Il vicepremier Salvini a Catania: “Ora espulsioni e controllo dei confini. Pogliese? Spero passi al primo turno”

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CATANIA – È il giorno dei vicepremier, dei deus ex machina del governo giallo-verde finiti a fare i ministri per il veto reciproco a fare il Presidente del Consiglio. Non che siano rimasti a bocca asciutta, per carità: il capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio si consola con il super ministero che unisce Lavoro, Sviluppo e Politiche Sociali. Mentre il leader del Carroccio in versione nazionale corona il vecchio sogno – oggi più che altro lo sfizio – di fare il Ministro degli Interni. Proprio lui esordisce in questa giornata di vetrina catanese. E mentre lancia la candidatura a sindaco di Salvo Pogliese – “Spero che Salvo vinca il 10 giugno, così il 24 i catanesi potranno andare serenamente al mare” – ne approfitta per tracciare le linee guida dell’impegno ministeriale.

Una contestazione con alcune decine di bandiere con la trinacria volta a ricordare i trascorsi secessionisti ed antimeridionisti della Lega non sortisce alcun effetto sulla folla che aspetta trepidante il Ministro dell’Interno. Nella sala dell’hotel Mercure strapiena di cronisti e dei sostenitori che sono riusciti a passare il blocco di Polizia e Finanza, Salvini parla dell’Italia che verrà e che sarà con qualche centinaio di migliaia di “immigrati irregolari clandestini” in meno. Il candidato sindaco Pogliese e il commissario del Lega in Sicilia senatore Candiani – nominato dopo l’inchiesta sul voto di scambio che ha sfiorato i “big” Attaguile e Pagano – annuiscono con convinzione. “Al ritmo di settemila espulsioni all’anno ci sbrigheremo tra ottant’anni, io vorrei fare qualcosa di più”, sta dicendo il Ministro dell’Interno, che però concede il fairplay istituzionale al predecessore Minniti ammettendo che “alcune cose buone sono state fatte, non ho certo intenzione di smantellare nulla ma c’è bisogno di accelerare”.

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Per farlo, assicura Salvini, occorreranno i centri di espulsione sui territori. “Vedo il mio ruolo di Ministro come un mettermi a disposizione, ho la possibilità di fare delle cose per gli lo Stato, che è fatto di sessanta milioni di italiani”, prosegue. L’obbiettivo, confortato dalla presenza della Lega in molti ministeri chiave, il rilancio della qualità della vita dei cittadini “in Italia e in particolare in Sicilia”. “Quando partimmo con Noi con Salvini al Sud tutti pensavano che volessimo soltanto prendere in po’ di voti in più. Non mi conoscevano, quando mi metto una cosa in testa devo realizzarla. Pensavo e penso tutt’ora che l’Italia può vincere soltanto tutta unita, dalle Alpi alla Sicilia”.

Ma il tempo “ammogghia”, come di dice a Bergamo. Fuori dal Mercure, dove qualche centinaio di sostenitori lo aspettano sotto il sole di giugno, Salvini ha il suo personale predellino salendo su una balaustra di pietra e rivolgendosi per qualche istante direttamente agli elettori. “Sono felice di aver scelto Catania per la mia prima domenica da ministro – dice innamorando seduta stante anche i dubbiosi – senza bacchette magiche inizieremo a lavorare per i motivi per cui ci avete scelto: lavoro, meno tasse, via la Legge Fornero, difesa dell’agricoltura, della pesca e dei confini. Domenica prossima avete un sindaco in gamba da eleggere, barrando il simbolo della Lega”.

Baci, abbracci, immancabili selfie. La giornata siciliana del vicepremier prosegue a Pozzallo e a Modica. Più tardi, a piazza Dante, sarà il turno di Luigi Di Maio. E sarà gara a chi infiammerà di più la piazza catanese, tra questi strani alleati-avversari che rinvendicano di aver aperto le porte della Terza Repubblica.

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