In Italia lavorare per il settore pubblico resta un’avventura: è difficile, infatti, riuscire a farsi pagare regolarmente con temp di attesa lunghissimi che mettono in crisi svariate aziende. Nel 2017 qualcosa è cambiata ma molto ancora deve essere fatto, così come evidenziato da un’analisi condotta da Banca Ifis, basata su dati Istat, Banca d’Italia e ministero dell’Economia.
Il primo elemento della ricerca di Banca Ifis da mettere in rilievo riguarda l’ammontare dei debiti: tra quelli in ritardo e quelli scaduti, lo Stato deve alle imprese 31 miliardi di euro (dato 2017). Il totale però è diverso: in tutto lo stato ha un debito di 58 miliardi di euro e dunque significa che attualmente più della metà dei debiti vantati dalla imprese rispetto allo Stato, sono già ampiamente scaduti, in barba alle regole europee che imporrebbero tempi di rientro tra i 30 e i 60 giorni.
L’analisi di Banca Ifis fissa tra i 27 e i 59 giorni il ritardo medio con cui la Pubblica amministrazione effettua i propri pagamenti, sebbene si riscontrino situazioni gravi in Comuni e Province con picchi rispettivamente oltre i 300 e i 540 giorni.
Lo studio della Banca rileva come il 62% degli enti pubblici abbia pagato in ritardo nel 2017 rispetto ai già citati vincoli di 30/60 giorni imposti dalla legge. Si tratta di un dato in calo di 8 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Migliorano Asl, Comuni e Province, fra i quali però, come detto, si registrano situazioni di grave ritardo. I ministeri purtroppo risultano invece in netta controtendenza: nel 2017 infatti, ben il 93% ha pagato in ritardo contro l’86% del 2016.
Infine, c’è un ulteriore dato significativo, che contribuisce tra l’altro a certificare una sorta di discriminazione tra le imprese che lavorano per il settore pubblico e quelle che invece fanno affari nel privato, ossia generalmente con altre aziende.
La ricerca di Banca Ifis dimostra infatti che le imprese fornitrici della Pubblica amministrazione incassano mediamente 30 giorni più tardi rispetto a quelle dello stesso settore che però appunto lavorano con il comparto privato. Un gap inaccettabile, che in futuro bisognerà cercare in tutti i modi di colmare.