SICILIA – La Sicilia, sopratutto negli ultimi venti anni, è una delle regioni europee a essere stata particolarmente attenzionata dall’Unione Europea per quanto riguarda gli aiuti al fine di recuperare il ritardo di sviluppo. Dopo circa vent’anni di stanziamenti, però, anzicchè utilizzare le risorse per le infrastrutture e il rilancio del territorio (come se le nostre strade e gli impianti non ne avessero bisogno) abbiamo assistito a un drammatico immobilismo da parte di una classe politica che è stata capace di utilizzare il plafond solo per scopi non attinenti alle misure di riferimento. Come il caso dei corsi di formazione che si sono rivelati un disastro: perché a nulla sono serviti per l’abbattimento della disoccupazione. Infatti il tribunale europeo ha appena condannato la Regione Siciliana alla restituzione di 380 milioni di euro con la motivazione che nella programmazione 2000-2006 i soldi sono stati sprecati per spese relative al personale, per l’errata ripartizione dei costi indiretti e delle spese parzialmente attribuibili ai progetti; per i consulenti esterni privi delle qualifiche richieste; per i giustificativi di spesa non attinenti ai progetti, per le spese contabilizzate in modo inappropriato; inoltre tra le motivazioni della condanna è inclusa la violazione delle procedure di appalto e di quelle per la selezione di docenti, esperti e fornitori.
Nel contempo, i cittadini siciliani, a causa della malapolitica, stanno pagando milioni di euro di multe perchè i nostri governanti siciliani sono stati capaci di utilizzare solo il 33% dei 900 milioni di euro circa stanziati dall’Europa per la realizzazione dei depuratori fognari che scaricano in mare in ottemperanza alla direttiva 91/271/Cee, a fronte di circa 900 km di coste morfologicamente balneabili (escluse le isole minori).
Nonostante gli scandali, la situazione non è ancora cambiata in meglio. Fino al 2020 avremmo tempo di spendere 4.5 miliardi di euro inseriti nel programma Po-Fesr 2014/2020. Ma a tutt’oggi, di tale fondo, è stato utilizzato solo lo 0,5%.
La Regione siciliana, come dichiarato dal suo attuale Presidente Nello Musumeci, sarà pure senza liquidità ma con un pò di volontà e di capacità, con tutti i soldi messi a disposizione dall’UE, potrebbe iniziare a seminare per poi, tra qualche anno, raccoglierne i frutti.
Un paradosso, un autolesionismo visto che i siciliani si trovano in una condizione di grandissima difficoltà: 8 miliardi di euro di debito, infrastrutture da terzo mondo, imprese in difficoltà, criminalità in aumento, povertà, autostrade che sembrano trazzere, emergenza rifiuti, la peggiore raccolta differenziata in Italia, ambiente trascurato, buco nero delle partecipate, costi e gestione fuori controllo nella sanità, patrimonio artistico e archeologico a rischio chiusura.
Come se non bastasse nell’impasse continua a esserci la questione occupazionale. Mentre i sindacati si apprestano a festeggiare l’imminente 1 maggio, l’ Eurostat ha pubblicato i dati sull’occupazione: la nostra isola con il 21.5% ha fatto registrare nel 2017 un tasso di disoccupazione di almeno il doppio della media Ue (7,6%), mentre la disoccupazione giovanile è salita al 52.9%.
Di fronte a questi dati qualche politico, anzichè recitare il mea culpa, ha avuto anche la sfrontatezza di contestare i giovani (e non solo) che lasciano la Sicilia per poter realizzare i naturali e legittimi sogni di vita fin qui negati. Forse perchè “Il sazio non crede al Digiuno”?