro ha dato vita ad un’area dedicata all’utilizzo dei beni confiscati produttivi (Immobili\aziendali) per creare nuovi posti di lavoro attraverso lo sviluppo delle cooperative esistenti che già gestiscono queste tipologie di beni e la nascita di nuove realtà. Si è proceduto anche ad avviare azioni di governance con le istituzioni locali, in primis i Consorzi dei comuni, per favorire la nascita di nuove cooperative. Queste azioni hanno portato alla stipula di diversi protocolli d’intesa, ad esempio con il Consorzio Agrigentino della Legalità e lo Sviluppo dove all’interno già opera una cooperativa aderente a Confocooperative, e come già detto, è già in fase di attuazione la formazione degli aspiranti soci della costituenda cooperativa per la gestione del feudo Verbumcaudo. Dall’analisi di questi dati e da queste esperienze avviate si evince quanto sia importante una corretta gestione e una visione strategica dei beni confiscati che comprenda anche l’ipotesi di una futura destinazione dei beni e delle aziende dopo la confisca definitiva. E’ necessario allora che già nella fase di gestione ci sia una governance in cui le centrali cooperative intervengano in sinergia con i soggetti pubblici per valorizzare questi beni, creare posti di lavoro per non mostrare al territorio l’impotenza dello Stato. La sfida è quella di generare un impatto positivo sul sistema economico e sociale di dove è inserito il bene ed innescare virtuosi percorsi di cambiamento e soprattutto nel processo di destinazione delle aziende confiscate bisogna stare attenti ai vincoli dell’economia e alla persone che a vario titolo partecipano all’attività imprenditoriale. Il ruolo del mondo della cooperazione è quindi quello di accettare questa nuova sfida e di coordinarsi con l’intervento dello Stato per far nascere nuova cooperazione in un contesto difficile ma a fortissimo valore aggiunto sociale e politico come quello dei beni immobili e delle aziende confiscate alle mafie”.

Quali strumenti possono essere utilizzati?

“Molti sono gli strumenti utilizzabili. Sul piano nazionale, sicuramente è utile partire dal protocollo firmato il 14 novembre 2013 da Alleanza delle Cooperative Italiane e il Ministero dell’Interno per il contrasto alle infiltrazioni criminali e rafforzamento della partecipazione delle cooperative alla gestione di imprese e beni confiscati. Strumento, purtroppo, ad oggi rimasto quasi inutilizzato nonostante gli obiettivi del protocollo individuati, se applicati, possono dare una svolta nella gestione dei beni confiscati. Promuovere la cooperazione in questo settore contribuirà ad allargare gli spazi di giustizia sociale  e nel contempo contrastare i comportamenti anomali  nel mercato affermando  il rispetto delle regole e garantendo un effettiva competizione in grado di offrire pari opportunità a tutti i soggetti economici presenti nel mercato di riferimento. Questo processo, se la cooperazione l’affronta in chiave di filiera, alla fine vedrà uscire rafforzata  la propria rete tradizionale nel mercato. Sicuramente Confcoperative saprà far  diventare questo progetto  patrimonio dell’intera organizzazione  e saprà far cogliere le opportunità di crescita economica e sociale che  beni immobili e le aziende  confiscate offrono, con particolare riferimento alle aree che evidenziano un alto tasso di illegalità, e di conseguenza con grandi difficoltà a sostenere e creare occupazione”.

Ritornando al feudo, in che fase siamo?

“Dopo un difficile e lungo iter burocratico, seguito da una delicata fase di studio e approfondimenti, all’inizio di agosto 2017 è avvenuta la pubblicazione del bando con evidenza pubblica rivolto a 21 giovani svantaggiati, disoccupati o inoccupati, di diversi profili professionali da selezionare per la costituzione di una cooperativa sociale, per la gestione e la valorizzazione del Feudo. Dunque da luogo di mafia a opportunità concreta di sviluppo nella legalità per il territorio della Madonie. Nonostante le molte difficoltà per mancanza di mezzi e fondi per la diffusione del bando, hanno risposto 152 giovani del territorio. Oggi siamo alla fine dell’iter e fra poche settimane i giovani selezionati saranno parteciperanno alla formazione che verrà fatta dal centro studi CRESM di Ghibellina che li seguirà fino alla costituzione della nuova cooperativa. Speriamo che per la nuova annata agraria i giovani avranno costituito questa cooperativa e possano essere loro a gestire il feudo Verbumcaudo. Il progetto prevede, inoltre, la nascita della fattoria didattica rivolta alle scuole di tutta Italia. A regime il progetto porterà occupazione per almeno un centinaio di persone tra lavoratori diretti e indotto”.

 

- Pubblicità -